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04/04/2025 ore 08.30
Cronaca

Arghillà, famiglie del comparto 6 preoccupate per lo sgombero: «E se non ci danno un’altra casa, noi dove andiamo?»

Ieri una riunione a porte chiuse tra associazione e rappresentanti dei nuclei che abitano nei 110 alloggi occupati abusivamente. In forza di un’ordinanza sindacale, nelle prossime settimane dovranno essere liberati
di Anna Foti

Con zaino in spalla, bambini fanno ritorno da scuola come ogni giorno. La signora ha appena preso il pane e attraversa la strada come fa anche lei ogni giorno da anni, anche se non ricorda quanti siano questi anni. Lì fuori due ragazzi chiacchierano. Alle loro spalle c’è il comparto 6 di Arghillà, quartiere critico della periferia nord di Reggio Calabria.

Via don Luigi Sturzo (finalmente grazie al progetto Fata oggi il quartiere ha la sua toponomastica), una microdiscarica all’inizio della strada, intorno ancora il decoro di una recente pulizia straordinaria eseguita dal Comune. 5 corpi di fabbrica e 110 alloggi popolari, occupati abusivamente, in uno stato di degrado talmente avanzato da essere alla base di gravi condizioni igienico – sanitarie e di seri pericoli e minacce per la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica.

Per queste ragioni, sarà presto sgomberato e le famiglie dovranno lasciare le case. Lo ha messo nero su bianco, obbligato a farlo quando la tutela della salute e della sicurezza lo richiedano, il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. La signora lo sa perchè non si parla d’altro negli ultimi giorni. Abbassa lo sguardo per un attimo e poi, rialzandolo, dice: «E se non ci danno un’altra casa, noi dove andiamo?».

Un interrogativo che sta preoccupando molto le famiglie che sanno che presto dovranno fare ciò che non vogliono, ossia lasciare la casa. Qualcuno mostra la sua indignazione e afferma che non andrà via. Nessuno pare avere intenzione di prevenire lo sgombero andandosene spontaneamente e quando avverrà c’è qualcuno che, reiterando evidentemente condotte illecite, opterà per “un trasloco” al rione Marconi. Qui, nonostante la recente inaugurazione di un parco urbano che ha riqualificato le pertinenze, gli alloggi popolari non sono certo in mano alle Istituzioni.

Salute e sicurezza a rischio

«Noi dove andiamo?». La risposta esigerà il rigore di discernere tra le situazioni di queste famiglie salvaguardando fragili, minorenni, nuclei in stato di effettiva indigenza, non chi potrebbe permettersi un affitto oppure chi risulti assegnatario di alloggio altrove. Certo la questione è comunque estremamente delicata perchè parliamo di persone e dell’ambiente che negli ultimi quindici anni è stato la loro casa. Anche senza titolo. Anche senza agibilità. La loro casa. Seppure inadeguata a garantire sicurezza e salute. Dunque occorre certamente intervenire per ristabilire ordine e legalità. E il cambiamento, per quanto necessario e urgente, sarà difficile e forse anche doloroso.

Ci sono famiglie numerose, anche con quattro e cinque figli, e tante signore in avanti con l’età che lì vivono da tempo. Ma l’ordinanza sindacale è perentoria e questo preoccupa e spinge associazioni e famiglie a riunirsi a porte chiuse (anche alla stampa). Ad obbligare il sindaco, stanti la salute  e la sicurezza a rischio, sono state la relazioni Aterp (azienda territoriale Edilizia residenziale pubblica) ente ausiliario della Regione e proprietaria degli alloggi popolari, dello scorso 12 febbraio e la nota dell’Asp dello scorso 18 marzo con cui il dipartimento. Tutela della Salute e Politiche Sanitarie rileva l’aggravamento della situazione igienico – sanitaria dei luoghi richiedendo espressamente l’intervento sindacale. Tutti dovranno lasciare gli stabili di questo comparto per assenza di «condizioni minime di sicurezza e vivibilità».

Il comparto 6 è paradigmatico di tutte le criticità che riguardano gli alloggi popolari di questo quartiere flagellato da illegalità diffuse tra le quali anche (ma non soltanto) l’occupazione abusiva e dove si intravedono segnali importanti di una rigenerazione urbana e sociale in atto. E la storia di questo comparto è stata segnata fin dal principio da questa problematica, come ricostruisce la premessa dell’ordinanza sindacale dello scorso 26 marzo.

