Dalla Collina al centro storico, Reggio puntualmente senz’acqua: una città che convive con un’emergenza senza fine
Dalla sofferenza lamentata nella frazione di Mosorrofa alle chiusure dei serbatoi cittadini, la crisi idrica torna a interrogare la città: un problema strutturale che dura da anni e mette in discussione il diritto all’acqua
A Reggio Calabria l’acqua resta un tema sospeso. Nonostante gli investimenti, i lavori e le rassicurazioni, il sistema idrico della città continua a mostrare tutta la sua fragilità.
Gli ultimi giorni lo confermano con chiarezza: il 4 novembre 2025 la Sorical S.p.A. ha annunciato una nuova chiusura anticipata dei serbatoi di Archi e Santa Caterina, alle 18 e alle 20, per lavori di manutenzione sullo schema Menta.
Un intervento programmato, spiegano dal gestore, che ha comportato disservizi in tutte le aree servite, con il ripristino dell’erogazione solo nella mattinata successiva.
Ma le segnalazioni si sono moltiplicate a distanza di poche ore. Il 6 novembre, Sorical ha comunicato la chiusura del serbatoio di Modena per il guasto di un’elettropompa al campo pozzi di Sant’Agata; il giorno successivo, il 7 novembre, è stato segnalato un nuovo disservizio nei rioni Modena e San Sperato, sempre legato alla stessa anomalia tecnica.
A questi si aggiunge l’intervento recente di manutenzione a Catona, con cali di pressione e sospensioni temporanee del servizio, e il guasto registrato il 2 novembre nel centro storico, dovuto a un’anomalia del sistema di elettrovalvole del serbatoio Trabocchetto.
Una serie di episodi ravvicinati che dimostrano quanto la rete idrica reggina resti fragile e interconnessa: ogni guasto locale si ripercuote a cascata su più quartieri.
E mentre nei rioni più popolosi l’acqua va e viene, in alcune aree come Mosorrofa il disagio è diventato strutturale. Nella frazione collinare, abitata da centinaia di famiglie, l’acqua arriva a singhiozzo, spesso solo per due o tre ore al giorno. Una condizione che si protrae da mesi e che trova origine nel guasto al campo pozzi “Molinello”, aggravato dalla siccità prolungata e da un sistema di distribuzione ormai inefficiente.
Secondo l’Istat, la Calabria è tra le regioni italiane con la più alta dispersione idrica: quasi il 48,7% dell’acqua immessa nelle reti va persa. E il dato trova riscontro anche a Reggio Calabria, in cui la percentuale sale addirittura al 57,4%, una delle più alte d’Italia. Ciò significa che oltre la metà dell’acqua potabile prodotta viene dispersa lungo le condotte.
A fronte di queste cifre, la Sorical, che dal 1° gennaio 2023 gestisce il comparto acquedotto cittadino, ha avviato interventi di ingegnerizzazione delle reti e digitalizzazione dei sistemi di controllo, con l’obiettivo di ridurre le perdite e migliorare la gestione dei flussi. Tuttavia, come evidenziato anche in recenti comunicazioni della società, si tratta di un percorso di lungo periodo: servono investimenti consistenti e tempi tecnici che non coincidono con l’urgenza dei disservizi quotidiani.
E il disagio non riguarda più soltanto le periferie. Anche il centro storico cittadino si ritrova ogni sera a fare i conti con l’assenza d’acqua: un fenomeno diventato quasi un’abitudine atavica. Dopo una certa ora, le tubature si svuotano e le abitazioni restano a secco fino al mattino.
È la prova che il problema idrico a Reggio è trasversale: colpisce frazioni e quartieri semicentrali come Modena, Sbarre, Condera, Cardinale Portanova, Santa Caterina, Archi, Catona e Gallico, ma coinvolge anche il cuore della città. Una fragilità diffusa che non risparmia nessuno.
L’impianto del Menta, costato oltre 200 milioni di euro e inaugurato nel 2018 come opera strategica per l’approvvigionamento dell’area metropolitana, avrebbe dovuto risolvere definitivamente il problema. Oggi, però, si ritrova al centro di lavori continui e di chiusure programmate che evidenziano quanto la rete di distribuzione urbana sia ancora incapace di garantire un flusso regolare e costante.
La rete idrica di Reggio Calabria è un sistema che da anni opera in equilibrio precario, tra manutenzioni continue e guasti a catena. I numeri parlano chiaro: dispersione altissima, impianti obsoleti, tempi di intervento spesso lenti. Ma dietro le cifre c’è una questione più ampia, che riguarda la capacità di gestione del bene comune.