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06/12/2025 ore 06.30
Economia e lavoro

Bergamotto di Reggio Calabria, le ragioni di Unionberg e produttori: «La DOP è la vera garanzia per l’area vocata»

Produttori, organizzazioni agricole e Consorzio di tutela si schierano contro l’IGP “Bergamotto di Reggio Calabria”, ritenuto incompatibile con la DOP e dannoso per la filiera locale. Al centro delle opposizioni: confusione sulla denominazione, parametri tecnici errati e il timore che frutti coltivati fuori dall’area vocata possano entrare nel mercato con il marchio reggino.

di Aldea Bellantonio

Un incontro convocato per «fare chiarezza, con un linguaggio semplice ma dicendo la verità». Così è stata presentata la riunione promossa dai produttori contrari al riconoscimento dell’IGP “Bergamotto di Reggio Calabria”, durante la quale sono state illustrate nel dettaglio le opposizioni depositate al Ministero dell’Agricoltura.

Le istanze, presentate dall’azienda agricola Fratelli Foti e in forma congiunta da Consorzio di tutela, Confagricoltura e Coldiretti, sono state giudicate ammissibili e passeranno ora alla fase di esame nel merito.

«La DOP è lo strumento più tutelante»: la posizione del Consorzio di tutela

A spiegare le ragioni del Consorzio di tutela del Bergamotto di Reggio Calabria è stato Giovanni Francesco Pizzi, che rappresenta una realtà alla quale aderiscono 54 produttori ed è anche responsabile commerciale di Unionberg, unica società consortile di produttori riconosciuta dalla Regione Calabria.

«Siamo qui per illustrare i motivi, tecnici e giuridici, che hanno determinato la nostra opposizione – ha spiegato –. Il nostro interesse legittimo è tutelare il bergamotto e i produttori che vivono di questo frutto. Riteniamo che la DOP sia la migliore forma di tutela perché assicura che tutte le fasi della filiera restino collegate al territorio. Nessun prodotto è più identitario del bergamotto per Reggio Calabria».

Pizzi ha ricordato come l’IGP nasca, in molti casi, per prodotti che non dispongono di materia prima sufficiente nel territorio di riferimento ee che necessitano di ampliare l’area produttiva. «Nel nostro caso è esattamente il contrario – ha sottolineato –: nell’area vocata stiamo raggiungendo livelli produttivi superiori alla richiesta del mercato».

Un punto centrale dell’opposizione riguarda la denominazione scelta per l’IGP. «La DOP dell’olio essenziale si chiama già “Bergamotto di Reggio Calabria” – ha evidenziato Pizzi – e le norme comunitarie vietano la coesistenza di denominazioni identiche o evocative. Qui siamo di fronte alla stessa espressione chiave per due prodotti diversi: il rischio di confusione è evidente».

Coldiretti: «Solo l’estensione della DOP crea vero valore sul territorio»

Intervenuta durante l’incontro, Federica Basile, presidente provinciale di Coldiretti Reggio Calabria, ha ribadito la linea dell’organizzazione: «Riteniamo che il frutto debba essere tutelato dal marchio DOP, estendendo l’attuale riconoscimento dell’essenza anche al prodotto fresco. È l’unico strumento capace di creare valore per il territorio e per i produttori».

Per Coldiretti, l’IGP rischia di certificare una sola fase della lavorazione svolta in loco, senza garantire ricadute occupazionali o economiche. «Non possiamo affidarci a una IGP che non assicura che l’intera filiera resti sul territorio – ha aggiunto Basile – mentre altri territori e perfino Paesi esteri stanno già impiantando bergamotteti».

Confagricoltura: «Non è una guerra tra sigle, ma la DOP resta la tutela più solida»

A nome di Confagricoltura Reggio Calabria è intervenuta Valeria Ileana Siciliano, presidente della sezione bergamotticola: «Non alimentiamo una contrapposizione ideologica tra IGP e DOP. Il nostro obiettivo è tutelare il frutto del bergamotto di Reggio Calabria. La DOP è il marchio più adatto e più tutelante per l’intera filiera».

Confagricoltura si dice fiduciosa sull’esito dell’opposizione: «La DOP risponde pienamente ai requisiti richiesti per garantire qualità, identità e provenienza del prodotto. È naturale proseguire il percorso già avviato estendendo la DOP al frutto fresco».

Marcello Foti: dalla storia recente del settore alle criticità del disciplinare IGP

Durante il suo intervento, l’imprenditore agricolo Foti ha ricordato i passaggi che, dal 2012 in poi, hanno rilanciato il comparto: il riconoscimento del bergamotto come prodotto agricolo, le ricerche sulle sue proprietà salutistiche e la crescita della domanda nazionale di frutto fresco.

Ha poi ricostruito un incontro del marzo 2023 al Ministero dell’Agricoltura con il dirigente tecnico dottor Marchi, che avrebbe definito legittima e percorribile la richiesta di estendere la DOP al frutto. «Quella stessa giornata – ha raccontato – è arrivata la PEC che autorizzava il Consorzio a presentare la modifica del disciplinare».

Secondo Foti, però, il quadro sarebbe cambiato quando il dossier è passato al sottosegretario e, a livello locale, si sarebbe formato «un fronte politico trasversale pro-IGP», cui avrebbero aderito anche la Città Metropolitana di Reggio Calabria.

Foti ha inoltre criticato duramente l’articolo 5 del disciplinare, in particolare i valori di acido citrico riportati nelle prime versioni: «A dicembre i nostri frutti non scendono sotto i 47–48 g/l. Con i parametri indicati, molti produttori dell’area vocata sarebbero stati esclusi dal mercato del fresco».

Mafrici: «L’IGP non tutela i produttori reggini. Rende il bergamotto replicabile ovunque»

A chiudere è stato l’avvocato Nino Mafrici, estensore del ricorso presentato dall’azienda Fratelli Foti. «Qui non si tratta di essere contrari per principio all’IGP – ha spiegato – ma di capire chi viene davvero tutelato. Noi difendiamo i produttori dell’area vocata, l’unica in cui il bergamotto possiede le caratteristiche che ne hanno fatto un frutto unico al mondo».

Secondo Mafrici, l’IGP: permetterebbe di lavorare a Reggio frutti coltivati altrove e commercializzarli come “bergamotto di Reggio Calabria”; aumenterebbe in modo incontrollato la disponibilità di prodotto, comprimendo i prezzi; creerebbe confusione nel mercato, indebolendo la reputazione del bergamotto locale.


«Se tutto diventa bergamotto di Reggio Calabria – ha avvertito – allora nulla è più davvero bergamotto di Reggio Calabria».

L’avvocato ha poi richiamato la normativa europea sulle denominazioni: «La DOP dell’olio essenziale porta già lo stesso nome richiesto per l’IGP. Le norme vietano denominazioni identiche o troppo simili per evitare confusioni e sfruttamento improprio del valore altrui. Qui la sovrapposizione è totale».

Tra le criticità agronomiche, Mafrici ha segnalato anche l’assenza dell’indicazione dei porta-innesti e la previsione di una densità di impianto fino a 833 piante per ettaro, valori tipici delle coltivazioni intensive e mai utilizzati nell’area reggina.

«L’IGP può forse essere utile all’industria di trasformazione – ha concluso – ma non tutela i produttori dell’area vocata. L’estensione della DOP al frutto è l’unica strada in grado di proteggere davvero il bergamotto di Reggio Calabria e chi vive di questo frutto».