CHIEDIMI AIUTO | La forza della fragilità: perché è importante che i figli vedano che il dolore esiste
Di Gabriella Vigoroso – Nel contesto familiare, specialmente quando si affronta il dolore, molti genitori sentono l’impulso di indossare una maschera di forza incrollabile. Ed è questo che è successo alla madre che ci ha chiesto aiuto e alla quale abbiamo risposto accogliendo un grido di dolore rivolto soprattutto alla figlia adolescente. L’abbiamo accolta e ascoltato e da qui è partita una relazione d’aiuto che, già dai primi incontri, ha dato i suoi frutti.
Si pensa, spesso in buona fede, che proteggere i figli dal dolore significhi anche proteggerli dalla vista della sofferenza dei propri genitori. Ma è davvero così? Mostrarsi invulnerabili è davvero ciò di cui hanno bisogno i bambini per crescere forti? Viviamo in una cultura che premia la resilienza e la forza, spesso interpretata come assenza di debolezza, di lacrime, di esitazioni. Questo mito della forza rischia però di generare un messaggio distorto: che il dolore sia qualcosa da nascondere, da vivere in solitudine, quasi fosse un errore o una colpa. Nel contesto familiare, questo può diventare pericoloso. I bambini, soprattutto, osservano e assorbono tutto: non solo ciò che viene detto, ma soprattutto ciò che viene taciuto. Se un genitore finge di stare bene durante un lutto, il figlio percepisce comunque che qualcosa non va, ma non riesce a dare un nome o un senso a quel vuoto. E questo, paradossalmente, può farlo sentire più solo, più confuso. Mostrare il proprio dolore ai figli – in maniera autentica ma calibrata alla loro età – è un atto di grande responsabilità educativa. Significa insegnare che il dolore fa parte della vita, che perdere una persona cara è difficile, e che non è necessario nascondere le lacrime per essere adulti. I bambini traggono sicurezza non dalla perfezione emotiva dei genitori, ma dalla loro autenticità. Vedere un padre o una madre che piange, che si prende un momento per respirare, che ammette la fatica, li aiuta a normalizzare le proprie emozioni e a capire che provare dolore non significa essere deboli, ma semplicemente umani.
Quando un genitore condivide con i figli – in modo adeguato – la propria vulnerabilità, apre un canale di comunicazione profonda. I figli imparano così a fidarsi delle proprie emozioni, a esprimerle, e soprattutto a non averne paura. In questo modo si costruisce empatia: si insegna che il dolore può essere accolto, condiviso, attraversato insieme. Essere un punto di riferimento per i figli non significa negare le proprie emozioni, ma saperle gestire con consapevolezza. Mostrare che si può piangere e allo stesso tempo continuare a vivere, a prendersi cura, a trovare nuove forme di equilibrio, è una delle lezioni più preziose che un genitore possa trasmettere. In definitiva, i figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori veri. E nella verità c’è anche la sofferenza, il lutto, la fragilità. Mostrare tutto questo con onestà, amore e misura è un dono educativo che durerà tutta la vita.
Ed è così che mostrandosi autentica e fragile questa madre ha ritrovato sua figlia.