Caso Canile di Sant'Ilario, monta la protesta degli animalisti: arrivate centinaia di mail alla nostra redazione dopo l'assoluzione in Appello
Dopo la sentenza che ha assolto gli imputati del Dog Center, da tutta Italia si alza un’ondata di proteste e appelli alla giustizia. La LNDC: «Il dolore degli animali non può essere archiviato da una formula»
In meno di quarantotto ore la redazione è stata travolta da oltre un centinaio di mail, tutte diverse nei toni ma identiche nel sentimento: delusione, sdegno, incredulità. Da Torino a Palermo, da volontari a semplici cittadini, in molti chiedono di dare voce a quella che definiscono «l’ennesima ingiustizia ai danni degli animali».
Il caso è quello del canile Dog Center di Sant’Ilario dello Ionio, nel Reggino, uno dei più discussi d’Italia, tornato alla ribalta dopo la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria che ha assolto tutti gli imputati, ribaltando il verdetto di primo grado. In quella sede erano state inflitte condanne per maltrattamento di animali, truffa e violazioni ambientali. Ora, invece, la formula è una di quelle che pesano come pietre: «il fatto non sussiste».
La decisione ha riaperto una ferita comune. Le immagini dei box, i racconti sulle condizioni dei cani, le battaglie legali e mediatiche che per anni avevano acceso i riflettori sul canile tornano a circolare.
«Cani che per anni sono sopravvissuti in condizioni disumane ora torneranno nelle mani dei loro aguzzini», scrive una lettrice da Torino. Un’altra, da Bologna, chiede un «boom mediatico» che non lasci cadere la vicenda nel silenzio. Sui social si moltiplicano i post con l’hashtag #ilfattononsussiste, rilanciato da pagine e associazioni che avevano già sostenuto la battaglia per Angelo, il cane di Sangineto: simbolo di un’altra ingiustizia che aveva mobilitato l’Italia.
Oggi, a distanza di dieci anni, la rabbia è la stessa, ma più matura, più consapevole del divario tra la giustizia formale e quella percepita. «Tutti devono sapere» è la frase più ricorrente nelle mail ricevute. Dentro quelle parole non c’è soltanto rabbia: c’è la richiesta di uno sguardo che non si arrenda alla rassegnazione. Perché in Calabria, e non solo, la questione animale non è più un tema di nicchia, ma una misura del grado di civiltà collettiva.
«È difficile comprendere come si possa passare da una condanna esemplare a una assoluzione totale. Parliamo di un caso che, per la quantità di animali coinvolti e per le condizioni documentate nel corso delle indagini, aveva destato sdegno e attenzione in tutta Italia. Questa decisione lascia senza parole», afferma Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection.
L’associazione attende ora di conoscere le motivazioni della sentenza, per comprendere le ragioni di un simile ribaltamento. «Continueremo a difendere gli animali in tutte le sedi perché il loro dolore non può essere archiviato da una formula. Vogliamo capire come sia possibile che, in presenza di fatti così gravi accertati in primo grado, oggi si possa arrivare a dire che ‘il fatto non sussiste’», conclude Rosati.
Il clamore nato in rete, nel silenzio delle case e delle tastiere, segna forse il passaggio a una nuova stagione: quella in cui la coscienza civile pretende risposte, anche quando il diritto dice di no.