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23/06/2024 ore 22.30
Cultura

I colori della Calabria secondo Anna Maria Ortese: «Dalle rocce rosse che ci dividono da Reggio fino al mare viola dello Stretto»

Visioni, suggestioni ed emozioni raccolte nel docufilm del regista locrese Matteo Scarfò, prodotto dal Centro studi Francesco Misiano con il sostegno di Calabria Film Commission. Quest'anno il centenario della nascita della scrittrice viaggiatrice del Novecento
di Anna Foti

«La Calabria è una regione bellissima e dolente, l’azzurro del mondo la bagna, la luce che dà le vertigini la avvolge». Giugno è il mese del centenario della nascita della scrittrice viaggiatrice di origini romane e non solo, Anna Maria Ortese (13 giugno 1924 Roma – 9 marzo 1998 Rapallo). Scomparsa all’età di 83 anni ha sua eredità è scandita da sapienti intrecci di parole, visioni e suggestioni nutritesi anche del mare e dei paesaggi di Calabria e in particolare del Reggino.

Il suo viaggio in Calabria negli anni ’40- ’50 è stato al centro del docufilm Anna Maria Ortese: Viaggio in Calabria”, diretto dal regista scrittore e sceneggiatore locrese Matteo Scarfò, sceneggiato da Giovanni Scarfò, direttore della Cineteca della Calabria e presidente del Centro studi, ricerche e promozione cinematografica Francesco Misiano che ha prodotto il docufilm con il sostegno di Calabria Film Commission.

La forza evocativa e narrativa dei luoghi di Calabria

Il docufilm è stato proiettato in diverse località della regione tra cui anche Reggio Calabria lo scorso aprile. L’occasione è stata quella del primo incontro del ciclo promosso nell’ambito della 36^ edizione del Premio Anassilaos nella cornice del Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, su impulso dell’associazione culturale Anassilaos e in collaborazione con il Marc.

Dal Tirreno fino allo Jonio e all’Aspromonte si spinse Anna Maria Ortese nel suo viaggio e nella sua originale narrazione dalle forti tinte emotive tra gli anni’40 agli anni ’50.  

«Questo mare di Calabria, così distante da Roma e da Milano, così diverso dallo specchio d’acqua del golfo di Napoli che raccoglie passioni esasperate»

Matteo Scarfò ha scelto di centrare il suo racconto per immagini e suggestioni esplorando in particolare il reggino, luogo di vacanze della scrittrice. Il borgo di Brancaleone vecchio, quello di Staiti, il Santuario Madonna dei Poveri a Seminara, la chiesa bizantino-normanna di Santa Maria dei Tridetti, la chiesa di San Vincenzo a Lazzaro, il laghetto di Rumia a Gambarie, le spiagge di Capo Spartivento, il belvedere di Sant’Elia e tantissimi scorci dello Stretto e del lungomare di Reggio. Un viaggio arrivato fino allo zio fattore delle tenute dei principi Sanfelice di Napoli.

«Scendere al Sud…»

«Scendere al Sud è per me la prospettiva di piombare in un tratto in quel paesaggio di remota e profonda bellezza dove i rumori sono dati dal vento o dal mormorio delle foglie, l’infrangersi della risacca sulle spiagge solitarie. Al Sud sono a casa», scrive Anna Maria Ortese.

Un racconto intenso e originale in cui a parlare sono i luoghi che alla scrittrice hanno parlato, evocando emozioni e suggestioni in cerca di immagini e parole di rimando e nuova ispirazione. «Strisce di agrumi rossi, gialle dei limoni e argentee di ulivi (…) da un orizzonte all’altro. Dalle rocce rosse che ci dividono da Reggio al mare viola dello Stretto».

«Questa natura ha una sua segreta tristezza e ci parla di un passato, di una partenza, di un altrove raggiante, di pace e del giorno in cui ne fummo allontanati. In fondo esiste una comune casa e comune padre». L’esplorazione della natura la avvicina al canto di Leopardi che si spinge oltre le cose: «La natura gli appare, nel suo aspetto usuale, inganno; il reale (di natura e uomo), distrutto. Cosi la natura dei pensieri, unicamente la natura interiore dei sentimenti si pone come reale».

