Da 130 anni le radici in Aspromonte e il respiro in Europa: Corrado Alvaro e la scrittura come impegno civile
«Suonato è il giorno dell’armi ma l’immobile è il canto più bello; ma è sublime l’agnello che ha perduto memoria del ritorno. Ho detto la poesia prima, sommessa e leggera senza l’eguale danza sulla tastiera d’undici note; ho detta la canzone che il suo corpo ha celato dentro la tunica verde; che pure ha tanto aspettato i vent’anni pel suo sogno giocondo, d’avere un seno forte e smisurato per portare i suoi germi nel mondo».
Chiamato alle armi, Corrado Alvaro partecipò alla Grande guerra come ufficiale di fanteria rimanendo ferito in combattimento sul Carso nel 1916. Le lettere dal Fronte, la guerra, il ferimento, la convalescenza a Livorno e le “Poesie in grigioverde” che sgorgarono dalla sua penna subito dopo, forgiarono lo scrittore di San Luca che da giovanissimo aveva lasciato la Calabria pur essendoci rimasto. Uomo del Sud, legato al suo Aspromonte da un irriducibile richiamo, nella lontananza maturò la sua coscienza politica, aprendosi a nuovi orizzonti e arricchendo la sua dimensione meridionalistica di un profondo respiro europeo. Oggi, nel 135 ° anniversario della sua nascita, avvenuta il 15 aprile 1895 a San Luca nel cuore dell’Aspromonte a Reggio in Calabria, la guerra è tornata in Europa e la corsa al riarmo trionfa prepotentemente nell’agenda politica. Corrado Alvaro aveva poco più di 20 anni quando fu ferito in trincea. Un’esperienza che fu sufficiente per comprendere la ferocia della guerra che, tuttavia, non ha ancora evidentemente insegnato abbastanza.
Romanziere, poeta, giornalista, traduttore, saggista, drammaturgo, critico teatrale, autore di sceneggiature, soggetti e collaborazioni per il cinema. Un’identità poliedrica per lo scrittore che lasciò la terra natia dopo i primi studi, per diventare intellettuale di respiro europeo e cittadino del mondo, e che al contempo in Aspromonte rimase, avendo portato con sé il problema meridionale e quella frattura dell’Italia postrisorgimentale che accusava chiaramente in quanto giovane studente smarrito e consapevole di dovere recuperare ritardi e colmare lacune. Una terra aspra la sua Calabria, anche cuore pulsante di una tensione etica che attraversò ogni parola che offrì alla Letteratura, al Giornalismo e alla Cultura.
La Grande Guerra
La sua vita si dipanò poi tra Roma, Firenze, Modena e Perugia dove fu di stanza con il grado di sottotenente. Conosciuta la guerra non tardò ad arrivare la disillusione rispetto all’ardore liceale. Quel primo dopoguerra portò con sé una passione politica che nell’impegno giornalistico trovò la sua prima declinazione. Nel 1917 divenne redattore al Resto del Carlino. Si trasferì a Bologna (dove da un decennio un parco porta il suo nome), conseguendo lì la maturità classica presso il liceo Luigi Galvani. Poi fu la volta della redazione de Il Corriere della Sera a Milano dove nel 1920 si laureò in Lettere. Stabilitosi a Roma, fu chiamato nel 1922 da Giovanni Amendola a far parte della redazione del quotidiano Il Mondo, poi soppresso nel 1926. La morte prematura di Giovanni Amendola precedette il fallito attentato contro Mussolini a Bologna e la conseguente sospensione di tutti i giornali d’opposizione, non allineati con il regime, come da sempre era stato Il Mondo. Questo era lo scenario in cui Corrado Alvaro, militante antifascista, fu anche perseguitato. Lasciò per qualche tempo l’Italia, recandosi a Parigi e a Berlino.
La militanza civile e sociale
Non era stata solo la Grande guerra a finire ma anche la sua infanzia seppure l’eco del paese natale, delle sue origini non smise mai di risuonare rappresentando il cuore della sua poetica e la voce profonda della sua coscienza di scrittore. Con la scrittura, infatti, diede voce alla sua militanza civile e sociale e attraverso di essa maturò una responsabilità di intellettuale italiano ed europeo, il cui nucleo poetico ancorato e imbevuto delle sue origini avrebbe rappresentato la cifra del suo contributo alla cultura del Novecento.
