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12/06/2024 ore 10.30
Cronaca

L’omicidio di Peppe Valarioti e le amnesie nelle indagini: la notte in cui la ’Ndrangheta diventò più potente

Il libro di Giuseppe Lavorato punta i fari sulla gestione dell’inchiesta sul delitto: «Si decise di cancellare la matrice politico-mafiosa. Carte scomparse per negare la verità». Il contesto storico, la liberazione dei boss e l’attacco dei clan «galvanizzati» ai comunisti: quattro delitti senza colpevoli. Una nuova chiave di lettura a 44 anni dai fatti
di Redazione

di Pablo Petrasso – Era un altro tempo, era un’altra Calabria. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 nasce la ’ndrangheta unitaria. Nel cuore della Piana di Gioia Tauro la mafia stracciona diventa milionaria: piovono investimenti, le cosche reclamano (e ottengono) la loro parte per la costruzione del porto. Nella cava di Limbadi, centrale nella realizzazione dello scalo, i Mancuso entrano da prestanome delle cosche reggine e si fanno boss ricchi e temuti.

C’è un movimento antimafia che denuncia, lotta, si oppone. Peppe Valarioti è in prima linea: morirà a Nicotera nella notte tra il 10 e l’11 giugno 1980, appena dopo aver festeggiato con i compagni comunisti la vittoria elettorale a Rosarno. Per dirla con il sottotitolo del libro che Giuseppe Lavorato dedica al racconto di quella storia, è il primo assassinio politico compiuto dalla ’ndrangheta. Un assassinio che le indagini rischiano di derubricare a delitto passionale.

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