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02/03/2025 ore 10.41
Cronaca

Separazione delle carriere, il procuratore Melidona: «L'azione del pm è sempre guidata dalla legalità. La Camera penale chiarisca»

Il pubblico ministero in servizio alla procura di Palmi replica fermamente alle dichiarazioni del presidente Francesco Siclari
di Redazione

«Ho letto sul vostro giornale on-line una nota a firma dell’avvocato Francesco Siclari,  il quale ha riportato i contenuti dell’intervento da lui tenuto in occasione della tavola rotonda alla quale è stato invitato, quale presidente della camera penale di Reggio Calabria, in occasione della manifestazione indetta dall’Associazione Nazionale Magistrati lo scorso 27 febbraio per esprimere il dissenso contro l’iniziativa di riforma del Titolo IV della Costituzione e per far conoscere ai cittadini e al Parlamento le ragioni dell’opposizione della magistratura alla prospettiva della separazione delle carriere.

L’avvocato Siclari – dichiara Santo Melidona, pubblico ministero in servizio presso la Procura di Palmi in una nota – ha avuto modo di esporre il punto di vista delle camere penali, notoriamente favorevole al progetto di riforma, trovando nel folto uditorio, composto da un numero rilevante di magistrati ma anche di diversi esponenti dell’avvocatura e della società civile, interesse, attenzione e rispetto.

Non risulta, peraltro, che nel momento in cui il professionista ha illustrato le ragioni che – secondo il punto visto di vista dell’avvocatura (ovvero di una parte di essa) –  dovrebbero giustificare (anzi rendere urgente) la realizzazione del nuovo assetto costituzionale vi sia stato da parte dell’uditorio un “plateale” ovvero “scomposto dissenso”, per come lo stesso si è doluto.

Un brusio percepibile, per la verità, si è avvertito quando l’esponente della camera penale, nel tentativo di confutare uno degli argomenti “forti” a sostegno della tesi avversa al progetto di riforma, ovvero la considerazione che con la separazione della carriera  da quella del giudice il pubblico ministero potrebbe perdere la cultura della giurisdizione,  ha pronunciato delle parole, incomprensibilmente riproposte nella nota pubblicata da codesta testata, manifestamente offensive della professionalità del pubblico ministero (quindi di tutti i pubblici ministeri).

Ha infatti detto: “Dicono, ancora, che il Pm perderebbe la cultura della giurisdizione separando la sua carriera da quella del giudice. Incomprensibile la ragione per la quale il Pm dovrebbe caratterizzare la sua azione dalla cultura della giurisdizione, a tutti noi ed ai cittadini in primis basterebbe una magistratura requirente guidata dalla cultura della legalità per essere la migliore versione possibile di sé stessa. Nessuno si aspetta di essere giudicato da un PM, né tantomeno aspira ad esserlo”.

Ho trovato francamente inaccettabile e denigratorio il sottinteso di queste parole. Mettere in discussione la cultura della legalità del pubblico ministero significa insinuare, neanche troppo velatamente, che il pm possa agire al di fuori delle regole o senza il necessario rigore.

Affermare – prosegue ancora Santo Melidona, pubblico ministero in servizio presso la Procura di Palmi – che al pubblico ministero non servirebbe una “cultura della giurisdizione” e che basterebbe una “cultura della legalità” è una dichiarazione che si commenta da sola.

Se c’è un principio che guida l’azione del pubblico ministero, è proprio la legalità: la nostra funzione non è quella di giudicare, né di accanirci contro chicchessia, ma di svolgere le attività di indagine nel rispetto delle parti e secondo le regole procedurali, nel raccogliere tutte le prove, comprese quelle a favore della persona indagata, senza nasconderne alcuna (diversamente da come – pur legittimamente – può fare un difensore), nel  perseguire i reati con equilibrio e rispetto delle garanzie, nel rassegnare – all’esito del dibattimento – richieste  che non infrequentemente sono per l’assoluzione dell’imputato.

Quello che più conta, comunque, è che il pubblico ministero – imparzialmente (essendo soggetto unicamente alla legge e non vincolato alla rappresentanza degli esclusivi interessi di una parte) – deve considerare le posizioni di tutte le parti processuali, non solo quella della persona indagata o imputata ma anche quelle della persona offesa, della persona danneggiata dal reato e comunque di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento giudiziario.

Questa non è una mia opinione personale, è la base stessa dello Stato di diritto.

Il pm non è e non deve essere una controparte in senso stretto, né un semplice avvocato dell’accusa: è un organo dello Stato che agisce nell’interesse della giustizia, con l’unico scopo di far rispettare la legge.

Ciò detto, va ulteriormente chiarito che magistrati e avvocati sono professionisti del diritto, che lavorano quotidianamente con le parole.

Ne conoscono la valenza, le sfumature, l’attitudine a incidere sulla realtà, descrivendola e anche plasmandola.

Il richiamo rivolto dall’avvocato Siclari a tutti i pubblici ministeri a farsi guidare dalla “cultura della legalità” allude a un discostamento da quella cultura che evidentemente solo lui intravede, ed insinua nell’ascoltatore l’idea che il pubblico ministero sia orientato fini diversi da quelli dell’affermazione della legge.

Ebbene, un professionista della parola, qual è l’illustre rappresentante della camera penale, deve assumersi la responsabilità di ogni suo esternazione e dunque non può limitarsi a rovesciare indiscriminatamente su un intero corpo di magistrati che quotidianamente si impegna a tutelare i diritti di tutti i cittadini, un’accusa generica, irrelata, obiettivamente diffamatoria, quale quella da lui sostenuta.

Se l’avvocato pensa che il pubblico ministero non incarni questa cultura, allora sta mettendo in discussione l’intero sistema e, mi sia consentito, persino la sua stessa funzione, perché senza un pubblico ministero indipendente e fedele alla legalità, anche il diritto di difesa perderebbe il suo senso più profondo.

Se, dunque, l’avvocato ha avuto modo nel corso della sua esperienza professionale di imbattersi in pubblici ministeri poco attenti – diciamo così – alla cultura della legalità, ne faccia i nomi, prima di tutto nell’interesse della gran parte di essi che quotidianamente si impegnano con ogni sacrificio personale e familiare, tormentando le loro coscienze quando si tratta di prendere decisioni delicate, per rendere un servizio di giustizia ai cittadini.

Sarei  estremamente deluso, al contrario, conoscendo personalmente e apprezzando le capacità professionali dell’avvocato, nel constatare che la sua esternazione debba essere letta in linea con la tendenza dei tempi, ovvero con la diffusa e incontrollata inclinazione a rivolgere  accuse irrelate all’intera magistratura, confidando di trovare acritica ricezione in un’opinione pubblica da lungo tempo ormai condizionata da ossessive campagne politiche e mediatiche.

Mi auguro che l’avvocato Siclari e la camera penale tutta (se le sue parole debbano essere intese come rappresentative del pensiero di quella parte dell’avvocatura) sappiano chiarire quando, come, in che modo e soprattutto quale pubblico ministero operante in questo distretto (o altrove) non abbia presente il senso rigoroso del rispetto delle legalità e determini, dunque, la propria azione per finalità diverse da quelle del rispetto della legge e della tutela dei diritti di tutti i cittadini».