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04/02/2025 ore 17.45
Società

Elias, Yahya e Michael alla Mediterranea di Reggio: «Qui per studiare. Torneremo in Sudan e Sud Sudan per dare un futuro ai nostri popoli» -VIDEO

La testimonianza di tre giovani rifugiati iscritti al corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Agrarie. L’ateneo reggino ha aderito al progetto Unicore, University Corridors for Refugees, consistente in Corridoi universitari per garantire il diritto allo studio a chi fugge da guerre e persecuzioni
di Anna Foti

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«Sono qui per imparare e per acquisire un bagaglio di conoscenze che accrescano le mie competenze da spendere nel mio paese di origine, il Sudan, nel campo dell’agricoltura. Ho lasciato il Sudan per via della guerra civile. Un’esperienza che non auguro a nessuno. Il mio sogno è tornare nel mio paese per il quale immagino un futuro diverso, di pace e prosperità al quale potere contribuire con la professionalità acquisita qui».

Migrare per tornare e dare nuove possibilità al popolo e al paese di origine, questa l’esperienza che si propone di vivere Elias, giovane trentaduenne iscritto al primo anno del corso di laurea magistrale in Scienze agrarie dell’università Mediterranea di Reggio Calabria. È venuto qui per imparare ma intanto con grande semplicità dà alla nostra comunità questa grande lezione di vita. Migrare per ritornare e incidere sulle cause che spingono le persone a lasciare tutto e a partire.

Il progetto Unicore

Un approccio di grande coraggio e lungimiranza che, seppure con i dovuti distinguo, vale per l’Africa come anche per le regioni del Sud. Lo hanno incarnato con la loro scelta di candidarsi al progetto Unicore, University Corridors for Refugees, cioè Corridoi universitari per studenti rifugiati. Elias Ashiek Amrika, Yahya Mohamed Yahya Abdalla, Michael Okot Barnabas Otello, giovani provenienti dal Sudan e dal Sud Sudan, rifugiatisi in Uganda, oggi sono studenti del corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Agrarie dell’università Mediterranea di Reggio Calabria. Dopo una selezione per titoli e un colloquio telematico, sono arrivati a Reggio Calabria lo scorso novembre e hanno già sostenuto con profitto il primo esame lo scorso febbraio.

Una prima esperienza per l’ateneo reggino, già pronto a bissare, coerente con un percorso intrapreso nel 2023 con l’adesione al progetto University Corridors for Refugees (Unicore 6.0), promosso dall’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Un’esperienza avviata dal rettore Giuseppe Zimbalatti e dai vertici dell’ateneo su proposta di Paola Raffa, Chairholder della Cattedra Unescp “Mediterranean Landscape in Context of Emergency” attiva presso l’università Mediterranea dal 2021

Sono stati anche attivati percorsi di Double Degree Program e accordi bilaterali con paesi del Nord Africa e lo scorso dicembre è stato finanziato il progetto EuropeAid, “Migration and Displacement Action Plan for Sub-Saharan Africa. Il Programma Developing policy-oriented research on Migration and Displacement in the Sub-Saharan Region”, che ha capofila La Sapienza e vede, altresì, impegnata la Mediterranea per i prossimi tre anni in azioni, che riguardano l’elaborazione di strategie sulla gestione delle migrazioni e degli spostamenti forzati nell’Africa subsahariana.

Hanno contribuito e contribuiscono all’accoglienza dei tre giovani anche gli altri partner del progetto, la Caritas Diocesana di Reggio Calabria, con la direttrice Maria Angela Ambrogio e il vice direttore Don Antonino Russo, l’associazione Next odv di Reggio Calabria con il presidente Ernesto Romeo e la sede locale di Banca Etica rappresentata da Simona Spagna.

La testimonianza

La testimonianza dei giovani è stata al centro dell’incontro con la stampa svoltosi nella sala degli Organi consiliari dell’università Mediterranea, dove sono stati accolti dal rettore Giuseppe Zimbalatti, dalla prorettrice vicaria con delega alle Relazioni Internazionale e ai Servizi linguistici, Francesca Fatta, e dalla professoressa Paola Raffa, Chairholder della Cattedra Unesco in “Mediterranean Landscape in Context of Emergency”.

