'Ndrangheta, regina indiscussa del narcotraffico internazionale: a Platì il centro operativo di spaccio negli hinterland Milanese e Pavese
Un’organizzazione fortemente gerarchizzata, con compiti e ruoli definiti in occasione di un importante summit tenutosi anni fa in Aspromonte. Questa è la ‘ndrangheta secondo quanto riferito dagli inquirenti in una delle tre articolate ordinanze alla base della recente maxi operazione Millennium, eseguita in diverse città d’Italia dall’Arma con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria.
In occasione della recente conferenza stampa si è soffermato, in particolare, sul ruolo dei Barbaro – Castani di Platì, il comandante del gruppo carabinieri di Locri, il tenente colonnello Gianmarco Pugliese.
«Abbiamo accertato una struttura stabile e organizzata, anche se è frutto di un’alleanza tra i locali e i tre mandamenti della Provincia reggina, sovraordinata e complementare alle singole articolazioni, alla quale è demandata la gestione del narcotraffico a livello mondiale. Questa struttura aveva una suddivisione ben delineata che seguiva passo dopo passo le fasi. Dall’importazione dall’estero della cocaina, in particolare da Brasile, Panama e Colombia all’imbarco su navi. Dallo scarico attraverso squadre di operatori portuali compiacenti al porto di Gioia Tauro all’avvio alla commercializzazione in ogni parte del territorio nazionale.
Una forte gerarchia e ruoli ben definiti. Molto attivi si sono rivelati i Barbaro-Castani. E in particolare, questo stupefacente una volta giunto a Platì veniva immesso soprattutto nell’hinterland Milanese e in quello Pavese. Una gestione su due livelli e poi un terzo livello per la vendita nelle varie piazze di spaccio. L’organizzazione si avvaleva di soggetti originari di Platì e stanziali nel Milanese e nel Pavese per lo smercio presso le piazze di spaccio. E questo potrebbe ricollegarsi proprio a una delle caratteristiche peculiari di quelle che sono le ‘ndrine, cioè la presenza di forti legami di parentele tra i soggetti che le costituiscono».
La ‘ndrangheta e le piazze di spaccio italiane
Questo spaccato si concentra sulla Locride ma il dominio della ‘ndrangheta nel settore è totale e indiscusso. Non si avvale solo del locale di Platì e non governa solo le piazze del Milanese e del Pavese, come si evince da quanto scritto dagli inquirenti nell’ordinanza.
«(…)questa struttura, gerarchizzata e con una precisa suddivisione di ruoli (finanziatori, trasportatori, broker, “segretari”), è dotata di stabili canali di approvvigionamento dal Sud America e dalla Spagna. Altrettanti stabili canali di commercializzazione e rivendita delle sostanze nelle piazze di spaccio soprattutto di Roma, Milano, Napoli e Messina, della Puglia, ma anche del Belgio e dell’Olanda.
Essa trae origine da un importante summit tenutosi diversi anni addietro sull’Aspromonte (nella zona del locale di Plati). Vi avevano partecipato numerosi alti esponenti di ndrangheta (300 secondo Barbaro Giuseppe). I vertici delle più importanti cosche avevano quindi deciso, con precisi accordi e imponendo severe regole, di delegare a questa organizzazione. Composta da sodali di diversi locali, alla ‘ndrangheta l’intera gestione del traffico ridistribuendo parte dei proventi alle articolazioni di ndrangheta e reinvestendo il resto.
Tale sistema rischiava però di volta in volta di incrinarsi a causa dell’ingordigia sleale di alcune cosche. Vedasi San Luca con i propri accordi paralleli con gli albanesi e la cosca Alvaro con riferimento al sequestro Sciarrone».
L’allarme degli inquirenti
Il dominio incontrastato nel settore del narcotraffico è ritenuto dagli inquirenti un elemento fortemente allarmante.
«Il narcotraffico – ha sottolineato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino – è la contestazione che facciamo in termini di 416 bis tra i reati fine. Esso sta diventando il cuore pulsante della ‘ndrangheta. Diverta manifestazione della capacità autentica di restare ed essere riconosciuta al livello internazionale e nazionale, quale player decisivo dei contesti criminali in cui opera.
Questa è una cosa rispetto alla quale stiamo provando a fare complesse ricostruzioni giuridiche che ha una sua complessità che stiamo provando a fronteggiare. E però è una realtà che vede queste cosche anche al centro di tensioni e fibrillazioni, ma anche delle sinergie operative, funzionali a risolverle. Con i numeri che la ‘ndrangheta muove, con le capacità di alleanze che tesse, le definizioni territoriali, le stesse definizioni di cosca tendono a disperdersi. La propensione è a confluire invece in una gestione diretta nell’ambito di alleanze sempre piuttosto fluide».
I cartelli messicani, il porto di Gioia Tauro e gli altri porti italiani
Sul punto si è soffermato anche il comandante della Legione Carabinieri della Calabria, il generale di Brigata Riccardo Sciuto, allargando lo sguardo anche al mutamento degli assetti nei paesi esportatori di cocaina e ai porti interessati in tutta Italia.
«I cartelli messicani comandano ora anche su quelli colombiani. Il ruolo della ‘ndrangheta e dei suoi broker in questo campo è assolutamente assodato. È sicuramente il maggior business. Nel “rischio di impresa” rientrano i carichi, che non solo la maggior parte, che vengono intercettati dagli investigatori e sequestrati. Il porto di Gioia Tauro, per dimensione e grandezza e per la sua presenza sul territorio è il principale ma noi non dobbiamo dimenticare i porti di Trieste Livorno Civitavecchia, Genova che sono stati interessati da ingenti sequestri negli anni scorsi».
Una multinazionale del crimine
«Famiglie di altissimo rango criminale che hanno il potere di convocare la Provincia, organo collegiale con capacità decisionali. Elemento che pone in evidenza come l’assenza di una capo unico non implichi l’assenza di organismi decisionali di alto livello e che delegittima l’ipotesi di una organizzazione dotata di orizzontalità pura della ndrangheta invece tendenzialmente verticistica e gerarchica. Questa è l‘organizzazione mafiosa – ha concluso il procuratore della Repubblica ff di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo – che ha dimostrato di sapersi infiltrare in tutti i settori, condizionandoli fortemente. Organizzazione di tipo mafioso che oggi è a capo del narcotraffico mondiale. Essa gestisce gli approvvigionamenti in Colombia, Brasile e altre realtà del centro sud America. Poi li distribuisce a Roma Milano, Napoli, Messina, in Puglia, in Belgio e in Olanda. Tutto sempre in questa logica, mai individuale. Una vera e propria multinazionale del crimine».