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16/11/2025 ore 16.42
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La voce che spezza l’ultimo silenzio: il network LaC ed il giornalismo che si schiera accanto alle donne ferite dalla violenza

Dalla visione della Direttrice Editoriale Maria Grazia Falduto all’impegno del Presidente Domenico Maduli fino al manifesto di Paola Santelli: informazione, educazione e resistenza per definire un nuovo fronte culturale: rompere la vergogna, proteggere chi denuncia, cancellare ogni alibi sulla violenza

di Silvio Cacciatore

Il frastuono delle parole dette e taciute, delle lacrime sospese e dei corpi sopravvissuti alla violenza, continua a vibrare anche il giorno dopo. L’evento “Mai più sola”, al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, ha lasciato un segno profondo e una responsabilità che appartiene a tutti. Quella di trasformare ogni testimonianza in impegno stabile. In questo cammino, il Network LaC sceglie un ruolo preciso, senza esitazioni: esserci, amplificare, proteggere.

Lo ha ricordato con forza con il suo intervento la direttrice editoriale di Diemmecom Maria Grazia Falduto, spiegando che rompere la narrazione che umilia le donne significa assumersi un compito culturale prima ancora che giornalistico. La Falduto ha osservato che la violenza rinasce ogni volta che si trasforma il dolore in vergogna e che chi subisce un’aggressione teme ancora lo sguardo degli altri più del proprio carnefice. «Oggi la vera paura è la vergogna», ha avvertito, denunciando un linguaggio giovanile spesso feroce, segnato da insulti e discriminazioni che si insinuano già nelle prime relazioni affettive. Da madre ancor più che da professionista, la direttrice editoriale ha invocato un’educazione capace di radicare il rispetto, «perché i ragazzi non devono soltanto diventare i cervelli del domani, ma persone capaci di riconoscere l’umanità dell’altro».

Un impegno concreto testimoniato dalla presenza emozionata del presidente del Network LaC Domenico Maduli, che ha rivendicato il dovere dell’informazione di non arretrare. La comunicazione, ha spiegato l’editore, non è uno strumento neutro e non può restare spettatrice mentre il femminicidio continua a falciare vite. «Siamo piccoli rispetto al dolore che incontriamo - ha ammesso - eppure abbiamo il dovere di metterci la faccia». Il presidente Maduli ha chiarito che il Network LaC non vuole limitarsi a raccontare casi di cronaca, ma lavorare ogni giorno per abbattere gli stereotipi che feriscono, marginalizzano, zittiscono. Parlare diversi linguaggi, ha ricordato, significa raggiungere pubblici diversi e contaminare ogni spazio possibile con la cultura del rispetto.

Per questo LaC entra nelle scuole, nelle istituzioni, nelle case, nelle piazze mediatiche del Sud, per formare coscienze prima ancora che informare. Perché il femminicidio e la violenza di genere nascono spesso da un terreno inaridito, un suolo in cui l’educazione sentimentale non attecchisce. La risposta, per Domenico Maduli, deve essere resistenza: resistere alla rassegnazione, alla paura di denunciare, alla normalizzazione del possesso sulle donne.

Un trend da invertire grazie ad una visione politica e culturale più ampia. Lo sostiene con la forza che la contraddistingue Paola Santelli, anima dell’iniziativa e presidente dell’Associazione Jole Santelli, chiedendo di respingere ogni racconto che attenua la responsabilità degli aggressori con parole tossiche come “raptus” o “gelosia”, perché «la violenza è violenza» e rivela sempre desiderio di controllo e possesso. La presidente Santelli ha tracciato la rotta della rete che si sta costruendo: magistrati, forze dell’ordine, psicoterapeuti, associazioni, istituzioni, comunicazione. Un fronte unito che punta a generare un manifesto nazionale da presentare alla Commissione parlamentare sul femminicidio.

Nelle parole di Paola Santelli, della Direttrice Falduto e del Presidente Maduli, l’impegno a Reggio Calabria ha preso una forma chiara ed incontrovertibile. Quella di costruire un Paese in cui nessuna donna si senta giudicata o isolata. «Abbiamo necessità di una società che non tolleri più queste violenze», ha detto la Santelli, invocando un cambiamento culturale che non sia intermittente, ma quotidiano.

D’altronde, la violenza di genere non si combatte soltanto nelle aule dei tribunali. Va battuta nelle parole che scegliamo, nelle narrazioni che rifiutiamo, nei silenzi che spezziamo. Negli occhi e nelle parole dolci di un bambino, e quindi nello stare vicino alle scuole ed alle famiglie come luogo in cui seminare per un futuro prospero e rigoglioso. Una lotta in cui il Network LaC, senza mezze misure, vuole farsi scudo delle ingiustizie e guerriero, come i Bronzi di Riace, combattendo per un futuro più giusto.