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12/05/2025 ore 18.30
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CHIEDIMI AIUTO | Ragazze in vendita per una ricarica, allarme educativo che chiama in causa famiglie, scuola e società: ecco cosa fare secondo l'esperto

Dietro lo scambio di immagini intime per pochi euro o ricariche telefoniche, si nasconde il disagio profondo di adolescenti in cerca di riconoscimento e affetto. Non è solo una questione di trasgressione, ma un allarme educativo che chiama in causa famiglie, scuola e società. Serve ascolto, empatia e un intervento strutturato per restituire valore e consapevolezza
di Redazione

Di Antonella VotanoUna situazione in cui ragazze si vendono in cambio di ricariche telefoniche o scambiano immagini intime per somme di denaro, talvolta irrisorie, è estremamente delicata e complessa, e richiede un intervento pedagogico attento, empatico e strutturato. Quando si scopre che delle ragazze si “vendono” – anche solo simbolicamente – in cambio di ricariche telefoniche, ci si trova di fronte a un segnale allarmante che va ben oltre l’atto in sé. Non si tratta semplicemente di comportamenti trasgressivi o provocatori: dietro queste scelte, spesso si nascondono bisogni profondi, fragilità affettive, mancanze educative e una crescente pressione sociale che spinge le giovani a percepire il proprio valore in termini di consenso esterno e visibilità digitale.

In un contesto pedagogico, il primo passo fondamentale è sospendere ogni giudizio. Serve guardare queste ragazze non con lo sguardo moralistico dell’adulto che condanna, ma con quello dell’educatore che cerca di comprendere. Perché una giovane arriva a percepire il proprio corpo come moneta di scambio per qualcosa di così banale come una ricarica telefonica? La risposta, purtroppo, non è unica né semplice: può trattarsi di una forma di bisogno economico, ma più frequentemente è una richiesta d’attenzione, una forma distorta di ricerca di approvazione, o ancora una manifestazione dell’influenza che i social media e la cultura del consumo esercitano sull’identità giovanile.

L’educazione, in questo caso, deve passare per una relazione autentica. Serve creare spazi sicuri dove le ragazze possano parlare, raccontarsi, esplorare ciò che sentono. È solo attraverso un dialogo sincero, affettivo e non giudicante che l’educatore può iniziare a restituire senso e dignità alle loro scelte, mostrando alternative possibili. L’obiettivo non è “correggere il comportamento”, ma accompagnarle verso una maggiore consapevolezza di sé, dei propri bisogni e del proprio valore.

Parallelamente, è necessario lavorare sull’autostima. Molte adolescenti crescono senza ricevere veri riconoscimenti, e finiscono per cercare conferme nel modo più rapido e disponibile: l’approvazione esterna, spesso sessualizzata. Un’educazione affettiva ben costruita non si limita a parlare di sesso, ma affronta il tema del rispetto, del desiderio, del consenso, della libertà, e soprattutto del diritto di non svendersi per essere viste.

Infine, non si può ignorare l’aspetto sociale e culturale. Viviamo in un’epoca in cui la mercificazione del corpo femminile è ovunque: nella pubblicità, nei video musicali, nei modelli proposti dagli influencer. Le ragazze non fanno altro che ripetere ciò che vedono, adattandolo al loro microcosmo. Per questo l’intervento educativo deve anche essere culturale: serve dare loro strumenti critici per decodificare ciò che le circonda, aiutarle a distinguere tra ciò che vogliono veramente e ciò che è stato loro indotto a desiderare.
L’educatore, in tutto questo, non è un giudice né un salvatore: è una guida, una presenza costante e credibile che, con pazienza e rispetto, prova a riaccendere nelle ragazze la consapevolezza del proprio valore, ben al di là di una ricarica telefonica.