Corte d'Appello a Reggio Calabria, la Presidente Chiaravalloti: «L'obiettivo è diminuire i tempi e aumentare la produttività»
Caterina Chiaravalloti si è insediata come nuovo presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria. È stata nominata dal Plenum del Csm nell’aprile scorso ed ha preso subito contezza di quelle che sono le priorità e le emergenza che il settore giustizia sta vivendo a Reggio Calabria come nel resto del paese.
Un incarico importante che la pone di fronte a delle scelte cruciali, poiché Reggio Calabria soffre da tempo di note difficoltà a livello organizzativo. Alla presidente abbiamo chiesto come intende affrontarle.
«Innanzitutto, diciamo che le nuove riforme hanno imposto una rivisitazione anche a livello di normazione secondaria delle linee guida della nostra attività organizzativa. Le innovazioni sono diverse, e il nostro progetto dovrà adeguarsi all’esigenza di diminuire i tempi di definizione dei procedimenti e aumentare la produttività, in linea con le norme dell’ufficio del processo che hanno visto l’istituzione di questo organismo a supporto della giurisdizione. Questo prevede un utilizzo pieno di queste risorse, che ho già sperimentato nella mia precedente esperienza direttiva, consentendomi di raggiungere risultati ottimali. Infatti, durante la presidenza del tribunale di Latina, grazie al lavoro di squadra, siamo riusciti a raggiungere il primo posto nel Lazio per l’abbattimento dell’arretrato».
Esistono, però, emergenze e carenze che Reggio Calabria continua a soffrire in modo costante nonostante i tentativi di risoluzione. Dalla carenza di organico alle difficoltà logistiche.
«Certamente, Reggio Calabria presenta criticità derivanti da carenze di organico e dalla complessità elevata dei processi di criminalità organizzata, che spesso costringono a sacrificare i procedimenti ordinari, che però richiedono una risposta di giustizia immediata. Cercheremo di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di mantenere un elevato livello di qualità della giurisdizione e quella di dare risposte rapide nei tempi di definizione dei procedimenti».
Presidente, in questo senso, la magistratura ha in qualche modo perso credibilità tra la popolazione a causa dei tempi troppo lunghi. Lei ha toccato il cuore del problema. Come si può concretamente riavvicinare il cittadino alla giustizia, facendolo fidare tanto da denunciare e collaborare?
«Questo è un discorso complesso, poiché il problema non riguarda solo i tempi di definizione, ma anche altre criticità. Il legislatore sta adottando riforme che tengono in considerazione queste problematiche del sistema giustizia. È un discorso molto articolato. Da una parte, vi è l’esigenza di organizzazioni più efficienti, che dovrebbero essere supportate da un potenziamento delle risorse e da una rivalutazione della scelta dei procedimenti meritevoli di andare a dibattimento, alla luce della riforma Cartabia. La nuova norma richiede ragionevoli prospettive di condanna. Diversamente, occorrerà fare una selezione a livello di indagini preliminari. È un discorso complesso che richiede interventi su più fronti. Aspettiamo anche di vedere come il legislatore si determinerà al riguardo».