Reggio, Aspromonte da vivere: la Sovrintendenza tutela i 140 chilometri del "Sentiero del Brigante" - VIDEO
«Il Ministero, per la prima volta, è intervenuto con un procedimento di tutela al fine di conservare e mantenere la riconoscibilità di un sentiero nell’ottica di poter avviare un percorso di tutela e valorizzazione anche di tutto il contesto paesaggistico nel suo complesso. Un primato che riguarda anche l’estensione territoriale del bene vincolato pari a 140 km. Un perimetro ampio che intercetta 5 centri storici e 31 comuni».
È Rita Cicero, funzionaria della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia a illustrare le peculiarità del “Sentiero del Brigante”. Esso si estende sul suggestivo crinale tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il Parco Naturale Regionale delle Serre, dunque tra il reggino e il vibonese.
Un percorso, già unico sentiero tematico parte integrante del Piano del Parco nazionale dell’Aspromonte, inserito nel 2017 nell’Atlante Digitale dei Cammini d’Italia curato dal Mibact, adesso anche vincolato ai fine della tutela e della valorizzazione dalla Soprintendenza.
Un traguardo importante che segna nuove prospettive virtuose e sinergiche al centro dell’odierna conferenza svoltasi al Museo nazionale Archeologico di Reggio Calabria.
«Il Sentiero del Brigante costituisce un bene da valorizzare rispetto al quale il percorso di tutela abbraccia tutto il contesto paesaggistico, con tutti i suoi peculiari aspetti naturalistici, storici, culturali, architettonici e archeologici. Attenzione è stata riservata anche a tutto il sistema della viabilità minore, spesso abbandonata. Seppure si inquadri come tematica generale di valorizzazione, esso è stato anche trattato nell’ambito delle strategie regionali, metropolitane e anche a livello internazionale». Così ha proseguito Rita Cicero, funzionaria della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia.
Un “cammino” virtuoso e sinergico di riscoperta e valorizzazione iniziato trentacinque anni fa su impulso del gruppo Escursionisti d’Aspromonte Gea, di cui anima fervente è stata lo storico presidente Sandro Casile, scomparso lo scorso luglio. Alla sua memoria la giornata di oggi è stata dedicata. Contributo decisivo è stato dato anche dal Fai, Fondo Ambiente Italiano.
Il ricordo di Sandro Casile
«Desideriamo dedicare questa giornata a Sandro Casile, storico presidente del Gea. Già nella metà degli anni Ottanta, mentre l’opinione pubblica guardava a queste montagne con paura e diffidenza per via dei sequestri di persona e quando di escursionismo neppure si parlava, lui aveva già intuito la bellezza e l’importanza di questo sentiero. Quel riscatto necessario è stato conseguito grazie all’azione determinata della Soprintendenza. L’iter per un vincolo di questo tipo è complesso. Oggi possiamo con soddisfazione affermare che la nostra bellissima montagna non solo è stata riscattata ma sarà protetta e valorizzata». Così Rocco Gangemi delegato Ambiente FAI Calabria.
«Unendomi ai ringraziamenti per il grande lavoro svolto in modo congiunto anche dal Gea, mi permetto di sottolineare l’importanza di questo obiettivo che realizza una visione anticipata oltre trent’anni fa dai fondatori del Gea e da Sandro Casile, per noi tutti un maestro. È stato lui a insegnarci cosa vuol dire amare la montagna, trasmettendoci l’arte di collegare i territori tramite il cammino, come facevano i nostri antenati. Speriamo di proseguire nel solco dei suoi insegnamenti». È quanto ha sottolineato Alessandro Alati, presidente Gea (Gruppo Escursionisti d’Aspromonte).
Sinergie virtuose
«Il vincolo imposto al “Sentiero del Brigante” costituisce un esempio virtuoso di una sinergia fra istituzioni e associazionismo. Così un’idea partita dal basso ha potuto conseguire un risultato di più ampio respiro. Con l’imposizione del vincolo il Sentiero sale alla ribalta non soltanto nazionale ma anche internazionale, favorendo una fruizione condivisa e una conoscenza approfondita del territorio. Tutto attraverso il cammino». Così Dina Porpiglia, capo delegazione Fai Reggio Calabria.
