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06/06/2024 ore 14.01
Cronaca

Reggio, il tribunale accoglie il ricorso della Sea Eye 4: fermo illegittimo

La legale Livia Vicchio: «La prima pronuncia di merito dall'entrata in vigore del decreto Piantedosi». L'equipaggio della Sea Eye 4 era stato accusato di non aver collaborato con la guardia costiera libica nell’operazione di soccorso di 144 migranti poi giunti al porto di Reggio lo scorso 10 marzo
di Anna Foti

«È il tribunale di Reggio Calabria a pronunciare la prima sentenza di merito, dopo l‘entrata in vigore del decreto Piantedosi, relativamente al soccorso in mare da parte delle ong. È quella con la quale il giudice reggino si è pronunciato favorevolmente sul ricorso presentato dalla ong tedesca Sea Eye. Una prima sentenza perchè gli altri giudizi, superata la fase della sospensiva, sono ancora in corso. Una prima sentenza storica e anche di accoglimento di cui siamo molto soddisfatti. Il giudice non ha ritenuto sufficienti le prove a carico delle accuse mosse all’equipaggio  dal governo italiano. Accuse secondo le quali l’equipaggio della nave non avrebbe seguito le istruzioni della autorità libica durante il soccorso dello scorso marzo». È quanto dichiara la legale della ong Sea Eye, Livia Vicchio.

«La ong sta valutando se avviare anche la richiesta di risarcimento danni per il periodo lungo di inattività forzata e illegittima dell’imbarcazione», continua la legale.

Un doppio primato per questa vicenda. All’equipaggio della Sea Eye al porto di Reggio Calabria era stato anche notificato il primo fermo lungo di 60 giorni dell’imbarcazione. A esso sarebbe seguita la confisca in caso di una successiva contestazione, dell’imbarcazione. Era stata cioè applicata, per la prima volta dall’entrata in vigore del decreto Piantedosi, anche la recidiva.

Lo sbarco e la fase sospensiva del giudizio

L’equipaggio della Sea Eye 4 era stato accusato di non avere collaborato con la guardia costiera libica. L’operazione in questione era quella conclusasi con l’arrivo della nave al porto di Reggio con 144 migranti a bordo lo scorso 10 marzo

Il ricorso era stato presentato da Gorden Isler, Dominik Reisinger, nella qualità di legali rappresentanti della “Sea-Eye 4” e nella qualità di legali rappresentanti di Sea Eye E.V. e di Paval Botica. L’azione chiamava in causa Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Capitaneria di Porto e Guardia Costiera di Reggio Calabria. E anche Ministero dell’economia e delle finanze, Guardia di finanza e del Ministero dell’interno.

Il giudizio aveva anche avuto una fase sospensiva, conclusasi con il rigetto della richiesta della ong tedesca. La fase di merito aveva subito un rinvio al prossimo 5 giugno. L‘Avvocatura di Stato aveva, infatti, opposto l’eccezione della sopravvenuta carenza di interesse. La nave era già in mare a soccorrere per la decorrenza dei termini dei 60 giorni nelle more del giudizioLa ong aveva manifestato tutta l’intenzione di arrivare a una pronuncia di merito che ieri è arrivata ed è stata di accoglimento dell’istanza di annullamento del fermo.

Una sentenza che pone sotto la sua lente, ovviamente con riferimento al caso di specie e alle luce della documentazione fornita, l’operato della autorità libiche. A loro, con il decreto Piantedosi, il governo italiano affida il soccorso in mare, sanzionando le ong che procedano senza osservare le loro indicazioni. Un operato che non si è presentato puntuale ed efficace rispetto alla finalità di un tempestivo soccorso di vite in mare.

La Sea Eye: «Detenere le navi è un abuso dell’autorità statale»

«L’equipaggio aveva già salvato 84 persone in pericolo in mare durante l’operazione. La detenzione di 60 giorni della Sea – Eye 4 a marzo è stata dichiarata illegale. Abbiamo ottenuto una vittoria significativa in tribunale in Italia: la detenzione di 60 giorni di Sea Eye 4 a marzo è stata dichiarata illegale. La sentenza dimostra chiaramente che la detenzione di navi di soccorso civili costituisce un abuso dell’autorità statale. E non per la prima volta», si legge sul profilo face book della ong tedesca.

