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22/09/2025 ore 13.00
Società

22 settembre 1922 e la resistenza dei braccianti affogata nel sangue: ecco "I fatti di Casignana" riportati alla luce da Mario La Cava

Un massacro insabbiato dalla Grande Storia e che la Letteratura di impegno Civile ha restituito alla memoria collettiva. Lo scrittore di Bovalino pubblicò l'opera nel 1974 con Einaudi. Nel 2019 la ristampa di Rubbettino.
di Anna Foti

Nel Sud abitato da feudatari ancora arroganti e da una plebe ridotta allo stremo, da latifondisti prepotenti e braccianti annichiliti, da proprietari terrieri prevaricatori e contadini sfruttati. Là dove giovani sopravvissuti alla Prima e sanguinosa Guerra Mondiale erano tornati trovano il nulla da dove erano stati prelevato. Nel Sud delle famiglie segnate da lutti e mancanza di lavoro e futuro, della miseria e dello sfruttamento che popolavano le campagne unitamente alla fatica e al sudore privi di qualunque prospettiva.

In questo Sud, in questa Calabria irruppe il sentimento di giustizia denegata e di ribellione verso un potere che aveva tradito ogni aspettativa post bellica, ogni speranza legittima del popolo. Qui visse Mario La Cava, intellettuale arguto e scrittore prolifero del Novecento originario di Bovalino nel reggino (1908-1988). La sua penna fu capace di scavare dentro la storia, scolpendo nei suoi libri pagine altrimenti dimenticate. Tra queste quelle de “I Fatti di Casignana” del tragico 22 settembre 1922.

Il contesto storico

Il 28 ottobre 1922 avrebbe sancito l’ascesa al potere del partito Nazionale Fascista guidato da Benito Mussolini nel regno d’Italia. Poche settimane prima della marcia (armata) su Roma, a Casignana, comune confinante con la Bovalino di Mario La Cava, si consumò un massacro insabbiato dalla Grande Storia e che la Letteratura di impegno Civile ha restituito alla memoria collettiva.

Il diritto alla terra negato

Luigi Nicita, affittuario della Foresta Callistro feudo dei principi Carafa di Roccella, in forza del decreto Visocchi avrebbe dovuto rendere la terra ai contadini organizzati per coltivarla. Non lo fece e con la complicità del corpo di polizia, dei carabinieri e dei fascisti, fece sedare nel sangue la resistenza dei braccianti.

I lavoratori della terra avevano occupato pacificamente le terre ancora trattenute in una condizione di feudo, in barba ad ogni legge. Furono sparati oltre cento colpi di arma da fuoco. Affogate nel sangue quelle rivendicazioni legittime e sostenute dai borghesi illuminati come il medico Filippo Zanco e il brigadiere Colombo, dal sindaco di Casignana Francesco Ceravolo (rimasto ferito). Dalla loro parte anche il vicesindaco Pasquale Micchia, tra le vittime degli spari con i contadini Girolamo Panetta e Rosario Conturno. Ad osteggiare questi fermenti di libertà dalla misera e dal gioco della sottomissione sociale, la tracotanza di don Luigi Nicita e i latifondisti abbarbicati alle terre. Posizione che garantiva loro potere. Tre morti, sei gravi feriti e diverse decine di feriti. Una strage che si consumò nel silenzio di un regime già forte e dittatoriale.

La legge Visocchi, l’arroganza dei latifondisti e la resistenza dei contadini

Da tre anni era in vigore la legge Visocchi (regio decreto legge 2 settembre 1919, numero 1633) emanato dal governo presieduto da Francesco Saverio Nitti, su proposta del ministro dell’agricoltura Achille Visocchi. Esso era finalizzato all’incremento della produzione agraria attraverso l’attribuzione ai prefetti della facoltà di assegnare in occupazione temporanea terreni incolti o mal coltivati a contadini organizzati in associazioni o enti agrari legalmente costituiti. Il decreto prevedeva anche un’estensione a tempo indeterminato della concessione per i terreni con obbligo di bonifica o che richiedessero cambiamenti di coltivazioni.

