Prima lo scoppio, poi la tragedia: un’esplosione all’origine del naufragio di Roccella?
Questa volta il mare, per ragioni di distanze, non restituirà i corpi dei migranti dispersi. E’ tutta e solo qui la differenza tra il tragico naufragio di questa notte tra Grecia e Italia e la strage di Cutro dello scorso anno. Perché più passano le ore, più si affievoliscono le speranze di recuperare ancora qualche superstite tra i migranti partiti qualche giorno fa dalla Turchia a bordo di una barca a vela colata a picco a oltre 100 miglia dalle coste della Locride. Il bilancio, purtroppo ancora provvisorio, è drammatico: un morto, undici feriti e circa 50 dispersi.
Impegnati nelle ricerche, che proseguiranno anche nei prossimi giorni, mezzi di Frontex e della Guardia Costiera italiana. L’attività è stata avviata a seguito di un ‘may-day’ lanciato da un’unità da diporto francese, in navigazione a circa 120 miglia dalle coste italiane, al limite delle aree Sar di competenza della Grecia e dell’Italia che, dopo aver segnalato la presenza della barca semiaffondata, ha recuperato a bordo 12 migranti. Raccolto il mayday il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano della Guardia costiera di Roma, ha dirottato immediatamente sul posto due mercantili in navigazione nelle vicinanze, un velivolo Atc42 della Guardia costiera e le motovedette Cp305 e Cp326 di stanza in Calabria. I sopravvissuti, di dichiarata nazionalità iraniana, irachena e siriana, sono stati recuperati e trasferiti stamane al porto di Roccella Jonica. Non ce l’ha fatta una donna, morta dopo essere finita in mare e giunta cadavere adagiata su una barella coperta dalla stagnola. Per nove di loro si è reso invece necessario il ricovero negli ospedali di Locri e Polistena.
«Non sono in pericolo di vita ma non stanno bene e sono stati tutti ricoverati a causa di una serie di fratture agli arti superiori e inferiori» spiega Concetta Gioffrè, presidente del comitato della Croce Rossa della Locride. Stando al loro racconto il veliero a bordo del quale viaggiavano sarebbe esploso. Subito dopo lo scoppio i migranti si sarebbero aggrappati a pezzi di legno, mentre altri si sarebbero allontanati con il giubbotto di salvataggio. «Presentano diverse ustioni alle gambe e alle spalle, sono molto provati e scioccati» prosegue la volontaria. Sotto osservazione in ospedale anche una bambina di 10 anni, ricoverata in Pediatria con problemi agli arti, rimasta senza genitori, al momento dispersi. «Non accadeva da anni una tragedia del genere» ricorda ancora Gioffrè. Da questa mattina a offrire assistenza e supporto psicologico alle persone sopravvissute i team di Medici Senza Frontiere di Roccella Jonica, dove l’organizzazione è presente dal 2022.
«Ho parlato con un ragazzo che ha perso la sua fidanzata – dice Shakilla Mohammadi, mediatrice interculturale di Medici Senza Frontiere che stamattina era al porto – I superstiti hanno parlato di 66 persone disperse, tra cui almeno 26 bambini, anche di pochi mesi. Intere famiglie dell’Afghanistan sarebbero morte. Sono partiti dalla Turchia 8 giorni fa e da 3 o 4 giorni imbarcavano acqua. Ci hanno detto che viaggiavano senza salvagente e che alcune imbarcazioni non si sono fermate per aiutarli».
«Questa mattina eravamo al porto e abbiamo supportato le attività di prima assistenza per i sopravvissuti. La scena era straziante, davanti a noi persone traumatizzate, il dolore si toccava con mano. Vedere annegare un parente o un amico è sempre orribile» ha concluso.