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07/09/2025 ore 08.30
Società

A Reggio la Cgil srotola la maxi-bandiera sulla scalinata del teatro Cilea per una «Palestina Libera» - FOTO e VIDEO

Presidi in tutta Italia e anche nei cinque capoluoghi di provincia calabresi per denunciare il genocidio in atto per mano di Israele e per chiedere al governo italiano una posizione netta e protezione per gli attivisti in partenza per Gaza con le missioni umanitarie
di Anna Foti

Pace, diritti umani e giustizia dove imperversano morte e barbarie. Il pensiero va subito, anche se non solo, a Gaza e all’emergenza umanitaria di proporzioni immani, mentre la speranza di un futuro passa da qui, da una maxi-bandiera tricolore a bande orizzontali, nera, bianca e verde, con un triangolo rosso sulla sinistra. Colori che ricordano l’esistenza di un popolo da preservare da ogni forma di violenza e sopraffazione esterna e anche interna ai propri confini.

«Una Palestina libera, un’Italia che sia dalla parte giusta della storia e che investa in servizi, sociale e umanità piuttosto che in armi». La Cgil è scesa in piazza con presidi in tutta Italia e anche nei cinque capoluoghi di provincia calabresi (a Catanzaro in piazza Galluppi accanto alla prefettura, a Vibo sul corso Vittorio Emanuele, a Crotone in piazzale Berlinguer, a Cosenza in piazza XI Settembre, a Reggio scalinata del teatro Cilea accanto a piazza Italia) per denunciare il genocidio in atto per mano di Israele e di una comunità internazionale non in grado di difendere la popolazione civile palestinese di quella tormentata lingua di terra e di un governo italiano al quale si chiede chiarezza e protezione per gli attivisti in partenza per Gaza con le missioni umanitarie. Anche a Reggio Calabria, quella maxi-bandiera è stata srotolata sulla scalinata del teatro Cilea e sventolata.

La voce della Cgil Calabria

«Siamo stati in tutte le piazze d’Italia – spiega Gianfranco Trotta, segretario generale Cgil Calabria – a sostegno della missione umanitaria, Global Sumud Flotilla che arriverà a metà mese a Gaza non per trasportare armi ma cibo e beni di prima necessità destinati ad una popolazione ridotta alla fame e vittima di un genocidio studiato a tavolino dal governo di Netanyahu. Siamo qui per denunciare che è in atto l’eliminazione di una popolazione non è più possibile tollerare. Lo Stato italiano deve assumere posizioni nette e decise contro questo genocidio in corso e deve supportare chi vuole portare aiuti umanitari a quella popolazione allo stremo delle forze» spiega ancora Gianfranco Trotta, segretario generale Cgil Calabria.

C’era anche il piccolo Paolo a pronunciare il suo «No alla guerra» e a sventolare quella bandiera. Con il sindacato davanti al teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria pure associazioni e cittadinanza hanno manifestare coralmente dissenso e indignazione.

La guerra: la forma più esasperata di patriarcato

«L’Udi non poteva non essere qui. Siamo un’associazione femminista che vuole eliminare il patriarcato. La guerra è la forma più esasperata di patriarcato. Il nostro è un no a tutte le guerre. L’Udi è anche in 10-100-1000 piazze per la pace da quando è iniziata l’aggressione dell’Ucraina a manifestare contro la guerra e quindi è chiaro che oggi non possiamo non essere qua.

Siamo qui per dire anche che, da donne, siamo vicine anche a Francesca Albanese, dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, sanzionata dagli Stati Uniti per le sue attività di Pace in Palestina.

Questo presidio è importante perché qui c’è la società civile che con la nuova flottiglia sta partendo da tutte le parti d’Europa, dimostrando vitalità più della politica e più della diplomazia che sembra arenata. Si rischia un allargamento del conflitto. Dove muore un bambino muore l’umanità».

Dalla parte giusta della storia

«Al di là delle bandiere che sono presenti, la vita delle persone non può essere una causa di parte. Ciò che accade a Gaza è intollerabile e anche se non abbiamo la forza da soli di porvi rimedio allo stesso tempo bisogna prendere posizione. Non si può tacere né lasciare che altri parlino in nostro nome.

La situazione della Palestina impegna, richiede, esige che ciascuno di noi assuma una posizione chiara. Esige – spiega il gruppo “La Cattiva strada” – che si dichiari apertamente da che parte della storia si sia. Questa non è una guerra ma un genocidio. Noi non possiamo leggere i libri di storia e pensare a chi in passato non si sia indignato per quanto accadeva quando adesso siamo noi a non assumere una posizione».

Pensieri per la Palestina

«La nostra voce deve arrivare dritta e forte. Sono una donna e voglio essere libera nel mio paese. Esprimiamo la nostra solidarietà anche in questo modo. Palestina deve essere libera».

«Umanamente non è possibile nel 2025 che uno Stato aggredisa un popolo e proibisca anche l’arrivo di aiuti umanitari e una vergogna».

«Vorremmo che la Palestina fosse libera, che ci fossero pace e giustizia per quel popolo».

23 mesi di attacchi

Il prossimo 7 ottobre saranno due anni dagli attacchi di Hamas e dalla reazione di Israele che sta stremando e “isolando” la popolazione palestinese.

Un’emergenza umanitaria senza precedenti che volge precipitosamente verso il disastro: bombardamenti con decine di migliaia di vittime, case rase al suolo, compromessi i sistemi idrici, igienico-sanitari e la produzione alimentare. Due milioni di palestinesi, oltre il 90 per cento della popolazione della Striscia di Gaza, sfollati forzatamente. Negata la fornitura di servizi essenziali e l’assistenza umanitaria.

Save the Children ha accertato che almeno venti mila sono stati i bambini uccisi in quasi 23 mesi di guerra. Venti mila. Numeri tragici, intollerabili.

Amnesty International ha indagato «sulla condotta di Israele a Gaza e le prove che ha raccolto e analizzato forniscono una base sufficiente per concludere che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza dopo il 7 ottobre 2023. Tra ottobre 2023 e luglio 2024 Israele ha commesso atti vietati dalla Convenzione sul genocidio e lo ha fatto con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza. Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la sua distruzione fisica».

Atti rispetto ai quale il governo Israeliano non si assume alcuna responsabilità chiamando in causa a Hamas e negando le gravissime violazioni di diritti umani che la popolazione di Gaza sta subendo. E in tutto questo la comunità internazionale?