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14/11/2023 ore 22.00
Cronaca

"Garden", l'ira del boss Borghetto per un post social sugli assetti della cosca: così scatenò la caccia alla "gola profonda"

Quando Klaus Davi fece rivelazioni su Facebook creando scompiglio nella cosca reggina
di Elisa Barresi

«In perfetta convergenza con quanto riferito dai collaboratori di giustizia, il gruppo Bghetto si è rivelato custode delle più allarmanti tradizioni di ‘ndrangheta. Ed il suo capo, Cosimo Borghetto, ha dimostrato di possedere un altissimo rango criminale. Tale da consentirgli di procedere a nuove affiliazioni e di conferire agli accoscati “doti” idonee al riconoscimento di una apicale collocazione nel locale organigramma mafioso».

Operazione Garden

Gli inquirenti non hanno dubbi sul ruolo di vertice della ‘ndrangheta reggina rivestito da Cosimo Borghetto. Una realtà che emerge in modo plastico nelle carte dell’operazione “Garden” della Guardia di Finanza che oggi ha disarticolato la cosca Borghetto-Latella. 

Associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura. Queste i reati che la Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha contestato a 27 persone portandone 25 in carcere. Numeri che si sono cristallizzati negli ulti anni. 

I post di Klaus Davi

Gli inquirenti partono, infatti, dal ruolo di vertice rimarcando come «Quanto accaduto nell’aprile 2020 è, sul punto, assolutamente eloquente. Il 20 ed il 22 aprile 2020, infatti, il giornalista Klaus Davi pubblicava sulla propria pagina Facebook due post. Entrambi contenenti alcune notizie acquisite circa gli assetti della ndrangheta locale.

Nel primo post, Davi asseriva che “in zona Gallico” era stato nominato “trequartino”140 un soggetto indicato con le sole inziali “M.C.”. Precisando che tale designazione era intervenuta con la “benedizione di Gino”. Nel secondo post, invece, veniva menzionato “Francesco Saraceno detto Ciccio”, indicato come colui che “supervisiona per conto dei Tegano”. La pubblicazione di simili notizie suscitava un intuibile fermento tra gli accoscati che, commentandole, ne certificavano la fondatezza».

Le intercettazioni

Fiumi di intercettazioni sono state raccolte in un fascicolo che racconta i malumori nati tra i protagonisti nell’apprendere la “soffiata”. Ed è subito caccia alla gola profonda per comprendere come il giornalista potesse essere al corrente di informazioni interne alla cosca. 

«Il 26 aprile 2020, Matteo (detto Giorgio) Perla invitava Antonino Idotta a recarsi da Cosimo Borghetto per mostrargli la pagina facebook di Klaus Davi. [Perla: (…) .. L’hai visto a Cosimo? Idotta: Non l’ho visto ancora, pomeriggio penso che lo vedo. Tra un altro poco… Perla: Digli quel fatto. (…) Questo fatto ce l’hai nel telefono tu? (…) Mostraglielo a Cosimo]».

Il secondo post

Idotta segnalava a Perla che, dopo il primo post, ne era stato pubblicato uno ulteriore, riguardante Francesco Saraceno, di cui gli dava lettura. «I due concordavano sui gravi rischi giudiziari corsi da quest’ultimo e sull’opportunità di informarlo [IDOTTA: Questa è qualche altra cosa che ha scritto: “Boss inside. Si chiama Francesco Saraceno detto Ciccio... questo qua pure…di Ciccio… questo non l’avevo visto…detto Ciccio. Supervisiona per conto del clan Tegano. Torneremo a parlare presto” PERLA M.: Lo arrestano. IDOTTA Antonino: A Ciccio, sicuro. Non l’ho visto ancora per farglielo vedere. PERLA M.: Si perché loro non lo sanno”]». 

Ed effettivamente, subito dopo il confronto Idotta si recava da Cosimo, per metterlo in allerta in merito a quanto accaduto. «[DOTTA: Ah…ah…ti devo fare vedere una cosa sul telefonino. Me l’ha fatta vedere Giorgio. BORGHETTO C.: Giorgio è assai che non viene (… incompr:) mi fa esaurire. Nel telefonino? E’ una cosa normale? IDOTTA: Di là….di Klaus…J. Si noti che nei post in parola, non si faceva alcuna menzione del Borghetto, sicché è sintomatico che Perla e Idotta avessero comunque sentito l’esigenza di informare tempestivamente costui, il quale era evidentemente interessato alla vicenda sottostante».

