A Sant’Ilario dello Ionio la mostra “Mare aperto” di Enzo Niutta trasforma il mare in un racconto culturale
La curatrice Marò d’Agostino guida un percorso artistico che intreccia pittura, installazioni e testimonianze sul tema del mare, rivelandone la forza simbolica tra radici, identità e drammatiche storie del presente
Sant’Ilario dello Ionio – «Azzurro di Calabria» / La potenza narrativa del mare nella mostra «Mare aperto» di Enzo Niutta, curata da Marò d’Agostino
«Quando mi hanno affidato la curatela della mostra artistica per la tappa di “Azzurro di Calabria” a Sant’Ilario dello Ionio, ho pensato alle opere di Enzo Niutta, a quanto siano la cifra espressiva di un artista autentico e, al contempo, siano rappresentazione e narrazione di ciò che il mare nostro è, senza retorica e infingimenti. Nelle opere di Niutta che abbiamo scelto, convergono gli aspetti romantici del pittore di paesaggio che fissa sulla superficie dipinta la bellezza di un mare unico – inequivocabilmente il suo – che egli vuole proteggere, salvare, onorare e, insieme, l’espressionismo di matrice politico-sociale composto in una sorta di teche da muro. Le teche sono come delle “Wunderkammer”, ma non vi si espongono meraviglie, anzi probabilmente, il loro opposto: l’ordinarietà di un frammento del tempo quotidiano con oggetti, utensili, foto, appunti, preghiere, ritagli di giornali, carte da gioco, medicine. Oggetti appartenuti a uomini o donne per cui il mare è vita oppure è stato morte. Il tema della migrazione, dell’attraversamento del mare e della sparizione dei corpi è cruciale nella poetica artistica di Enzo Niutta, lo tocca profondamente, nelle sue radici culturali e nella sua coscienza civile. Con l’arte sublima e salda questi aspetti – lo fa letteralmente, come un artigiano, costruendo queste sue installazioni – traducendole in opere testimoniali che ci permettono di toccare con mano frammenti della vita di persone che condividono il nostro mare drammaticamente ma per noi sono come fantasmi. “I fantasmi del mare” è proprio il titolo di una serie di opere tra quelle selezionate».
Così Marò d’Agostino, gallerista e storica dell’arte, artista a sua volta e curatrice della mostra «Mare aperto» di Enzo Niutta, descrive l’espressione creativa dell’artista di Caulonia. Nell’ambito del progetto itinerante da poco concluso, «Azzurro di Calabria», che ha visto coinvolti quindici comuni della Locride, capofila Portigliola, a Sant’Ilario dello Ionio l’evento ha avuto nell’esposizione d’arte una parte di grande impatto emozionale.
Enzo Niutta si è laureato in Architettura a Firenze, dove ha partecipato a diverse mostre sia collettive che personali, operando una rilettura del territorio alla luce delle avanguardie artistiche del Novecento, ispirate alle nuove forme della cultura di massa. Attratto dalla vita bohémienne, sempre a Firenze, è stato anche «madonnaro» e, in seguito, ha aderito al M.E.A.C. (Museo di Espressione Antagonista Contemporanea). Dopo altre esperienze formative fuori dalla Calabria, Niutta è rientrato a Caulonia dove trova spazio la sua espressione artistica più autentica, nella dimensione del contatto con la natura e con la memoria. Dipinti, sculture, installazioni, assemblaggi sorprendenti e inusuali sono la cifra distintiva di un artista che sente forte il legame con le radici e quindi con la terra e con il mare. Di recente ha pubblicato per Rubbettino editore il catalogo «S/dogando».
«Nella storia dell’arte mondiale il tema del mare è tra quelli che più o meno palesemente hanno trovato linfa: benché la rappresentazione del paesaggio, compreso quello marino, non abbia sempre goduto del successo avuto in periodo romantico, a ben vedere, essa ha attraversato ogni periodo storico e ogni latitudine e, comunque, nell’arte cosiddetta minore e nelle espressioni dell’arte (soprattutto quella pittorica) fuori dalle correnti e più vicine alle istanze emotive dell’individuo è stato un tema ricorrente – continua la curatrice, in un veloce excursus storico – Nella rappresentazione dei vari artisti il mare è ora specchio dell’inquietudine e del mistero umani, ora luogo di meditazione spirituale e silenzio ma altresì di tumultuose emozioni individuali; è la più diretta rappresentazione delle istanze di libertà personale e sociale.
Oggi con il supporto del sistema digitale e dell’AI, chiunque abbia una sana curiosità conoscitiva, potrebbe, per esempio, viaggiare dentro a una storia artistica fatta tutta di opere che si ispirano al mare, ovvero che lo rappresentino. Si troverebbe in una quantità incommensurabile di immagini e altrettante visioni differenti. Incontrerebbe, intanto, le opere entrate nell’immaginario comune di Turner e Friedrich, Monet, Gauguin, Munch o Gericault, Hokusai e Nakamura e, arretrando nel tempo, il capolavoro botticelliano della nascita di Venere e il corrispondente antico, presumibilmente locrese, del Trono Ludovisi o gli straordinari mosaici “marini” di Pompei. Passando per la visione meno famosa ma vivida, malgrado i circa venti secoli passati, del mosaico pavimentale del Drago in territorio di Kaulon, per restare in Calabria, o ancora di rappresentazioni decisamente più vicine nel tempo e nel linguaggio come i lavori fotografici del compianto Giacomelli o forse quelli di Arnold o di Puccinelli, tanto per fare qualche nome e iniziare un viaggio nel regno di Nettuno!».
Conclude Marò d’Agostino: «Alla mostra abbiamo voluto dare il titolo “Mare Aperto”, affabile e affatto ombroso, che simbolicamente accenni a un cambiamento nella visione dell’alterità e riporti il “nostrum” a essere, per il Mediterraneo e per lo Ionio, come nelle loro migliori prerogative, non già un aggettivo di possesso ma, viceversa, di scambio e condivisione. Nelle mie scelte curatoriali è determinante il luogo in cui si sviluppa la manifestazione artistica. La visione corrispondente a quanto detto assume un valore più diretto se esposta in uno spazio pubblico per antonomasia, il palazzo comunale. L’atrio del palazzo Vitale, edificato a fine Ottocento, ha ricevuto nuova luce dall’allestimento, è diventato uno spazio parlante; medium l’arte, un dialogo reale si è aperto coi visitatori; il luogo ha assunto, almeno per la durata della mostra, alcune significanze dell’operazione artistica. D’altra parte, le opere hanno trovato un baricentro semantico in una dimensione di esperienze e di storia e nella sua misura spaziale elegante, e ciò ne ha facilitato tutte le connessioni. Da qui, non di rado, viene la magia dell’inserimento dell’arte contemporanea in luoghi antichi o storici: come in questo caso, nella spazialità dinamica ma accurata e intima, definita tra gli androni di palazzo Vitale e palazzo Speziali Carbone e dell’adiacente Piazza Garibaldi».