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12/11/2025 ore 17.32
Politica

Consiglio regionale e giunta comunale, Falcomatà e il Partito democratico nuovamente ai ferri corti

Dopo la delusione maturata a Palazzo Campanella per essere rimasto senza ruoli, il sindaco ha pronti i decreti per gli ingressi in giunta di Tripodi e Curatola. Il Partito «questa volta» vuole determinarsi. E lunedì è atteso in Consiglio comunale

di Claudio Labate

«Qualcuno mi ha definito soldato semplice, è una definizione che mi piace molto perché dà l'idea dello spirito di servizio e dell'umiltà con cui bisogna approcciarsi a questo ruolo, sempre, ripeto, nell'idea che questa Regione, che i calabresi e in particolare la città metropolitana, debbano contare di più in Consiglio regionale, debbano contare di più nella Regione e per mantenere fede a quest'impegno, preso non in questa campagna elettorale, ma preso tanti e tanti anni fa con i cittadini, non è necessario avere dei ruoli, bisogna avere in sé l'idea di quel fuoco sacro, di quella passione politica, di quell'amore viscerale per il territorio e poi tutto il resto, ovvero l'impegno politico nella naturale conseguenza».

Così Giuseppe Falcomatà rispondeva un paio di ore prima dell’inizio del primo Consiglio regionale dell’Occhiuto bis, a chi gli chiedeva se fosse contento delle scelte (ormai note) che il Pd si accingeva a fare per l’individuazione dei consiglieri che andranno ad occupare la casella di vice nell’ufficio di presidenza, e a fare il capogruppo nell’aula Fortugno. Evidentemente il primo cittadino sperava in un ripensamento dell’ultimo minuto, o in un intervento salvifico di un qualche sponsor a livello romano, o forse stava solamente aspettando la conferma rispetto alle prossime mosse da compiere.

D’altra parte che i rapporti con il Partito democratico fossero ormai ai minimi termini lo si sapeva già da un pezzo. Almeno da quando – lamentano dall’entourage del primo cittadino - la sua candidatura alla presidenza della Regione non ha avuto quegli endorsement necessari che magari avrebbero permesso un altro epilogo. E poi ancora quando il Partito, a partire dal segretario regionale Nicola Irto, ha concentrato le sue attenzioni elettorali su altri e non sul sindaco della città metropolitana, considerando le rivendicazioni di Falcomatà alla stregua di capricci. Da qui l’accusa al partito di aver rinunciato alla mobilitazione preferendo un non tesserato seppur ex (Giuseppe Ranuccio), alla sua persona, e quindi di averlo favorito (i suoi agitano i risultati elettorali di alcune località della provincia) non solo alle urne, ma anche nella scelta dei ruoli da ricoprire all’interno dell’aula del Consiglio regionale. Per non parlare del presunto pressing del partito nei confronti di Ernesto Alecci affinché accettasse di fare da capogruppo. «Ci hanno messo tre settimane a convincerlo» dice qualcuno. «La verità è che Falcomatà era probabilmente quello più indicato per farlo, perché riconoscibile e riconosciuto – dice qualcuno - anche al di là dei suoi stessi meriti, dai calabresi e dagli elettori democrat». Il punto è che ora con queste decisioni assunte il Pd rischia di perdere la partita mediatica.

Insomma tanta carne al fuoco che in tanti sono indotti a ridurre al solito dualismo tra Nicola Irto e Giuseppe Falcomatà. L’uno per non far spiccare il volo ad un possibile antagonista a livello di leadership regionale, e l’altro percepito come un decisionista capriccioso che vorrebbe passare in qualche maniera vittima di scelte sbagliate da parte del partito.

Oggi pomeriggio Falcomatà è volato a Bologna dove fino al 14 novembre si terrà l’annuale assemblea nazionale dell’Anci. Poi, il 15 di rientro a Reggio è fissato il Consiglio comunale che nei primi due punti all’ordine del giorno prevede la discussione sull’incompatibilità con il nuovo ruolo di consigliere regionale e le comunicazioni del sindaco. La seduta slitterà di certo a lunedì, ma a quel punto Falcomatà avrà fatto le sue scelte rispetto all’annunciato rimpasto di giunta che già il suo partito gli contesta, come del resto fatto anche nelle occasioni precedenti. «Ha già fatto i decreti» fanno filtrare dagli ambienti del partito, che da parte sua rivendica un maggior coinvolgimento nelle scelte. Scelte che, ormai note, prevedono un avvicendamento tra Paolo Malara e Alex Tripodi, ex Articolo 1 già nella rosa dei nomi per la guida della segreteria provinciale dem; e poi l’ingresso di Annamaria Curatola, gravitante nel Pd, al posto di Anna Briante, notoriamente vicina a Sebi Romeo. E comunque resta ancora una casella libera per un altro nome di donna in giunta.

La situazione insomma è complicata. Da una parte, quella del partito, si contesta l’atteggiamento del sindaco, le cui azioni vengono catalogate alla stregua di una sorta di resa dei conti con vendette annesse e connesse (nel calderone ci finiscono anche le società miste i cui vertici sono stati praticamente azzerati) che nulla hanno a che vedere con la politica. Dall’altra si sostiene in primis che le scelte della giunta sono una prerogativa del sindaco e che il Partito democratico, numeri alla mano, è anche sovradimensionato rispetto al gruppo dei quattro consiglieri che presidiano l’aula Battaglia che è presieduta da un altro dem, Enzo Marra. Anzi, di più, potrebbe accadere che si rafforzi proprio il Pd alla fine di questa operazione, che prevederebbe, secondo i soliti ben informati anche il passaggio del vicesindaco Paolo Brunetti da Italia viva al Partito democratico.

Dal partito sembra ci sia la volontà a non soprassedere, ma la verità è anche che la partita è una partita doppia e Falcomatà ha iniziato a fare una vera e proprio battaglia già all’interno del gruppo regionale, e non solo dicendosi in disaccordo con la scelta di affidare il capogruppo ad Ernesto Alecci. Poi, in un contesto più politico di certo il neo consigliere regionale stabilirà anche rapporti romani nuovi.