CA…LCI NOSTRI | Eh già, sembrava la fine del mondo ma siamo qua, a giocarcela fino alla fine
di Barney P– Per carità non montiamoci la testa proprio ora sul più bello, che un finale di campionato così aperto solo i più ottimisti tra noi potevano immaginarlo dopo la disfatta di due settimane fa. E invece. E invece siamo ancora qui, siamo ancora vivi, e a nove giornate dal termine qualcosa potrebbe essere cambiato. Soprattutto nella testa dei primi in classifica, caduti rovinosamente sul campaccio di Acireale e di colpo tornati a soli tre punti. Per carità, loro sono ancora al comando e noi non possiamo fare altro che continuare a vincere fino alla fine del campionato, ma dopo domenica la “corazzata” Siracusa è tornata (quasi) una squadra normale e non è detto che la pressione di averci alle calcagna non faccia loro brutti scherzi.
Il capitano era stato chiaro subito dopo la sconfitta in casa con gli aretusei: “qui non si molla niente”. E a sentire l’urlo che ha unito la Sud e la squadra a fine partita, quando la notizia della vittoria di Acireale rimbalzava su ogni telefonino presente al Granillo, c’è da crederci. A proposito di telefonini: non posso avere la controprova, ma secondo me, delle circa 2 mila persone collegate in diretta con la partita del Tupparello, almeno la metà aveva il cuore amaranto. Quanti di loro gufassero, non è dato saperlo ma poco importa. Anzi, se qualcuno intendesse organizzare gruppi di “sicce” in occasione delle prossime partite, me lo faccia sapere che, almeno nel calcio, tifare contro non è peccato.
Vinciamo larghi anche senza brillare particolarmente. Mi sembra un buon segno, considerato che qualche mese fa probabilmente una partita del genere non l’avremmo mai vinta. Un po’ scollati e forse meno spumeggianti del recente passato, ne facciamo tre al malcapitato Enna che a dire la verità la sua partita l’ha giocata bene anche se di pericoli veri per noi se ne visti pochi, soprattutto dopo il vantaggio. Di ottimo, oltre al risultato, ci teniamo stretti il primo gol in campionato di Momo Laaribi (sempre più indispensabile da quando Trocini lo ha tolto dalla naftalina in cui lo aveva costretto Pergolizzi) e la decima marcatura dell’argentino che raggiunge (con altre 9 partite da giocare) quella doppia cifra che secondo i soliti cantori del “non c’è nenti” non avrebbe mai potuto raggiungere.
Dall’altra parte dello Stretto le cose sembrano precipitare e a Messina rischiano seriamente di finire ancora a gambe per aria. Avrebbe dovuto salvarli una società mai sentita ma ritenuta (dai soliti noti) solida che, almeno a chiacchiere, avrebbe dovuto risollevare le sorti del calcio “buddace”. Finora non è andata benissimo, anzi. Qualcuno segnali la cosa a quelli che, spaccando l’ambiente e fregandosene della Reggina, hanno passato gli ultimi due anni a invocare l’intervento di Bandecchi (22 milioni di euro sotto sequestro), di Ferrero (che a Genova sponda Samp ancora lo cercano) o di Mazinga (che anche se non esiste non importa e magari ha anche la tessera di partito “giusta”).