La Calabria con i suoi segreti e la sua magia

«Immerso nelle sue pagine ostiche ma affascinanti, lottavo con esse. Spesso – scrive Matteo Scarfò nelle note di regia – non capivo e tornavo indietro ma non riuscivo a chiudere il libro. Sentivo una strana affinità. C’era una sorta di richiamo in quei ricordi e in quel linguaggio, a volte dolce e a volte sanguigno, sempre permeato di emozioni e anche di angelici dolori. Era come se una straniera molto familiare mi sussurrasse dei segreti. Pensavo fosse un privilegio.

C’era qualcosa di onirico nella sua scrittura anche se parlava di cose molto reali. Una sorta di realismo magico e misterioso che il cinema racconta sconfinando nella favola. Questo lavoro, infatti, non risponde ai canoni del documentario biografico.  Ho puntato sui luoghi della poetica della scrittrice, lasciandomi guidare dalla sua stranissima storia, dalle visioni, dagli animali parlanti, dal mare e dalle sensazioni che il racconto dei suoi viaggi mi ha destato. In fondo il cinema è questo: è immersione e stupore, è viaggio in altre dimensioni», così Matteo Scarfò nelle note di regia lette da Giovanni Scarfò.

Il respiro del mondo di leopardiana memoria 

Dunque proprio l’esperienza di attraversare la scrittura di Anna Maria Ortese è un’esperienza di libertà.

«La libertà è un respiro. Ma tutto il mondo respira, non solo l’uomo. Respirano le piante, gli animali. C’è ritmo (che è respiro) non solo per l’uomo. Le stagioni, il giorno, la notte sono il respiro. Le maree sono un respiro. Tutto respira, e tutto ha il diritto di respirare. Questo respiro è universale, è il rollio inavvertibile e misterioso della vita», scrive Anna Maria Ortese, vincitrice del premio Strega con il suo romanzo più noto “Poveri e semplici”, e del Premio Viareggio.

Il docufilm made in Calabria

Uno staff di calabresi per il docufilm: direttore della Fotografia Demetrio Caracciolo, la scenografa Antonella Postorino, il fonico Giuseppe Calabrò, il data manager Giuseppe Caracciolo, il macchinista Emiliano Chillico e la make-up artist Jessica Corrado. Stesso dicasi per il cast di attori: Francesca La Scala (Anna Maria Ortese/Francesca), Enzo De Liguoro (Zio), Cinzia Costa (Aurora Guerrera), Maria Pia Battaglia (Rosa Guerrera), Carmen Ferraro (Carmela Guerrera), Mariella Costa (Amica di Rosa).

Numerose le comparse, tra le quali anche gli studenti dell’università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio. Alcune scene sono state appunto girate presso questo luogo cosmopolita per eccellenza, sita in un antico ex convento con chiostro di cui docente di Storia del Cinema Italiano Paolo Minuto, distributore indipendente del Cineclub Internazionale di Reggio Calabria.

Le tristezze mediterranee e Corpo celeste

«Sono lieta, in mezzo alle mie tristezze mediterranee, di essere qui. E dirvi com’è bello pensare strutture di luce, e gettarle come reti aeree sulla terra, perché essa non sia più quel luogo buio e perduto che a molti appare, o quel luogo di schiavi che a molti si dimostra», scrive Anna Maria Ortese nel suo romanzo Il corpo Celeste in qualche modo già legato alla città di Reggio Calabria.

«Una delle prime vere emozioni visive del film, venne proprio dalla lettura di “Corpo Celeste” di Anna Maria Ortese, anche se la storia di Marta non ha direttamente nulla a che fare con il suo libro. Nelle prime pagine del libro l’Ortese descrive il meraviglioso spaesamento dello scoprirsi abitanti di un corpo sospeso nello spazio, del tutto simile come incanto a quelle luci lontane che si vedono in cielo.

Quelle parole all’improvviso mi sembrarono un segno e così comparve Marta: una creatura terrestre, un’adolescente che cammina attraverso una città sconosciuta, una ragazzina che deve cercare la sua via attraverso il mondo più che quella al di là del mondo. Da questa impressione è nata la storia di Marta come una piccola canzone». Così Alice Rohrwacher, Nastro d’argento 2011 come miglior regista esordiente per il film “Corpo Celeste”. Girato proprio a Reggio Calabria ebbe come interpreti Anita Caprioli,  Yile Yara Vianello, Salvatore Cantalupo e la reggina Pasqualina Scuncia.