Firmatario del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, dopo l’esilio a Berlino tra il 1928 e il 1929, qualche anno dopo ripartì per la Turchia e la Grecia. Nel 1930 pubblicò la raccolta di racconti Gente in Aspromonte e il romanzo Vent’anni (il secondo dopo L’uomo nel labirinto) dove il racconto autobiografico si intreccia con lo spirito antimilitarista maturato dopo aver conosciuto la guerra. Degna di nota fu anche la sua produzione teatrale, iniziata nel 1923 con Il Paese e la città e poi proseguita con altre opere, tra le quali dieci anni dopo, La lunga notte di Medea.
Il “ritratto dell’artista da giovane” dipinto con l’Età breve cedette presto il passo alla dimensione di maggiore maturità narrativa. Nel 1929 e nel 1930 pubblicò le raccolte di racconti L’Amata alla finestra, La Signora dell’isola e Misteri e avventure. A consacrarlo come scrittore anche all’estero furono la raccolta Gente in Aspromonte (premio La Stampa 1931) e il romanzo Vent’anni sempre nel 1930. Il racconto delle umili origini calabresi e della dura condizione della gente d’Aspromonte affidato ad Antonello, figlio primogenito del pastore Argirò, da un lato, e dall’altro il manifesto di un’umile Italia schiacciata dalla Grande guerra.
«I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell’infanzia», scrisse in Gente d’Aspromonte.
La militanza antifascista
Ma soffermiamoci ancora sull’attività giornalistica che spesso resta in ombra rispetto a quella letteraria e che egli condusse subito dopo la Grande Guerra e con fatica anche il regime fascista.
Fu inviato per La Stampa in Unione sovietica dove ambientò, nel 1938, il romanzo distopico L’uomo è forte, che di 10 anni precedette il celebre 1984 di George Orwell, e che fu premiato dall’Accademia d’Italia della Letteratura nel 1940. Era la vigilia del secondo conflitto mondiale, Alvaro si preparava al suo rientro nell’attività giornalistica. Con il crollo della dittatura nel ’43, si aprirono per un breve lasso di tempo le porte de il Popolo di Roma. Presto, però, fu costretto a sfuggire alla ricerca della polizia.
Poi il nuovo inizio segnato anche dalla rifondazione dell’informazione radiofonica e del servizio pubblico della Rai, allora Radio Audizioni Italiane, antesignana della Radiotelevisione Italiana che sarebbe nata nel 1954. Momento di rifondazione che iniziò con Corrado Alvaro primo direttore del giornale radio Rai (dal 1975 Giornale Radio Rai) per sole tre settimane nel marzo del 1945. Si dimise per le pressioni politiche che furono fin sa subito esercitate. Al giornalismo militante tornò solo per un’altra breve parentesi dal marzo al luglio del 1947 con la direzione quotidiano Risorgimento di Napoli. In un suo articolo pubblicato sul Corriere della Sera nel 1955 apparse per la prima volta la parola ‘ndrangheta, una presenza di cui le sue origini ebbero chiara contezza.
Nessuna tessera di partito, per Corrado Alvaro, spirito indipendente e finì con il sentirsi escluso dal giornalismo politico militante.
Il decennio successivo alla Liberazione è l’ultimo della vita di Alvaro che si spense a Roma l’11 giugno del 1956.
Il saggio Quasi una vita (premio Strega nel 1951) precedette l‘ultimo romanzo Belmoro (1957). Con Mastrangelina e Tutto è accaduto completò la trilogia Memorie del mondo sommerso mentre con Roma vestita di nuovo e Un treno nel Sud completò il ciclo Itinerario Italiano iniziato nel 1933.
«Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l’accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello», scriveva così in Quasi una vita, sottolineando la necessità straordinariamente attuale, oggi come nel secolo oscuro che ancora non ci siamo evidentemente lasciati alle spalle. Mise nero su bianco l’accusa che si rivolge a chi denuncia, amando di un amore non cieco ma lucido, responsabile e, se occorre, spietato. Ciò perchè «La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile». Mai rassegnarsi, mai arrendersi.
