A TU PER TU | Giustizia e società, tra riforme e responsabilità: il lavoro del giudice raccontato da dentro con il magistrato De Leo
La giustizia non è mai solo una questione tecnica. È carne viva della società, specchio di un equilibrio delicato tra diritti, doveri e umanità. È da questa consapevolezza che parte l’intervista al giudice Francesco De Leo, magistrato del lavoro presso il Tribunale di Reggio Calabria, ospite del format “A Tu per Tu” de ilReggino.it.
Il dialogo si apre sul tema centrale della riforma della giustizia. «La separazione delle carriere – sottolinea De Leo – non è solo un passaggio organizzativo, ma tocca l’equilibrio stesso dell’ordinamento giudiziario. Separare in modo netto pubblici ministeri e giudici può indebolire il principio di autonomia e coerenza del sistema».
In discussione anche l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare. «Spostare la giurisdizione disciplinare fuori dal CSM rischia di politicizzare un ambito che deve restare imparziale – aggiunge – La valutazione della professionalità del magistrato deve rimanere in mano a chi conosce la funzione giudiziaria e non a organi esterni».
De Leo pone l’accento su un tema troppo spesso sottovalutato: l’impatto del giudice civile nella società. «Nel mio caso, come giudice del lavoro, ogni sentenza tocca la vita concreta delle persone: un licenziamento, un risarcimento, la difesa di un diritto sindacale. È giustizia quotidiana, invisibile ma fondamentale».
Altro nodo: il rapporto tra giustizia e comunicazione. «Oggi più che mai – spiega – il giudice è chiamato ad apparire imparziale, non solo a esserlo. L’uso dei social da parte di chi indossa la toga può generare ambiguità, minare la fiducia. L’autocontrollo è parte della deontologia del magistrato».
Una riflessione che si fa ancora più profonda quando si parla del ruolo del giudice nella comunità: «Viviamo tempi in cui la credibilità delle istituzioni è fragile. Il nostro compito non è solo tecnico, ma anche culturale. Rappresentiamo un punto di equilibrio tra lo Stato e il cittadino. Per questo l’indipendenza deve essere non solo garantita, ma anche percepita come tale».
Un invito chiaro, quello del giudice De Leo: «Serve una rivoluzione del pensiero prima ancora che delle norme. La giustizia non può diventare spettacolo né scontro ideologico. È un servizio, forse il più alto, reso nel silenzio della responsabilità».
Un monito e una speranza: che le riforme in atto non cancellino l’anima profonda della giustizia, quella che si esercita ogni giorno, nell’ombra, ma con fedeltà alla Costituzione e alla dignità delle persone.