«Siamo stati molto orgogliosi di ospitare questa conferenza. Da sovrintendente avevo dato mandato ai miei funzionari, Rita Cicero e tutti coloro che hanno collaborato, che ringrazio pubblicamente per il lavoro svolto con grande impegno. Un lavoro che finalmente ha portato al decreto contenente il vincolo. La parola vincolo sembra dura e forse la definizione di dichiarazione di interesse pubblico rende meglio la sua finalità di tutela e valorizzazione di paesaggi, siti archeologici e centri storici attraversati dal sentiero.
Un risultato frutto della sinergia con le associazioni Fai e Gea con il suo compianto presidente Casile che ci ha fornito dati preziosissimi per portare avanti l’iter. Quella odierna è anche un’occasione per sottolineare la collaborazione sempre più attiva e stretta tra Museo e Soprintendenza». Così Fabrizio Sudano, già Soprintendente Reggio Calabria e Vibo Valentia, oggi direttore Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Il sentiero del Brigante
Identità, biodiversità, panorami mozzafiato, bellezza inesplorata e riscattata, fitto intreccio di storie e leggende e scrigno incontaminato di una natura tanto straordinaria quanto troppo a lungo ostaggio di atavici pregiudizi. Tutto questo e molto altro è il Sentiero del Brigante, percorribile a piedi, in mountain bike o a cavallo. Si estende lungo circa 140 km, sul suggestivo crinale tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il Parco Naturale Regionale delle Serre. Dunque tra il reggino e il vibonese.
Restando custode fedele dello spirito dei ribelli e dei fuggitivi che lo hanno attraversato nel corso delle epoche, il sentiero del Brigante è ormai viatico di riscoperta della montagna dell’Aspromonte. Bellissima, essa è stata troppo a lungo e ingiustamente ritenuta ostile e impenetrabile, solo luogo per sequestratori e criminali.
Protagonista di questo riscatto ormai compiuto è stato il Gruppo Escursionisti d’Aspromonte Gea. Esso è nato nel 1985 con la missione di contrastare la mistificazione e la narrazione dell’Aspromonte come culla del demone, impraticabile e desolata e destrutturare il pregiudizio. Il Gea iniziò allora la sua occupazione pacifica dell’Aspromonte, nel rispetto della legalità. L’obiettivo prefissato e poi raggiunto di rimuovere un pregiudizio che marchiava come criminali un’intera montagna e un intero popolo.
La storia di una visione che continua
«È un sentiero storico. Alla fine degli anni Ottanta i soci del Gea si impegnarono a tracciarlo e a renderlo percorribile. Recuperarono il piano di calpestio, individuando e valorizzando le risorse materiali e immateriali e il patrimonio dei territori attraversati. Un percorso coronatosi nel primo trekking svoltosi dal 2 al 7 luglio del 1991, dalla grande eco mediatica.
Cinquanta escursionisti, a piedi e a cavallo, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno percorso il sentiero da Stilo a Gambarie. Tra essi il Senatore Sisinio Zito, padre del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Un’esperienza pionieristica dopo la quale si susseguirono i riconoscimenti e iniziò la storia dei cammini calabresi. Un’attività visionaria che ancora oggi continua». Così ha raccontato Alessandro Alati, presidente Gea (Gruppo Escursionisti d’Aspromonte).
«L’ultima frontiera dell’escursionismo continentale, crocevia di popoli, baricentro del Mediterraneo. Collega e mette in relazione, restituendo continuità e armonia al paesaggio rurale e montano.
Un suggestivo viaggio a piedi, dall’Aspromonte alle Serre, attraverso aree di grande interesse naturalistico, foreste rigogliose, torrenti impetuosi, placidi ruscelli, cascate, paesaggi alpestri e mediterranei. Anche insediamenti rurali, dimore nobiliari, centri abitati, emergenze architettoniche, siti di archeologia industriale, testimonianza di una storia importante, misconosciuta, controversa, ancora da scrivere». Così l’associazione descrive la bellezza del sentiero.
Il percorso e le tappe
Da Gambarie, in Aspromonte, arriva fino a Serra San Bruno o Stilo. Infatti alla fine si biforca al complesso edilizio della Ferdinandea, dimora di caccia di Ferdinando II di Borbone e residenza delle alte maestranze delle Reali Ferriere.
Il “Sentiero del Brigante” si articola in sette tappe: da Gambarie ai Piani di Carmelia, dai Piani di Carmelia a Zervò, da Zervo’ al Passo del Mercante, da Passo del Mercante al Passo della Limina, dal Passo della Limina a Croce Ferrata, da Croce Ferrata a Mongiana.
