Reggina, il tifo è un pò l'arte della restanza alimentata da una fede incrollabile: la stagione infinita del popolo amaranto
In un Sud spesso dimenticato, il tifo per la Reggina diventa atto di resistenza, identità collettiva e orgoglio popolare. Una stagione fatta di trasferte epiche, cori commoventi e una curva che non ha mai smesso di crederci. Perché tifare Reggina è molto più che seguire una squadra: è restare, credere, sperare. Sempre.
Ci sono momenti in cui ti chiedi davvero perché. Perché spendere tempo, denaro, energie. Perché macinare chilometri, spesso al freddo, sotto la pioggia o con la neve. Perché farlo ogni settimana, anche quando sembra che il calcio abbia poco da darti. Ma poi ti guardi intorno, e trovi la risposta.
Tifare Reggina non è mai stato solo una questione sportiva. È un fatto di restanza, come direbbe chi studia il Sud. È appartenenza a un territorio che ha bisogno di simboli forti, di ideali che resistano anche quando tutto intorno vacilla. La Reggina è questo: una squadra che diventa bandiera, popolo, radice.
Il tifo amaranto, quest’anno, ha attraversato un campionato lungo, faticoso, incerto. Eppure mai povero di senso. Da Scafati con quel viaggio sotto la neve a Siracusa con la voce spezzata, fino alle lunghe trasferte di Agrigento e Licata, il popolo amaranto c’è sempre stato. Senza se e senza ma. Senza gloria, ma con onore. E se esiste un momento che riassume tutto, forse è quel coro finale a Siracusa, quando la curva, nonostante la sconfitta, ha cantato unita, a squarciagola, per onorare la maglia. O forse è quel viaggio di ritorno da Vibo Valentia, dove tifosi e mister Trocini si sono ritrovati in uno scambio umano, sincero, profondo. Perché anche lì, anche in quel confronto, c’era tutto il senso di questa passione.
Il bilancio della stagione, per chi ama la Reggina, non si fa solo con la classifica. Si fa con i ricordi, con la pelle d’oca. Si fa con nomi come Barillà, Ragusa e Adejo, Laaribi, ma anche con quelli che hanno dato tutto per questa maglia, giovani o veterani che siano.
E si fa, soprattutto, con la consapevolezza che questo tifo è un ideale. È il riflesso di una terra complicata e meravigliosa, fragile e irriducibile. Un Sud che non si arrende. Che ci crede. Che canta, anche quando perde.
Non si sa ancora se ci sarà la Serie C. Non si conosce il futuro. Ma una cosa è certa: questa stagione ha dato senso a ogni chilometro, a ogni coro, a ogni sacrificio.