La reazione del boss

Ancor più significativo per gli inquirenti è che Borghetto «dimostrando ancor più chiaramente di essere stato “toccato” dai post di Klaus Davi, appena veniva a conoscenza della cosa, si lasciava andare a imprecazioni e maledizioni all’indirizzo di quest’ultimo [BORGHETTO C.: Che abbia disgrazia nella pancia…che lo spacchi….].

Facendosi aiutare dalla figlia Lucia Simona, Cosimo Borghetto leggeva quindi il post pubblicato il 20 aprile. E, avendo perfetta conoscenza dei fatti evocati, unitamente ad Idotta non aveva difficoltà ad identificare il personaggio (Mario CORSO) indicato dal Davi con le sole iniziali M. C.

[BORGHETTO Lucia Simona: “Boss inside. Nuova nomina in zona Gallico. Una rampa… (…) Aspetta che te lo leggo io, tu non capisci, te lo leggo io. (…) BORGHETTO Cosimo: Eh… IDOTTA A: Mario. BORGHETTO Cosimo: M.C…. IDOTTA: Mario. BORGHETTO Cosimo: Il nome? IDOTTA: Mario. BORGHETTO Cosimo: I nomi? Si, ho capito, i nomi? IDOTTA Antonino: Eh…]».

Lo scoop della discordia

Queste intercettazioni per gli inquirenti dimostrano come «i conversanti evidentemente sapevano che lo scoop del giornalista era ancorato a circostanze veritiere. L’interrogativo di Borghetto – che non sapeva spiegarsi come il Davi fosse entrato in possesso di certe notizie – è sul punto illuminante. Se i fatti non fossero stati veri, non avrebbe avuto significato l’allarme del Borghetto, peraltro, ripetesi mai citato col cognome dal giornalista, che si cominciava a interrogare su come il giornalista fosse venuto a conoscenza di una circostanza così segreta, dandone, appunto, per scontata la veridicità [BORGHETTO C.: però lui come lo sa questo fatto? (…) Eh scusa, come le sanno… (incompr.) …queste cose…]».

La gola profonda

Ed è qui che inizia ad insinuarsi il sospetto che ci fosse qualche gola profonda tra gli esponenti della ndrangheta di Gallic . «IDOTTA: Però sempre una cosa..qualcuno di loro è tipo…no di loro… che se la canta. Qualcuno di loro che… (…) Poi c’è scritto pure di Ciccio, si vede che, perché qualcuno di loro gli ha potuto dire di andare là, qualcuno, lì a Gallico e c’è qualcuno che se la canta, secondo me…), anche se IDOTTA evidenziava che la notizia aveva ad oggetto solo l’avvenuto conferimento di doti e cariche, senza spiegare le ragioni sottostanti [IDOTTA: Ma che stai dicendo che dici, pare che c’è scritto dove, come, perché…), in tal modo volendo significare che in assenza di notizia circostanziata poco avrebbero potuto fare gli inquirenti. Fatto sta che, nella vicenda, Cosimo ed i suoi uomini avevano avuto certamente un ruolo, tanto da aver determinato una fibrillazione non limitata alla mera curiosità di un comune cittadino [IDOTTA A.: Eh, qua infatti a Giorgio gli sono drizzati i capelli. Mi ha chiamato subito a me, vai da Cosimo mi ha detto e fagli leggere tutte cose….».

Reazione a catena

Il post del giornalista aveva, dunque, innescato una reazione a catena.  A Matteo Perla si erano addirittura “drizzati i capelli” alla lettura della notizia tanto da «allarmarsi non poco e da mandare l’Idotta al cospetto del capo per renderlo edotto di quanto accaduto. E tanto allarme aveva suscitato l’occorso che Idotta e Cosimo Borghetto convenivano sulla necessità di avvertire Gino Molinetti e Ciccio Saraceno: il primo menzionato nel post del 20 aprile, quale soggetto che aveva “benedetto” l’ascesa di Mario Corso al vertice della ndrangheta di Gallico.

Il secondo espressamente additato nel post del 22 aprile [IDOTTA: Si, ora vado da Ciccio (…) No vado da Ciccio e gli dico leggiti questo…fagli leggere quest’articolo BORGHETTO C.: Uhm diglielo a Gino, pure a Gino inc…].  Erano, quindi, loro stessi a dare il cognome ed a fornire l’identificazione di quel Gino che, secondo il post del giornalista, aveva dato il placet al conferimento della carica di Trequartino a quell’M.C. che sempre loro stessi individuavano senza dubbi in Mario Corso».

