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16/09/2025 ore 16.39
L'editoriale

Forza, lacrime, gioia: Reggio si faccia comunità e sostenga la Vara con i suoi Portatori

Si chiudono oggi i festeggiamenti in onore di Maria Madre della Consolazione. Ogni anno una lezione di vita
di Claudio Labate

Non so voi, ma io al cospetto di Maria Madre della Consolazione non riesco a controllarmi. Ovunque io sia, qualunque cosa stia facendo, solo incrociando lo sguardo protettivo e consolatorio che viene proiettato da quel quadro, gli occhi mi si riempiono, sale il nodo in gola, e quel formicolio che pervade il corpo. Tutte sensazioni che diventano il lasciapassare di ricordi di una vita, di mio padre che mi mette sulle spalle sotto i portici del Duomo, di mia madre che pur di essere presente alla sua ultima processione accetta un mio passaggio in vespone, i miei fratelli, la tavola imbandita e il pellegrinaggio tra Eremo e Duomo con la mia famiglia, prima durante e dopo. Quando questo non succede è un peso che sento dentro il cuore.

Una premessa d’obbligo, perché la Madonna della Consolazione non è solo fede, è famiglia, tradizione, è un abbraccio intimo con la città che provi a servire da qualsiasi posizione tu riesca a farlo. Lei è lì che ci guarda, senza dire nulla, senza giudicare, senza classificare, ma è lì per dirci che Lei c’è sempre e comunque e che basta andare a trovarla. Un insegnamento di vita anche per i più laici amanti della quattro giorni patronale.

Quest’anno la festa in suo onore ha un sapore particolare per via di tutto quello che è accaduto. Penso alla volata interrotta, penso alle lacrime del primo cittadino, penso al vescovo che si fa piccolo per lasciare l’altare al Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e Gran Priore dell’Ordine Costantiniano, a Reggio Calabria in occasione della festa patronale, in rappresentanza del Santo Padre.

In tutto questo penso sia raffigurata la fragilità umana, l’umiltà, e la devozione di un intero popolo che blocca le lancette del tempo in una città che chiede sempre più tempo.

Credo anche che le parole proferite oggi dal sindaco, possano essere fatte proprie da ogni reggino: tra le nostre famiglie, la città e Maria c’è un legame indissolubile che si tramanda di generazione in generazione come qualcosa che non ha bisogno di essere spiegata o raccontata, perché in fondo ognuno di noi lo tiene segretamente nel proprio cuore. Ed è lì che deve stare, per poi essere “usato” a vantaggio della città. Mons. Morrone ha giustamente chiesto di non rimanere alla finestra di questa bellissima città, ma di partecipare, come succede in onore della Patrona.

Poi ci sono loro, i Portatori della Vara. Lo scrivo in maiuscolo, non perché essendo un’associazione le regole del mestiere me lo impongono, ma perché ho grande rispetto per la fatica che sopportano e la devozione che trasmettono. Quando ho cominciato a interessarmi al passato della mia città, con ricerche e letture – a proposito, questa festa ha riportato alla casa del padre lo storico Franco Arillotta, uscito di scena in una cornice che sicuramente gli avrebbe fatto piacere – uno dei sogni cullato insieme ad amici storici, è sempre stato quello di entrare a far parte di questa squadra eterogenea che nel corso degli anni è cresciuta in presenza, organizzazione e peso specifico.

Non ho forse mai avuto il coraggio di provarci seriamente e quindi non ne faccio parte. Su di loro – organizzati grazie ad una intuizione di Don Italo Calabrò, all’epoca assistente spirituale dei Portatori – se ne sono dette tante nel corso degli anni. Spesso sono stati giudicati. Come se noi potessimo giudicare ciò che Maria accoglie. Ma questo è un altro discorso.

Loro rappresentano la città nella loro eterogeneità, non saranno tutti stinchi di santo, ma chi lo è? La processione in cui Loro sono i protagonisti insieme alla Vara e al Quadro, non è altro che la rappresentazione di una Reggio che porta il peso dei suoi problemi, dei suoi dolori, delle scelte personali di ognuno. Ma quel peso lo portano Loro per noi, in una processione lunga e difficoltosa. Lì sotto, sotto la Vara, li vedi compatti uno dopo l’altro con la mano appoggiata al Portatore davanti. L’uno a fare forza all’altro. Formano la comunità, quella che Reggio spesso non riesce a fare emergere, se non appunto al cospetto della sua Avvocata.

Le polemiche che hanno accompagnato questi giorni, per la caduta di alcuni di Loro che ha fatto inclinare la Vara sono assolutamente ingenerose. Non staremo qui a fare la moviola. Non serve. Chi c’era ha visto. Ha visto che nessuno ha lasciato cadere la Sacra Effigie. Ha visto che quando si è inclinata, chi stava lì sotto si è sobbarcato tutto il peso abnorme della struttura e non senza fatica l’ha rimessa in piedi.

Ecco quella è la nostra città. Si piega, ma non si scoraggia. Vacilla ma si rimette in piedi. Per la Vara ci pensano e ci penseranno – ora e sempre – i Portatori, per la città ci dobbiamo pensare noi.
Reggio deve farsi comunità e stare dalla parte dei Portatori. Li deve sostenere, applaudire e incoraggiare.

Sarebbe bello oggi, durante la passeggiata della nostra amata Maria se i reggini tributassero un omaggio a queste persone, perché loro – lo ripeto – si sobbarcano il peso per tutti noi che mandiamo baci e lanciamo fiori al passaggio della Vara. Il resto, è noia.

[…] Con gioia e con desìo, Reggio ti pensa e t’ama; Regina sua ti chiama ed avvocata ognor. Consolatrice nostra, il viso tuo ci mostra: sorridici qual stella, Madonna santa e bella!