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14/08/2025 ore 08.30
Cultura

La lastra di Griso Laboccetta e gli ex voto: al Museo i preziosi reperti dell'area sacra più importante dell'antica Rhegion - FOTO e VIDEO

Palazzo Piacentini sarà aperto anche domani e sarà tra le mete culturali per il "Ferragosto al museo" proposte dal MiC, che ha scelto proprio l'immagine dei Bronzi per promuovere la consueta iniziativa nazionale
di Anna Foti

Rinnova anche quest’anno la sua proposta ferragostana il ministero della Cultura. Musei, parchi archeologici e luoghi della cultura statali tra cui castelli, abbazie, complessi monumentali, ville e giardini resteranno aperti anche domani. Tra questi anche il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria visitabile dalle ore 09 alle ore 20, con le consuete modalità di ingresso.

Il MiC ha scelto i Bronzi di Riace nel mare da dove sono emersi proprio il 16 agosto del 1972, per l’immagine di promozionale dell’iniziativa ferragostana. I capolavori della statuaria bronzea del V secolo a.C., costituiscono la maggiore attrattiva del museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. Ma esso, tra i più rappresentativi del periodo della Magna Grecia e della Calabria antica, unitamente ai celebri guerrieri Bronzei, accoglie anche una ricca collezione di reperti provenienti da tutto il territorio calabrese, dalla Preistoria alla tarda Età Romana.

La lastra in terracotta

Dunque solo il tempio dei Bronzi di Riace. Il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, diretto da Fabrizio Sudano, è uno scrigno tutto da scoprire in cui la storia ultramillenaria della città si racconta attraverso preziosi reperti. Una delle pagine più significative di questa ricca storia è quella dedicata del santuario Griso Laboccetta, il più importante dell’antica Rhegion, come ci spiega l’archeologa del museo reggino Martina D’Onofrio.

«Il museo nazionale archeologico di Reggio Calabria naturalmente è famoso per essere la casa dei Bronzi Riace ma al suo interno ci tanti tesori, tra i quali reperti particolarmente identitari della città.

Tra questi figura la bellissima lastra dell’area sacra Griso Laboccetta, il più importante santuario della città. Si tratta di una lastra in terracotta che riproduce delle figure femminili impegnate in una danza, l’una accanto all’altra e con le mani sulle spalle dell’altra. Sicuramente il fregio proseguiva con altre figure femminili, anche se non sappiamo esattamente quante fossero. Il pregio di questa lastra risiede nella policromia che testimonia come un realtà il mondo antico fosse a colori. Non solo la policromia ma anche peculiarità di un oggetto stesso e della sua unicità nell’ambito del contesto dell’area sacra».

Gli ex voto

La preziosa lastra in terracotta, nell’allestimento della sezione Rhegion al piano terra del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, è circondata da una serie di altri pregevoli reperti, rinvenuti nella stessa antica area sacra, studiata già dalla seconda metà dell’Ottocento e al centro di un importante progetto di digitalizzazione finanziato con i fondi del Pnrr.

«L’area sacra ha restituito tracce di frequentazione nel periodo compreso tra l’epoca arcaica e quella ellenistica. Le vetrine ospitano, infatti, votivi in terracotta e in ceramica, soprattutto vasi, dunque gli oggetti che coloro che si recavano presso il santuario offrivano in voto alle divinità», ha concluso l’archeologa del museo reggino Martina D’Onofrio.

L’antica Rhegion

Rhegion, fondata dai Calcidesi, grazie alla sua posizione strategica, fu un nodo commerciale e un centro culturale tra Oriente e Occidente. Il museo, tra reperti archeologici e testimonianze materiali, racconta la storia della città fino all’epoca romana, conservando straordinari tesori e capolavori come il Kouros marmoreo e, appunto, la lastra in terracotta di Griso Laboccetta, forse una metopa dall’area sacra.

L’area sacra Griso Laboccetta

I primi ritrovamenti archeologici nell’area risalgono al 1845 con gli scavi del prefetto Betti. Nel 1883, tra le proprietà Taraschi o Barilla, a Est della odierna via Aschenez, A.M. De Lorenzo rinviene la prima stipe votiva. Ciò consente di stabilire la pertinenza dell’area ad un contesto sacro.
Negli anni successivi l’indagine viene estesa anche al poderi Mafrica, Colica e Griso-Laboccetta, a ovest della via Aschenez, dove vegono alla luce un gran numero di oggetti votivi in ceramica miniaturistica e coroplastica.

A circa 3 metri di profondità viene scoperto parte di un massiccio muro di recinzione ed un rilievo, databile all’ultimo quarto del VI secolo a.C.. Ecco come è stata trovata la celebre lastra raffigurante due fanciulle impegnate a danzare (o a fuggire). Essa ornava, con ogni probabilità, un edificio sacro, di cui emergono anche altri frammenti di decorazione architettonica (tegole, piatti di gronda, frammenti di cassetta policrumi ed antefisse a testa femminile). Dopo una lunga interruzione, gli scavi riprendono a cura di A. De Franciscis (1959-1960) che individua i resti di alcuni piccoli edifici, oltre ad una grande quantità di ex-voto frammentari, probabilmente riferibili ad altre stipi.

A seguito di un nuovo, lungo abbandono, che comporta il riseppellimento di quanto precedentemente portato in luce, l’intervento di scavo conclusivo, curato dalla Soprintendenza, ha luogo tra il 1985 e il 1991.

Sull’area di proprietà provinciale, tuttora libera, compresa tra le vie Torrione, Tripepi, 2 Settembre e Palamolla, è stato realizzato, a cura e spese dell’Amministrazione comunale, un intervento di valorizzazione per consentire la fruibilità.