La sentenza

Il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza n. 811 del 5 giugno 2024 (Giudice Pantano), ha annullato il provvedimento del 7 marzo 2024 di fermo amministrativo della Sea Eye 4 per 60 giorni imposto dalle autorità italiane. La contestazione era stata mossa in forza del d.l. n. 1/2023, convertito in L. n. 15/2023 (cd. Decreto Piantedosi). La sentenza mette nero su bianco che alcuna prova esiste circa le indicazioni fornite dalla guardia costiera libica. Dunque nessuna prova di indicazioni disattese dalla ong, accusata per altro di avere creato situazioni di pericolo. Dunque l’operato della ong è parso regolare e legittimo per salvare vite umane a rischio. Non essendoci violazione del disposto del decreto Piantedosi ed essendoci stata l’esigenza di soccorrere in mare persone in pericolo, il provvedimento di fermo della nave è stato annullato.

Il giudice: «Nessuna prova di indicazioni fornite alla ong»

Si legge, infatti, nella sentenza che «ribadito che l’onere della prova di aver cercato di comunicare con la Sea Eye 4 al fine di impartire indicazioni circa le modalità di coordinamento delle operazioni di soccorso grava sulle Amministrazioni resistenti, deve ripetersi che non si rinviene alcuna prova di eventuali tentativi di contatto posti in essere dall’Autorità libica al fine di fornire indicazioni. (…) In ogni caso, lo si ribadisce, non è esplicitata quale sia l’indicazione che l’Autorità libica avrebbe fornito (es. desistere dalla prosecuzione delle operazioni; trasferire i migranti in un porto libico etc.), né quella che avrebbe tentato di fornire, e che la Sea Eye 4 avrebbe omesso di rispettare; né è provato, come detto, che l’Autorità libica abbia contattato la Sea Eye 4 per fornire delle indicazioni in qualità di Autorità responsabile Sar».

Il giudice: «Nessun pericolo creato e nessuna inottemperanza dalla ong»

Si legge, ancora, nella sentenza che è da «ritenersi inesistente la situazione di pericolo creata dall’ong che, del resto, nel verbale di fermo amministrativo è descritta come strettamente riconnessa all’omesso rispetto delle indicazioni fornite.

Del resto, iniziate da parte dell’Ong le operazioni di soccorso e salvataggio dei migranti presenti su un gommone in alto mare, palesemente inidoneo al trasporto di un numero così elevato di persone, la Guardia costiera libica, in assenza di prova circa le indicazioni di coordinamento fornite, pare essersi avvicinata (si vedano le immagini del video prodotto) alla Sea Eye 4 ed alle imbarcazioni minori ausiliarie che stavano provvedendo al trasbordo dei migranti con modalità che hanno contribuito a creare una situazione di agitazione.

Per quanto sopra esposto, in difetto di prova circa le indicazioni fornite (o circa i tentativi di offrirle) e conseguentemente sulle presunte inottemperanze alle stesse poste in essere dalla Sea Eye 4, deve ritenersi che anche tale contestazione sia priva di supporto probatorio, con conseguente illegittimità del verbale di fermo amministrativo impugnato. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato che deve pertanto essere annullato».

Fermo annullato e condanna alle spese per i ministeri

La sentenza dispone l’annullamento del provvedimento e la condanna alle spese dei soccombenti. Trattasi di ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto e Guardia Costiera di Reggio Calabria, ministero dell’Economia e delle Finanze, Guardia di finanza e ministero dell’Interno.

«Il Tribunale di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, ogni diversa domanda o eccezione disattesa, annulla il provvedimento di fermo amministrativo e affidamento in custodia dell’11.3.2024. Condanna le Amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese di lite sostenute dai ricorrenti liquidate in € 10.860,00 per compensi, oltre spese di contributo unificato ed accessori di legge».