Spopolamento, per l'Assessore Calabrese «I borghi possono ripartire: siamo terra di opportunità». Ma la crisi politica regionale rischia di frenare la rinascita
«La Calabria è un’opportunità». Non un alibi, non una consolazione. Un’affermazione che, nelle parole dell’assessore regionale Giovanni Calabrese, diventa linea d’azione. E anche uno strappo. Perché mentre il governo nazionale indica alcune aree interne come destinate a una fine lenta ma inevitabile, la Regione – prima del terremoto politico derivato dall’annuncio delle dimissioni del Governatore Occhiuto – aveva preso un’altra strada. «Dobbiamo ritrovare l’orgoglio di essere calabresi – dice Calabrese –, dobbiamo credere nella possibilità di restare». Non si tratta solo di invertire un trend demografico, ma di trasformare la Calabria in una scelta consapevole, non più una terra da cui fuggire, ma da vivere.
Per l’assessore Calabrese, la rinascita della Calabria passa dalla sua capacità di generare lavoro vero, legale, stabile. I dati sugli arrivi turistici sono in crescita anche fuori stagione, e per lui questo è già un segnale: «Da gennaio a maggio abbiamo registrato un incremento importante di presenze. La Calabria comincia a destagionalizzare ed a interessare i turisti anche nei mesi invernali».
Il turismo è la chiave per trattenere i giovani e rendere i borghi nuovamente abitabili. A condizione, però, che si lavori sulla qualità dei servizi, sull’accoglienza e sulla connessione tra territori. «Il lavoro esiste, ma il sommerso continua a generare sfiducia e fuga. Bisogna affrontarlo con coraggio, insieme». È un’idea di Calabria che rifiuta l’autoassoluzione quella portata avanti da Giovanni Calabrese. Di fronte al fenomeno dello spopolamento, non cerca scorciatoie retoriche né si rifugia in formule consolatorie. Parla piuttosto di un impegno costante, di azioni mirate e risorse programmate per invertire una tendenza che ha radici antiche.
«Oggi la Calabria è un’opportunità, anche per chi è andato via. Dobbiamo far capire che è possibile restare, crescere, costruire futuro qui». La strategia si gioca sul doppio binario della creazione di lavoro e della valorizzazione del territorio, con particolare attenzione ai borghi, che da contenitori svuotati possono tornare a essere contenuti vivi, pulsanti. L’incremento dei flussi turistici, già visibile in alcune zone, è la prima prova di un modello che funziona quando pubblico e privato fanno sistema. «Servono fiducia, orgoglio, partecipazione. Solo così possiamo affrontare un percorso che non è facile, ma è possibile».
Per trasformare i borghi in luoghi realmente attrattivi non basta un racconto seducente o una narrazione ben confezionata. Servono servizi concreti, infrastrutture, accoglienza di qualità. È su questo che l’assessore Calabrese insiste con maggiore determinazione: «Non abbiamo bisogno di grandi numeri, ma di turisti consapevoli, curiosi, rispettosi. Dobbiamo saperli accogliere con strutture all’altezza». E soprattutto «abbiamo bisogno di turisti, ma soprattutto di chi resta». In questa frase si condensa l’orizzonte politico e umano che l’assessore Calabrese delinea con fermezza. Ripopolare non significa solo attrarre visitatori o migliorare i numeri delle presenze, ma restituire centralità a una terra che troppo a lungo è stata raccontata come zavorra, come peso da gestire. In questa narrazione, la Calabria non accetta di essere zona grigia da accompagnare con pietà verso il silenzio. Vuole essere luogo di scelte, di lavoro, di ritorni.
Il lavoro capillare per valorizzare costa, montagna e borghi interni è il tassello di un disegno che ha l’ambizione di trasformare le condizioni strutturali, non di limitarsi a contenerne il tracollo. Un messaggio che oggi acquisisce una risonanza ancora più forte, alla luce delle annunciate dimissioni del Presidente Occhiuto, che verranno ufficializzate in questi giorni. Il processo di rigenerazione non si arresta, ma resta sospeso in un limbo politico-amministrativo che genera attesa, incertezza, rallentamenti. Molte delle azioni avviate, o che sarebbero potute partire a breve, restano ora congelate fino alle prossime elezioni regionali, previste in autunno. Un clima che, secondo molti amministratori locali, rischia di compromettere la rapidità d’intervento richiesta da territori che non possono più permettersi di aspettare.
Non sarà la Calabria dei dati statistici a decidere il destino dei suoi paesi, ma quella di chi li abita, di chi li governa, di chi ancora ci crede. Il resto – come i borghi – può attendere, ancora per poco. Ma non morire.