Sezioni
04/08/2025 ore 19.34
Ambiente

Ponte sullo Stretto, nuovo reclamo all’UE delle associazioni ambientaliste: «Violati i vincoli, procedura di infrazione inevitabile»

Le associazioni contestano il secondo parere VIA VAS e denunciano l’assenza di condizioni per la deroga: impatti ambientali certi, compensazioni inadeguate e analisi alternative mai svolte
di Redazione

L’impatto ambientale del Ponte sullo Stretto di Messina è certo, documentato e ammesso dagli stessi proponenti. Dopo anni di negazioni, è stata avviata una procedura speciale che permetterebbe comunque la realizzazione dell’opera, a patto che vengano rispettate tre condizioni previste dalle norme comunitarie. Ma secondo Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF tali condizioni non sono state soddisfatte, ed è per questo che le quattro associazioni hanno presentato oggi, 4 agosto, un nuovo reclamo all’Unione Europea, ad integrazione di quello già inoltrato il 27 marzo.

Il reclamo riguarda il secondo parere della Commissione VIA VAS (n. 72/2025) che ha chiuso la procedura di “livello III della VINCA”, obbligatoria proprio a seguito del primo parere (n. 19/2024), in cui l’autorizzazione ambientale era stata condizionata a ben 62 prescrizioni (ancora in larga parte inevase), tra cui l’attivazione della procedura in deroga.

Questa procedura, infatti, si avvia solo in caso di impatti ambientali acclarati e non mitigabili, relativi a siti protetti dalla Rete Natura 2000. Lo Stretto di Messina rientra in questa rete, sia dal lato siciliano che calabrese, oltre che per il tratto di mare che li separa.

Le norme europee impongono, in presenza di tali impatti, che si dimostri:

  1. l’assenza di alternative progettuali;
  2. la presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico;
  3. l’attuazione di misure compensative ambientali efficaci.

Le associazioni affermano che nessuna di queste condizioni è stata realmente rispettata. Le modalità con cui il Governo ha tentato di dimostrarle sono giudicate strumentali e mirate a eludere un passaggio fondamentale: il parere della Commissione Europea.

Tra i motivi addotti dal Governo, accanto a valutazioni economiche opinabili, sono stati inseriti anche argomenti di sicurezza militare, sanitaria e di protezione civile, così da esonerare l’Italia dal parere comunitario. Ma secondo Greenpeace & co. tali motivazioni risultano infondate o paradossali.

Ad esempio, l’argomentazione militare è giudicata contraddittoria: se il Ponte fosse davvero strategico, sarebbe anche un obiettivo militare vulnerabile. Le motivazioni sanitarie, poi, vengono definite inverosimili, poiché il collegamento fisico non risolve i problemi strutturali dei servizi sanitari di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria. Anche le motivazioni legate alla protezione civile ignorano i rischi sismici e il collasso della mobilità in caso di emergenze reali.

La Commissione VIA VAS non è entrata nel merito dei motivi di interesse pubblico, ritenendoli di competenza governativa. Ma l’Unione Europea, secondo le associazioni, non potrà adottare lo stesso approccio formale, senza eludere i trattati e le direttive comunitarie.

Non solo. La Commissione ha ratificato senza verificare l’analisi delle alternative progettuali, affidandosi interamente ai proponenti e al Governo. La scelta del progetto a campata unica è stata imposta da una legge del 2023 approvata con voto di fiducia, e il Gruppo di lavoro del Governo Draghi, che nel 2021 giunse a conclusioni opposte, non è mai stato smentito né preso in considerazione.

Le misure compensative proposte sono inoltre definite gravemente insufficienti: mancano analisi naturalistiche aggiornate, i dati sull’avifauna sono obsoleti (risalenti al 2011) e la perdita di habitat non è stata valutata in modo completo, ignorando gli effetti cumulativi con altre opere e infrastrutture. Anche l’ISPRA ha dichiarato che per alcuni taxa a rischio estinzione l’impatto del Ponte «non è mitigabile né compensabile», ma queste valutazioni non sono state recepite.

Alla luce di tutto ciò, Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF ritengono che l’Italia stia violando le Direttive europee 92/43/CEE “Habitat” e 2009/147/CE “Uccelli”. Da qui la decisione di integrare il reclamo del 27 marzo e chiedere ufficialmente l’apertura di una procedura di infrazione.