Violenza e disagio giovanile, Di Palma si appella alle famiglie: «I ragazzi hanno un enorme bisogno di essere ascoltati»
Un cappio e la vita interrotta a soli 12 anni. E ancora, 6 ragazzi abusati da un uomo in cambio di droga. E come se non bastasse violenze di genere e brutalità che la cronaca continua a restituirci giornalmente anche alle nostre latitudini. Un disagio giovanile dilagante che ci costringe a fermarci e riflettere su cosa sia ansato storto. Cosa stiamo sbagliando? Lo abbiamo chiesto al procuratore del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, Roberto Di Palma che grazie al suo ruolo riesce ad avere un osservatorio privilegiato su quelle che sono carenze e necessità di una generazione che chiede tra urla silenziose di essere aiutata.
«Sicuramente i fatti che stanno accadendo in questi ultimi tempi sono motivo di grande allarme per tutti. Evidentemente, la fotografia che emerge è quella di situazioni familiari in cui, spesso e volentieri, i genitori sono assenti o comunque non riescono a intercettare il disagio dei propri figli. Questo è un problema ricorrente, che ho osservato tantissime volte. Oggi, essere genitori spesso maschera una forma di mancata responsabilità, mentre i ragazzi hanno un enorme bisogno di essere ascoltati, sentiti e seguiti. Ricercano proprio questo, vogliono questo. È quindi un compito fondamentale della famiglia, prima di tutto, perché è il nucleo essenziale dove i ragazzi nascono e muovono i primi passi».
E le responsabilità sono condivise. Anche le altre istituzioni, la scuola in primis, così come le associazioni e tutto l’ambiente in cui i ragazzi si muovono, hanno un ruolo importante. Ma sicuramente tutto parte e deve partire dalle famiglie. Di Palma chiama ognuno a fare la sua parte perché se una ragazzina di 12 anni si toglie la vita con lo spettro del bullismo che aleggia su questa tragica scelta, tutti ne siamo responsabili.
«Sul tema del cyberbullismo cerchiamo di lavorare da molti punti di vista. È encomiabile il compito svolto dalla Polizia di Stato, che non solo opera dal punto di vista della polizia giudiziaria, ma promuove anche molte attività di prevenzione con incontri nelle scuole, con i ragazzi e con le associazioni giovanili. Anche noi, come magistratura, facciamo la nostra parte: partecipiamo agli incontri e affrontiamo questi problemi. Personalmente, non ho mai rifiutato un invito a parlare con i ragazzi, perché penso sia di fondamentale importanza. Combattere il cyberbullismo è una battaglia, perché oggi il mondo esterno propina messaggi e modelli che spesso e volentieri non sono quelli più adatti per i giovani».