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01/11/2024 ore 13.00
Cronaca

Operazione Terramara Closed, la Corte d'Appello dissequestra i beni a Carmelo Sposato

Accolto il ricorso della difesa: ribaltata la decisione di primo grado e restituito il patrimonio all’imprenditore taurianovese
di Redazione

La Sezione Misure di Prevenzione della Corte di Appello di Reggio Calabria ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Antonio Romeo e Guido Contestabile, difensori dell’imprenditore Carmelo Sposato, annullando completamente la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto la confisca del patrimonio mobiliare e immobiliare dell’imprenditore taurianovese e l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Questa nuova sentenza arriva pochi mesi dopo l’assoluzione di Sposato dall’accusa di associazione mafiosa, segnando un ulteriore e definitivo passo verso la conclusione positiva di una lunga battaglia giudiziaria. Sposato, noto costruttore nel settore edilizio della piana di Gioia Tauro, si trova ora finalmente libero da un calvario che ha segnato per anni la sua vita personale e familiare.

Carmelo Sposato era stato coinvolto, alla fine del 2017, nell’operazione “Terramara Closed” della Procura Distrettuale di Reggio Calabria, accusato di essere a capo di una presunta consorteria di ‘ndrangheta, nota come cosca Sposato-Tallarida e dedita a gravi reati. L’arresto, eseguito insieme ad altre 48 persone su ordine del Gip di Reggio Calabria, venne presto contestato: il Tribunale del Riesame e successivamente la Suprema Corte di Cassazione annullarono l’ordinanza, non rilevando sufficiente gravità indiziaria a carico di Sposato.

Dopo la libertà riconquistata nel giudizio di riesame, il Tribunale di Palmi, nella fase di primo grado, lo condannò comunque a quindici anni di reclusione, ritenendolo colpevole dei reati a lui ascritti. Tuttavia, la seconda sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria, presieduta da Olga Tarzia, ribaltò completamente la decisione, assolvendo Sposato per insussistenza del fatto, in accoglimento delle tesi difensive presentate dagli avvocati Romeo e Contestabile.

Le accuse di “Terramara Closed” avevano però innescato anche un procedimento di prevenzione che aveva portato il Tribunale di Reggio Calabria a disporre sia la confisca dell’intero patrimonio di Sposato – comprendente beni mobili, immobili e attività – sia l’applicazione della sorveglianza speciale per tre anni. Anche questa sentenza di primo grado è stata oggi annullata dalla Corte di Appello, su richiesta della difesa che ha contestato la fondatezza giuridica delle misure di prevenzione.

Nel corso del lungo procedimento d’appello, i legali di Sposato sono stati affiancati dai consulenti tecnici Francesco Deraco e Rosamaria Femia, che hanno svolto un’accurata analisi contabile delle attività dell’imprenditore. Contrariamente a quanto sostenuto dal perito d’ufficio, la difesa è riuscita a dimostrare l’assenza di discrepanze tra i redditi dichiarati e i guadagni effettivamente realizzati da Sposato. Questa ricostruzione ha smentito le accuse iniziali, rivelando una perfetta coerenza fiscale nelle attività dell’imprenditore.

Tra i beni restituiti a Sposato e alla sua famiglia figura anche il noto ristorante Moon Light, gestito dalla moglie Mariella Chirico e coinvolto nel procedimento di prevenzione come terza interessata. La sentenza rappresenta per la famiglia Sposato la fine di un periodo lungo e difficile, con i difensori visibilmente soddisfatti per l’esito favorevole.

L’avvocato Romeo ha dichiarato: «Finisce finalmente, e nel migliore dei modi, anche questa seconda partita, questo lunghissimo e travagliato percorso giudiziario del sig. Carmelo Sposato, vittima di meri infondati pregiudizi accusatori e di accuse che si sono sempre dimostrate del tutto inconsistenti». Sulla stessa linea l’avvocato Contestabile, che ha aggiunto: «La decisione della Corte di Appello pone fine al drammatico calvario cui il nostro assistito è stato sottoposto per tanti lunghi anni e incoraggia ad avere sempre fiducia nella giustizia che spesso, anche se tardi, restituisce dignità e verità rispetto ad accuse molte volte vuote di qualsiasi contenuto».