Riferimenti preoccupanti

Dalle intercettazioni emerge anche che Idotta e Borghetto, comunque «si sentivano rassicurati dal fatto che lo scoop non contenesse alcun riferimento ad un loro contributo o interesse nella vicenda. La genericità della notizia, che non precisava il quando ed il dove del rito di affiliazione, impediva, secondo il loro modo di pensare, di risalire all’identità di chi aveva presieduto e partecipato alla cerimonia di ‘ndrangheta. [IDOTTA A.: Non perché dice …(incompr.) non è ma poi che c’entriamo pare che c’è scritto per dire a Ravagnese per esempio… (…) No vabbè ma i problemi più loro li hanno hai capito? Non…i problemi suoi però dobbiamo guardare…) IDOTTA – che effettivamente era uno dei presenti in occasione del conferimento del rango di “trequartino” al CORSO – rievocava l’episodio [IDOTTA A.: Si… (incompr.)..allora? Non me lo ricordo nemmeno io dou’è (…) non me lo ricordo proprio, mi è caduto di mente. Ma è là fuori là? Nel giardino? (…)Al ristorante, una volta siamo andati al ristorante… non c’eri pure tu? Si, mi pare di si…o no? No, non c’eri tu… che c’era Mario. (…) Al ristorante eh…e però là eh chi lo sa Cosimo. Non ce lo ricordiamo, io ero, non ero convinto, inc, pare che abbiamo parlato prima, che abbiamo detto “ci vediamo là”…].

La confessione

Ed ecco che i due confessavano in diretta la loro partecipazione al rito di conferimento della carica al Mario Corso del locale di Gallico. E non è certo singolare o distonico che i conversanti non rammentino esattamente luogo e circostanze del conferimento della dote».

Klaus Davi diventa l’oggetto degli incubi dei protagonisti che, oltre a inveire contro il giornalista, continuano a soffermarsi sul post divulgato. «Saraceno si mostrava rassegnato all’idea di essere al centro di attenzioni investigative [SARACENO: No no, me ne fotto di lui se mi fa arrestare… (incompr.) IDOTTA:Meno male che e nella sua pagina, devi entrare direttamente nella sua pagina…); mentre IDOTTA contestava la tesi che il suo interlocutore potesse essere definito “boss” [IDOTTA: Ma quale boss i coglioni, un pollo è…], essendo a suo parere lo stesso SARACENO un affiliato di rango non verticistico».

Il turbamento del boss Borghetto

Gli inquirenti raccolgono materiale che descrive  l’agitazione ed il turbamento di Cosimo Borghetto e Matteo Perla, i quali, anche se non menzionati nei post su facebook, avevano timore che si risalisse anche «alle loro responsabilità associative [IDOTTA …c’erano Cosimo e Giorgio biarichi, gli ho detto ma che cazzo… cioè voglio dire… noi dopo va… pare che gli ha detto tipo là hanno fatto questo fatto. Capito? Non…]. Tutti, comunque, convenivano sul fatto che Klaus Davi fosse in possesso di informazioni veritiere. Tanto che – in seno al gruppo Borghetto  – era stato stilato l’identikit della “gola profonda” ed erano in atto attività tese ad identificare i delatori. Dei sospetti venivano indirizzati su uno dei Condello e su un altro “di là” [IDOTTA : C’è qualcuno che canta ad Archi, gli ho detto io a lui. FERRANTE: Certo ad Archi. IDOTTA: Ha detto: “Si, abbiamo a due che pensiamo, uno dei Condello ed uno di là”. Però non sanno preciso ancora però guarda…]».

Nessuno comprendeva, però, come Davi avesse avuto accesso a simili informazioni, ribadiscono gli inquirenti, specie in ragione delle modalità clandestine e dell’assenza di preavviso con cui era avvenuta la cerimonia di ‘ndrangheta evocata su Facebook. 

«La preoccupazione del Borghetto nell’inviare immediatamente l’Idotta al cospetto di Saraceno Francesco era, soprattutto, riconducibile all’avvertita necessità di fare sapere al Saraceno che nessuno del gruppo Borgetto era stato causa di questa soffiata al giornalista e l’Idotta di rimando validava l’ambasciata da dare al Saraceno da parte del Borghetto sostenendo che in effetti il post non conteneva nessun riferimento implicito od esplicito a “Ravagnese” intensa, evidentemente, come regno dei Borghetto».