Dal 2007…

«Il complesso immobiliare finanziato con Legge Regionale 457 del 1978, nell’anno 2007, prima dell’ultimazione dei lavori programmati, è stato oggetto di occupazioni abusive per le quali, all’epoca, sono state attivate dall’Aterp e dal Comando di Polizia Municipale le procedure di diffida e di denuncia all’autorità giudiziaria. L’Aterp nell’anno 2014, effettuava una verifica sugli alloggi rilevando gravi problematiche riguardanti principalmente gli impianti elettrici delle abitazioni e delle parti comuni, gli impianti ascensore oltre all’assenza di numerosi infissi esterni ed interni e con un atto deliberativo nel 2015 l’Aterp approvava il progetto esecutivo per i lavori di ripristino dell’immobile e trasmetteva alla Regione Calabria, dipartimento Lavori Pubblici, la richiesta di finanziamento; alla data odierna non risulta che tali lavori siano stati finanziati e, dalla corrispondenza in atti viene evidenziato che, in assenza delle certificazioni degli impianti e del certificato di agibilità, gli alloggi non possono essere oggetto di regolarizzazione del rapporto locativo».

Dunque l‘occupazione in atto fin dal 2007 non è regolarizzabile, trattandosi di alloggi occupati prima che fossero ultimati tutti i lavori e che fossero dichiarati agibili. Lo spiega l’Aterp nella sua costatazione della situazione degli alloggi dello scorso febbraio.

Nessun allaccio idrico ed elettrico

«L’Aterp individua un preoccupante aggravamento delle già presenti condizioni di aleatorietà di tutti gli impianti oltre che dal punto di vista formale, anche, e principalmente, dal punto di vista della sicurezza, della salubrità e vivibilità degli alloggi, non esistendo, tra l’altro, ad oggi, nessun allaccio alle reti idrico – fognarie ed elettriche nonché allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani con le inevitabili conseguenze; le condizioni precarie già precedentemente rilevate risultino ad oggi notevolmente peggiorate, in particolare a causa delle continue occupazioni abusive da parte di soggetti diversi che hanno sicuramente portato a sostanziali modifiche interne ai vari alloggi sia a livello edilizio che impiantistico. Ciò ha aggravato le già presenti condizioni di aleatorietà impiantistica oltre che dal punto di vista formale, anche e principalmente dal punto di vista della sicurezza ed alla salubrità e vivibilità degli alloggi».

Nessun allaccio formale, dunque legale, nonostante vivano oltre 110 famiglie. Gli allacci evidentemente esistenti sono abusivi e ulteriormente a rischio in un sistema impiantistico vecchio e mal tenuto.

Alloggi inagibili

La stessa ordinanza sindacale dettaglia quanto mai eseguito sugli alloggi. «Collaudo degli impianti ascensori (per i quali si dovrebbe comunque procedere necessariamente all’adeguamento alle normative vigenti); adeguamento alla normativa vigente e relativa certificazione di conformità degli impianti elettrici; adeguamento alla normativa vigente e relativa certificazione di conformità degli impianti idrici Il documento informatico è firmato digitalmente sostituisce il documento cartaceo e la firma autografa ai sensi degli e termici; collaudo Tecnico-Amministrativo dell’Intervento».

Insomma il quadro è chiaro e neanche tanto sorprendente vista la situazione fortemente degradata di tutto il quartiere che, invece, avrebbe potuto essere uno straordinario balcone sullo Stretto. Auspicabilmente anche il primo degli interventi per ristabilire decoro e legalità negli alloggi popolari. Ma c’è il dopo da gestire con altrettanta fermezza e con responsabilità. «L’esecuzione del presente provvedimento con ogni attività ed adempimento ad essa funzionale, è demandata alla Polizia Locale, con il supporto dell’Ente proprietario Aterp, delle Forze di Pubblica Sicurezza che dovranno raccordarsi con gli uffici di Prefettura ed altresì con l’ausilio dei Servizi Sociali». È quanto di legge nell’ordinanza sindacale.