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25/07/2025 ore 16.00
L'editoriale

Sunsetland della discordia, il dj set che ad una settimana dal via non decolla tra critiche e aspettative

Il format musicale al tramonto promosso dal Comune divide l’opinione pubblica tra chi lo considera un flop e chi lo difende come scommessa a lungo termine. Intanto l'assessore Romeo prova ad offrire un'altra chiave di lettura: «Non servono i numeri, ma un’idea strutturata»
di Aldea Bellantonio

Una settimana è troppo poco per decretare il successo – o il fallimento – di un progetto pensato per durare sessanta giorni. Ma forse è il tempo giusto per farsi qualche domanda. Sunsetland, il format musicale che accompagna il tramonto reggino con DJ set quotidiani all’Arena dello Stretto, è partito il 18 luglio e andrà avanti fino al 20 settembre.

Eppure, già ora, non mancano le critiche: una parte dell’opinione pubblica parla infatti di flop annunciato. Poche presenze, orario inadatto (le 19:00, con ancora il sole alto e temperature elevate), comunicazione insufficiente, contenuti ripetitivi. Si insinua il sospetto che l’evento, in una stagione affollata di iniziative, sia nato più per riempire il calendario che per rispondere a una reale esigenza turistica o culturale.

Lo si nota anche tra i giovani, proprio il target su cui punta il progetto: in tanti, a una settimana dall’avvio, ancora non sanno cosa sia Sunsetland. L’impressione è che la comunicazione non sia riuscita a parlare con chiarezza e prossimità, né a intercettare quel tessuto di realtà locali – associazioni, collettivi culturali, gruppi universitari – che avrebbero potuto diffondere il format e aiutarlo a entrare nella vita della città.

Eppure, l’idea di fondo c’è. E non è banale. Lo spiega l’assessore Carmelo Romeo, che ha seguito in prima persona la nascita del progetto: «Se avessimo voluto i numeri, avremmo organizzato tre concerti gratuiti in piazza. Sunsetland nasce da uno studio approfondito sulla destinazione turistica Reggio Calabria. L’obiettivo non è l’intrattenimento in sé, ma creare un racconto che valorizzi il tramonto, una delle risorse più sottovalutate della nostra città».

Il format, infatti, si inserisce nel più ampio progetto Reggio Destinazione, elaborato insieme a una società internazionale che ha curato eventi come Rio 2016 e Milano-Cortina 2026. Il tramonto come leva di attrazione turistica, come simbolo visivo e narrativo da esportare. Un’idea suggestiva, che però – per trasformarsi in esperienza concreta – ha bisogno di radicarsi nel contesto.

E qui qualcosa, finora, sembra essere mancato. Anche i lidi e i chioschi a due passi dall’Arena, pur restando aperti negli orari del format, non sono stati messi nelle condizioni di creare vere sinergie. Una piccola alleanza tra palco e lungomare, tra DJ set e servizi locali, avrebbe forse contribuito a costruire un clima più vivo, più integrato, più spontaneo. Invece, ognuno continua a fare da sé.

C’è poi un altro tema: la formula musicale. Sessanta giorni di DJ set possono funzionare se costruiti su una narrazione sonora varia, dinamica, coinvolgente. Ma molti segnalano una certa monotonia: troppi beat elettronici, poche contaminazioni. Qualcuno avrebbe preferito una colonna sonora più soft, in armonia con il tramonto, più da ascolto che da club. Anche in questo, un’apertura al territorio – coinvolgendo musicisti locali, proposte acustiche, artisti emergenti – avrebbe arricchito la proposta.

Sunsetland ha ancora cinquanta giorni per crescere e aggiustare il tiro. Il tempo per sbocciare non manca. Ma serve ascolto. Serve rendere il format più accessibile, riconoscibile, partecipato. E serve, soprattutto, evitare che la città, ancora una volta, si divida tra chi critica a prescindere e chi difende a oltranza. Perché se è vero che Reggio ha bisogno di idee, ha anche bisogno di pazienza, visione e dialogo. Il tramonto non basta, bisogna saperlo raccontare.