In base al decreto Visocchi, i contadini di Casignana avrebbero dovuto ricevere la Foresta Callistro, feudo dei principi Carafa di Roccella, data in custodia a Luigi Nicita. Ma qualcuno non fu d’accordo e osteggiò, con violenza e con la complicità del potere, le legittime rivendicazioni dei braccianti.

Il racconto del massacro

«Spararono, atterriti dai loro stessi spari, e del popolo che contrastava molti caddero, altri fuggirono inseguiti dalle pallottole. Qua e là dai punti nascosti, qualche pietra veniva ancora lasciata e cadeva in mezzo ai carabinieri meravigliati di essere rimasti incolumi da quella che a loro pareva essere stata una grande battaglia. Il vicecommissario cavalier Bossi si era abbassato tra le gambe dei suoi carabinieri e si era salvato meglio di tutti. Si alzò, finita l’azione, e ordinò ai suoi uomini di raccogliere morti (tre) e feriti (sei). La giornata era stata consacrata alla storia».

Pasquino Crupi: «Il primo romanzo organico sulle masse contadine»

“I fatti di Casignana” di Mario La Cava costituisce un contributo prezioso alla storia delle lotte contadine al Sud. Gianni Carteri, autore di saggi, scrittore e studioso fine e arguto, nel volume “Come nasce uno scrittore. Omaggio a Mario La Cava” (Città del Sole edizioni 2011) ha sottolineato il valore dell’opera. Lo fece riportando il seguente autorevole commento di Pasquino Crupi: «Mario La Cava – ecco la novità – scrive il primo romanzo organico sulle masse contadine. Esse si caratterizzano come classe antagonista all’intero sistema feudale del medioevo barbarico del Mezzogiorno sopravvivente, con tutti i suoi ingranaggi crudeli, fino agli inizi del ‘900 e un pò oltre.

E queste masse rappresentate senza intenzioni apostoliche e banditrici, partendo di dentro della loro condizione, penetrando nel profondo, scavando. Così confermò e portò ad una dimensione diversa, la sua qualità di scrittore, che è quella dell’ingegnere di anime. Qui siamo alla psicologia delle masse, in tutte le sue latitudini, che non ha nulla da spartire con lo psicologismo, già brutta bestia nera di Elio Vittorini».

La letteratura di impegno civile e la storia contadina

“I fatti di Casignana” di Mario La Cava arricchiscono l’opera già avviata da altri importanti intellettuali meridionali. Tra questi Francesco Perri, il lucano Rocco Scotellaro e i maestri siciliani Leonardo Sciascia, Giovanni Verga.

La Cava nel 1974 pubblicò, infatti, con Einaudi “I Fatti di Casignana”, poi nuovamente dato alle stampe nel 2019 da Rubbettino. Prima di lui, nel 1954 Rocco Scotellaro aveva scritto “I contadini del Sud”. Nel 1950 era stato pubblicato postumo “Le terre del Sacramento” (Premio Viareggio) del molisano Francesco Jovine. Francesco Perri nel 1925 aveva pubblicato “I Conquistatori” con Libreria Politica Moderna.

Nel 1945 il volume, firmato con lo pseudonimo Paolo Albatrelli, era stato nuovamente edito da Garzanti e infine nel 2012 da Laruffa. Mario La Cava dedicò proprio a Francesco Perri questa preziosa ricostruzione storica dei fatti di Casignana. Considerò “I conquistatori” come primo esempio di romanzo sui conflitti sociali in Italia e Francesco Perri come ispiratore delle sue prime passioni civili.

Far parlare il Sud martoriato e straordinario attraverso i suoi contadini, i suoi emigranti, gli ultimi, dar voce a quella terra lontana dai centri che contavano e che necessitava di un riscatto dalla durezza e dalla crudezza della vita. Questo fece Mario La Cava, con la sua instancabile propensione a osservare e a scrutare l’animo umano e i luoghi di una Calabria intensamente vivida ma anche profondamente ruvida.