«Questi i toponimi e le località attraverso i quali si sviluppa il sentiero. Gambarie, Terreni Rossi, Piani Quarti, Passo delle Due Fiumare, Piano Melia, Piani di Carmelia, Portella Mastrangelo, Passo della Cerasara, Croce Toppa, Zervò, Piano Zillastro, Piano Stoccato, Vallone dell’Uomo Morto, Bosco di Trepitò, Villaggio Moleti, Passo Cancelo.
E ancora Laghetto Zomaro, Passo del Mercante, Casello Barca, Piano Mortelle, Piano della Limina, Monte Cresta, Laghetto Marzanello, Vardaro, Croce Ferrata, Faggio dell’Orologio, Fabrizia, Mongiana, Passo di Pietra Spada, Ferdinandea, Marmarico, Bivongi, Pazzano, Stilo. In direzione Serra San Bruno: Ferdinandea, Monte Pietra del Caricatore, Serra San Bruno». Così si legge ancora sul sito dedicato al Sentiero, curato dall’associazione Gea.
La biodiversità floristica e faunistica
«Sono le specie arboree, che mutano e si alternano secondo l’altitudine e l’esposizione, a determinare, tappa dopo tappa, la fisionomia del paesaggio attraversato dal sentiero. Tra esse il faggio, l’abete e il pino sono presenti lungo tutta la dorsale, a volte radunati in boschi misti. L’acero, con il carpino nero e il leccio, primeggia nei valloni più ombreggiati. Il farnetto, il carpino bianco, il corbezzolo, assieme all’erica arborea e a numerose altre endemie, tipiche della macchia mediterranea, adornano il sentiero tra la Ferdinandea e la vallata dello Stilaro.
La biodiversità floristica favorisce un’altrettanta ricca presenza faunistica . Il lupo, il gatto selvatico, il ghiro, il driomio, lo scoiattolo nero, la volpe, la faina, la martora, il tasso, la lepre e il capriolo, tra l’Aspromonte e le Serre hanno trovato l’habitat ideale. Così come la vipera, la testuggine, la salamandra pezzata, l’ululone dal ventre giallo.
In primavera le assolate radure si svelano con i colori della felce aquilina e della ginestra, e i numerosi corsi d’acqua offrono incantevoli giochi d’acqua e spettacolari cascate. I caratteristici laghetti artificiali a Rumia, Zomaro, Mammola e Mongiana sono autentiche gemme che impreziosiscono il paesaggio». Così si legge ancora sul sito dedicato al Sentiero, curato dall’associazione Gea.
Storie e leggende
«La denominazione del sentiero, voluta dal Gea, è chiaramente evocativa. Lungo il Cammino si susseguono designazioni toponomastiche che richiamano storie di ribelli e briganti. Anche i racconti, le leggende e i documenti d’archivio tramandano gesta di briganti, personaggi controversi, talvolta temuti, altre volte protetti, considerati eroi, giustizieri, raramente criminali. A partire dal ribelle Spartaco che, con il suo esercito di schiavi, risaliva la penisola alla volta di Roma prima di essere fermato e sconfitto, alla Dorsale Tabulare, dal Console Marco Licinio Crasso. Anche altri fuorilegge, più o meno noti, definiti briganti, hanno trovato rifugio, appoggi e vie di fuga tra l’Aspromonte e le Serre.
Il più celebre è il leggendario Nino Martino. Con la sua banda soggiornò a lungo in Aspromonte durante la seconda metà del secolo XVI. Soprannominato “Cacciadiavoli”, vendicatore spietato di torti, terrore della “infanteria y cavalleria” spagnole, fu violento e feroce, anche se generoso con i deboli secondo la leggenda. C’è poi la banda Mittica di Platì
che aiutò il generale Borjès nel suo tentativo di ripristinare il Regno Borbonico. Dopo il fallito attacco a Platì, lo abbandonò al suo destino prima di rifugiarsi tra le foreste dello Zomaro. Il sanguinario Bizzarro, accompagnato sempre da feroci cani, per non essere scoperto dagli inseguitori uccise atrocemente il figlio neonato, concepito dalla compagna che lo seguiva nelle avventure. Il brigante Sonnino, vendicatore di torti subiti, usava risalire fino ai boschi delle Serre durante le fughe. Giuseppe Musolino, conosciuto come il “U’ re i l’Asprumunti”, è stato l’ultimo dei briganti» Così riferisce il Gruppo escursionistico d’Aspromonte.