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09/07/2025 ore 22.15
Cronaca

Rosarno, Idà innocente: «Non è stato semplice, ma ho sempre creduto che la verità avrebbe parlato»

Coinvolto nell'operazione Faust quando era sindaco. Adesso la sentenza di assoluzione è definitiva
di Redazione

«Nel gennaio 2021, mentre ricoprivo la carica di sindaco di Rosarno, venni coinvolto nell’operazione “Faust”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Da quel momento, la mia vita è stata stravolta: accuse infondate, sospetti, dolore personale e familiare, un lungo percorso giudiziario, duro e logorante.

Ho dovuto affrontare anche l’umiliazione della privazione della libertà personale e, per alcuni interminabili minuti, la mortificazione delle manette ai polsi. Un’esperienza che segna, nel corpo e nello spirito, chiunque la subisca da innocente.

Oggi, quella vicenda si è finalmente chiusa. La sentenza che ha riconosciuto la mia totale estraneità ai fatti contestati è divenuta definitiva. La verità, già emersa nel processo, ora trova il suo sigillo anche sul piano formale». È quanto dichiara Giuseppe Idà, ex sindaco di Rosarno.

«Ho scelto di affrontare tutto nel silenzio, con rispetto per le istituzioni e fiducia nella giustizia. Non è stato semplice, ma ho sempre creduto che la verità, alla fine, avrebbe parlato.

Ringrazio chi mi è stato vicino in questi anni difficili, chi ha scelto di guardare ai fatti e non ai pregiudizi, chi ha creduto nella mia correttezza senza cedere alla tentazione del giudizio sommario. Un pensiero di gratitudine particolare va ai miei avvocati, Armando Veneto, Giuseppe Martino e Vladimir Solano, che con professionalità e determinazione hanno tutelato la mia persona e i miei diritti.

Questa non è solo una storia personale. È lo specchio di ciò che accade troppo spesso in Calabria, una terra complessa dove chi si espone — nella politica, nell’impresa, nel sociale — si assume non solo responsabilità, ma anche rischi enormi.

In nome di un’antimafia che deve essere sacrosanta, talvolta si calpestano diritti costituzionali, si confonde l’impegno sincero con altro, si travolgono vite con una leggerezza che uno Stato di diritto non dovrebbe mai tollerare.

Chi sceglie di “metterci la faccia” lo sa. Io ho iniziato presto, forse prima degli altri. Un amico, in un messaggio che mi ha colpito profondamente, mi ha scritto: “Quando gli altri toglievano le rotelle alla bici, tu eri già dirigente nazionale del settore giovanile del tuo partito. Quando i tuoi coetanei cercavano un campo di calcetto, tu eri sindaco di una comunità ingestibile. Non sei un caso tra tanti. Se ci fosse stata più attenzione e responsabilità, questa vicenda non sarebbe mai dovuta accadere.”

Quelle parole dicono tanto. Raccontano quanto sia facile, in Calabria, trasformare una passione sincera e precoce per la politica in un bersaglio. E quanto sia scoraggiante, per un giovane, scegliere di impegnarsi se il rischio è quello di vedersi distrutto anche quando agisce con onestà e trasparenza.

È per questo che serve più rigore, più equilibrio, più responsabilità già nella fase delle indagini preliminari. È lì che si decide se un cittadino debba affrontare il peso di un processo. Perché, per chi è innocente, il processo stesso è già una condanna: personale, familiare, professionale.

Oggi guardo avanti con serenità e determinazione. Libero da ogni ombra, con la consapevolezza che questa esperienza mi ha reso più forte. E con la convinzione che, soprattutto in Calabria, serva il coraggio di chi non si arrende e continua a credere nella politica come servizio e impegno. Non come condanna».