Alvaro ritrovato e ripensato
Nel 2014, l’antropologo e studioso di Corrado Alvaro, Vito Teti ha curato la pubblicazione della sua prima opera narrativa, fino ad allora inedita, data alla stampa con i caratteri di Donzelli e con il titolo “Un paese e altri scritti giovanili (1911 – 1916)”. Un ritrovamento miracoloso coccolato dalla fraterna amicizia tra Corrado Alvaro e il compagno di liceo Domenico Lico, nel cui fondo a Catanzaro fu rinvenuta questa prima prova narrativa di Alvaro “Un paese, Tentativo di romanzo”.
Vito Teti nella sua introduzione scrive: «La scoperta di un blocco di inediti di un grande scrittore ha sempre qualcosa di misterioso e di magico. Sembra non ubbidire tanto al caso quanto piuttosto ad un destino per certi versi non dissimile da quello delle opere pubblicate, che sfuggono alle intenzioni e alle aspettative del loro autore. In questo volume viene presentato per la prima volta un corpo di scritti giovanili di Corrado Alvaro: poesie, novelle e un dramma del periodo1911-1914, nonché il racconto del 1916, Un paese, descritto più tardi dallo stesso autore come una prima prova del suo romanzo più importante e più famoso: ‘Gente in Aspromonte’». Nel 2021 Vito Teti con Pasquale Tuscano, indaga tutta l’attualità dello scrittore nella pubblicazione Ripensare Alvaro.
Le giornate Avariane
In occasione del 130° anniversario dalla nascita di Corrado Alvaro, la Fondazione recentemente commissariata dalla prefettura e adesso affidata a Luciano Gerardis, l’associazione culturale Anassilaos e la Biblioteca comunale Pietro De Nava, in collaborazione con il Cis Calabria ed il comune di Reggio Calabria, promuovono le “Giornate Alvariane”. Appuntamento stamane, alle ore 9, presso la Biblioteca Comunale. Interverrà il professore Alberto Scerbo, ordinario dell’università Magna Grecia di Catanzaro. Gli studenti del liceo classico Tommaso Campanella di Reggio Calabria leggeranno alcuni brani dell’illustre Autore. Seguiranno la visita allo studio di Corrado Alvaro, donato dalla famiglia dello scrittore al Comune di Reggio e custodito presso una sala, a lui dedicata, della stessa biblioteca, e la deposizione una corona d’alloro al monumento alla memoria realizzato dallo scultore taurianovese Alessandro Monteleone nel 1965 in piazza Indipendenza.
L’anno alvariano
Appuntamento alle ore 10:30 anche a palazzo Campanella, nella sala Federica Monteleone, con la presentazione del romanzo “Alvaro. Più di una vita” (Castelvecchi, 2025) di Giusy Staropoli Calafati, con la prefazione del professore Aldo Maria Morace, tra i maggiori italianisti. Da programma, i saluti istituzionali saranno affidati al presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso e dell’assessora alla Cultura Caterina Capponi. Interverrano con l’autrice e il professore Aldo Maria Morace, Domenico Nunnari, giornalista e scrittore. Coordina l’incontro Francesco Mazza.
Alle ore 16:30 a San Luca, in piazza Dante, il Comitato 15 Aprile, costituitosi all’indomani dello scioglimento per irregolarità gestionali e vicinanza alle ‘ndrine, la fondazione Corrado Alvaro istituita nel 1997 per promuovere la conoscenza dello scrittore e della sua opera, invita la popolazione calabrese a ritrovarsi per un omaggio collettivo alla sua memoria.
Sulle sponde della Magna Grecia
Per celebrare l’eredità letteraria e immergersi nel mondo alvariano, di programma alle 19 sul canale youtube Sulle sponde della Magna Grecia, presenti gli autori dell’omonimo saggio Pierfranco Bruni, Micol Bruni, Marilena Cavallo e la curatrice Rosaria Scialpi.