Sezioni
18/04/2020 ore 20.00
Archivio

Il dramma silenzioso di Giovanni: tenta il suicidio in cella per la seconda volta

L'uomo, detenuto nel carcere di San Pietro a Reggio Calabria, ottiene i domiciliari dopo una lunga battaglia e grazie anche alla sensibilità del procuratore Bombardieri
di Gabriella Lax

«Ieri 17 aprile 2020 mio fratello Giovanni (nome di fantasia) si è impiccato nel carcere di San Pietro di Reggio Calabria». Solo l’arrivo di un poliziotto ha evitato che l’uomo morisse. È disperato il grido d’aiuto di Deva (nome di fantasia), sorella di Giovanni, rivolto ad Agostino Siviglia, Garante regionale dei diritti dei detenuti, affinchè sia a conoscenza della situazione e possa prendere a cuore la vicenda che si trascina da troppi mesi e che ha rischiato di trasformarsi in tragedia.

Per fortuna, nel pomeriggio di oggi, la misura cautelare è stata sostituita con gli arresti domiciliari fino a sentenza definitiva.

Tornando al dramma «Per la seconda volta un essere umano, non mio fratello, ma un semplice essere umano, ha lanciato l’ultimo disperato grido di aiuto alle istituzioni. Dopo aver perso oltre 20 kg, portatore di varie malattie, di cui una rara, dopo essere stato costretto ad iniziare una terapia con antidepressivi, ansiolitici ed altri farmaci che lo hanno ridotto ad una larva umana, ha deciso di togliersi la vita poiché senza speranza.  Se mio fratello non è riuscito nel gesto è grazie al passaggio fortuito di una guardia che lo ha tirato giù dalle grate a cui si era appeso.

A questa persona va tutta la mia riconoscenza e gratitudine,  grazie alla sua umanità, virtù troppo spesso dimenticata». È la seconda volta in poche settimane che Giovanni tenta il suicidio. Appena due mesi fa si era tagliato le vene, ma era stato salvato in tempo. Angela Cannizzaro, legale di Giovanni, insieme a Giuseppe Musolino chiarisce «Siamo venuti a conoscenza casualmente di ciò che era accaduto perché stamattina (ieri, nds) avevo deciso di recarmi dal mio assistito che si è presentato con ritardo e non voleva dirmi perché era sedato, poi mi ha mostrato i segni sul collo. L’episodio è stato denunciato immediatamente ai carabinieri perché il direttore sanitario del carcere non aveva avvisato i familiari. Essendo un giudicabile – afferma il legale – doveva essere avvisato il magistrato di riferimento. Ora spero che la giustizia faccia il suo corso».

Dopo il racconto degli ultimi drammatici mesi «Oggi mi appello con tutte le mie forze- scriveva Deva – affinché quello che è già successo in passato e che ancora oggi continua a succedere smetta di accadere, soprattutto nel silenzio generale. Mi auguro che tutti i funzionari e personale della casa circondariale Panzera di Reggio Calabria: facciano tesoro di quanto accaduto e inizino davvero a salvaguardare la vita dei detenuti.

Com’è possibile che, dopo il caso Saladino (Antonio, morto nel carcere di Arghillà nel marzo 2018, nds), anche solo per poter fare una visita, per garantire un minimo di alimentazione corretta servano tantissimi soldi ogni mese? Per settimane Giovanni ha dovuto gridare che aveva dolore e nessuno gli dava ascolto. Perché non ci sono le adeguate condizioni sanitarie e le cure mediche? Perché c’è non ci sia supporto psicologico? Perché questo posto è condannato da Dio?».

L’uomo, proprio qualche ora fa, ha ottenuto i domiciliari dopo una lunga battaglia e grazie anche alla sensibilità del procuratore Bombardieri.

E infine un lungo ringraziamento di Deva che abbraccia tutti coloro che, in queste settimane, sono state vicino a ed alla famiglia: «Ringrazio il Capo Procuratore di Reggio Calabria Dott. Bombardieri per averci ricevuto ieri, immediatamente, avendo capito l’urgenza e drammaticità dei fatti. Mi preme ringraziare uno ad uno tutti i professionisti che ci sono stati accanto e che continuano ad esserlo: gli avvocati Angela Cannizzaro, e Giuseppe Musolino, il dottor Angelo La Marca, criminologo, il dottor Polito psichiatra, dottoressa Larosa, psicologa, la dottoressa  Abbruzzo tossicologa e la comunità Exodus Aspromonte. E grazie a mia madre per essere la persona più forte e combattiva del mondo».