Corte dei Conti, è reggino il carcere più sovraffollato della Calabria: a Locri 41 detenuti oltre la capienza - VIDEO
Davvero troppo breve il passo in Italia (e anche in Calabria) tra la condizione carceraria e il trattamento disumano e degradante che integra una forma di tortura vietata dalla convenzione Europea dei diritti dell’Uomo già dal 1950. La nostra Costituzione già dal 1948 l’ha bandita, invocando la rieducazione della pena.
Sono, altresì, trascorsi oltre dieci anni dalla nota sentenza Torreggiani della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che nero su bianco statuì che «la carcerazione non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione, la Cedu. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato».
Una responsabilità che lo Stato Italiano, come attestato anche dalle condanne inflitte dalla Corte di Strasburgo e le analisi di osservatori specifici come Antigone e Nessuno tocchi Caino, fa evidentemente fatica a onorare. Lo dimostrano anche il recente diario di Gianni Alemanno (già parlamentare, ministro sindaco di Roma) detenuto a Rebibbia in cui denuncia il mix esplosivo di sovraffollamento e temperature alte e, volgendo lo sguardo alle carceri calabresi, l’appello al ministro della Giustizia Carlo Nordio lanciato la settimana scorsa dall’europarlamentare Ilaria Salis. Dopo l’ispezione a sorpresa nel carcere di Arghillà, spesso teatro di disordini, ha affidato a un post la sua denuncia di «una situazione devastante».
La denuncia di Ilaria Salis: «In otto in cella e caldo infernale»
«L’acqua corrente è contingentata: scorre solo in alcune fasce orarie, aggravando le difficoltà quotidiane della detenzione e peggiorando le condizioni igienico-sanitarie. Le attività trattamentali sono ridotte al minimo. I detenuti sono abbandonati a loro stessi, senza nulla da fare. Il sovraffollamento è la norma, e il personale è gravemente insufficiente affinché i diritti dei detenuti possano essere rispettati.
Circa un terzo della popolazione carceraria – oltre cento persone – è composto da cittadini stranieri, molti dei quali detenuti per il controverso reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per tutti loro c’è un solo mediatore culturale. Uno solo. E non parla nemmeno tre lingue.
In alcune celle si vive in otto, con letti a castello a tre piani. Chi dorme in alto ha il soffitto a pochi centimetri dal volto. Il caldo è infernale, l’aria è ferma. Non tutti hanno un ventilatore. In cella manca il frigorifero, e conservare il cibo diventa un’impresa. Ma la denuncia più unanime riguarda i servizi sanitari: carenti, inadeguati, quasi sempre inaccessibili. Ho incontrato diverse persone malate, senza cure adeguate.
Ho potuto incontrare anche Amir Babai, compagno di viaggio di Marjan, vittima di una vicenda assurda che lo vede ingiustamente condannato in primo grado come “scafista”. Ministro Nordio, qui occorre intervenire subito», questa la situazione che l’europarlamentare ha denunciato.
Sovraffollamento in Calabria
E il carcere di Arghillà, per altro realizzato soltanto un decennio fa, in questo frangente storico non è neanche il più sovraffollato tra i 12 istituti penitenziari della Regione. A fronte di una capienza di 294 posti vi sono trenta detenuti in più per un totale di 324. Il tasso di sovraffollamento è inferiore a quello del vetusto plesso San Pietro del carcere Giuseppe Panzera di Reggio Calabria dove i detenuti in più sono 36 (216 a fronte di una capienza di 180) e di quello di Locri che registra il tasso più alto della regione (147,6 %) con 41 detenuti in più (127 a fronte di una capienza di 86 detenuti).
In Calabria la popolazione detenuta ammonta a poco meno di 3000 persone, 2969 per l’esattezza. Di questi oltre 800 solo nel reggino dove insistono cinque dei dodici istituti penitenziari. Con Locri e i due istituti di Reggio, anche il carcere Luigi Daga di Laureana di Borrello (14 detenuti in più), il carcere Filippo Salsone di Palmi (23 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare).
La relazione della Corte dei Conti
I dati emergono dall’ultima relazione della Corte dei Conti proprio sulle carceri. Essa ha preceduto di alcune settimane il recentissimo piano carceri varata la settimana scorsa dal Consiglio dei Ministri. Il sovraffollamento, ma anche la tragedia dei suicidi, sulla quale si è soffermato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’organizzazione della sanità penitenziaria e le opportunità lavorative, si confermano di assoluta attualità e rilevanza sociale, da affrontare con interventi di edilizia penitenziaria ma non solo. Tra le criticità gravi e ancora irrisolte, anche la carenza di agenti di polizia penitenziaria.
«Il tema degli interventi pubblici nel settore dell’edilizia penitenziaria sono da tempo finalizzati a superare il sovraffollamento delle carceri e a garantire condizioni detentive in linea con il dettato costituzionale e con le convenzioni internazionali, continua a rivestire profili di perdurante attualità e rilevanza sociale. L’esigenza – afferma la Corte dei conti – è quella di vedere affermato il principio costituzionale in forza del quale la pena deve tendere alla “rieducazione del condannato”, principio che rischia di essere disatteso, a fronte di situazioni di sovraffollamento e di inadeguatezza delle strutture carcerarie, manifestatesi inizialmente come contingenti e divenute, in molti casi, sistemiche».