Le attività seguite dell’ufficio alle Relazioni Internazionali, si sono avvalse del contributo di Daniela Dattola e Monica Montenero, con il sostegno del professore Antonio Taccone, delegato al diritto allo Studio e del professore Antonio Vitetta delegato alla Didattica.

«Siamo molto felici di essere qui e di aver scoperto una nuova realtà che sta al confine tra l’Europa e l’Africa con il Mediterraneo in mezzo a dividerci e al contempo ad unirci. Davvero molto felici di essere qui e sarò felice di dirlo anche ai miei conterranei nel momento in cui rientrerò in Sudan», ha dichiarato ancora Elias Ashiek Amrika.

La socializzazione e lo studio

«Tra gli aspetti più belli quello della socializzazione con persone con la pelle di colore diverso dal mio. Una prima e molto positiva esperienza per me, non solo dentro l’università ma anche fuori, con partite di calcetto e altre occasioni di aggregazione. Tutti e tre siamo molto contenti.  

Finora abbiamo conosciuto un diverso metodo di insegnamento. Siamo stati abituati a sostenere degli esami scritti. Dover per la prima volta sostenere un esame oralmente, ci arricchisce senz’altro e ci lancia verso un qualcosa di nuovo e stimolante. Stiamo imparando anche la lingua italiana, difficile dal punto di vista grammaticale. Vivendo in una comunità che parla soltanto questa lingua ciò è uno stimolo per apprenderla più velocemente. Sono certo che alla fine del nostro percorso accademico, cioè tra un anno sarò in grado di parlare italiano più fluentemente», ha sottolineato Elias Ashiek Amrika.

L’inferno della guerra civile

«Nel mio paese c’è la guerra e civile, un’esperienza che non auguro a nessuno, con la quale ho dovuto convivere e che mi ha spinto ad andare via e poi a cogliere questa opportunità. Credo sia senza dubbio una possibilità unica per accrescere le mie conoscenze e poi metterle a frutto in Sudan. Dopo aver superato la fase triennale del percorso accademico, qui tutti e tre stiamo intraprendendo il percorso dalla laurea magistrale in Scienze Agrarie. L’agricoltura in Sudan è fondamentale per l’economia e quindi acquisire nuove tecnologie sarà utile anche lì. L’obiettivo è, infatti, quello di conseguire una laurea e quindi rientrare nel paese per gettare le basi di una nuova economia, più solida e capace di generare crescita, sviluppo e futuro», ha raccontato Elias Ashiek Amrika.

Il dovere dell’accoglienza

Soddisfatto il rettore Giuseppe Zimbalatti, ha sottolineato la componente etica e morale che ha spinto l’ateneo ad abbracciare questo percorso.

«Questo è il nostro modo di essere una università inclusiva, non solo per le fasce deboli del nostro territorio ma anche per le popolazioni che vivono in guerra e in condizioni di grave pericolo. Accogliamo questi giovani, completamente a nostro carico mettendo a disposizione delle risorse del nostro bilancio. Crediamo che sia un nostro dovere.

Speriamo di poter essere, in questo frangente della loro vita, una famiglia universitaria in grado di accoglierli e di contribuire e sostenerli nella realizzazione dei loro sogni.

Si tratta di una prima annualità alla quale ne seguiranno altre. Abbiamo già deliberato di aderire nuovamente al progetto internazionale che si attiva su base volontaria. Un nuovo iter per la seconda annualità 2025-2026 prenderà il via proprio nelle prossime settimane. Ospiteremo anche per l’anno accademico prossimo, tre o quattro studenti giunti attraverso i corridoi umanitari. È per noi è un orgoglio accoglierli, oltre che un dovere.

Agli studenti auguro – ha concluso il rettore della Mediterranea, Giuseppe Zimbalatti – che, completato con successo il loro ciclo di studi, possano rientrare nelle loro terre e rappresentare quella classe dirigente necessaria allo sviluppo socio economico di cui il bacino del Mediterraneo, e più in generale l’Africa, hanno stringente bisogno».

Il vice direttore della Caritas, don Nino Russo:

«Crediamo nell’accoglienza e nell’esperienza di grande umanità che essa rappresenta. Al porto da anni prestiamo servizio e dunque conosciamo le storie e i vissuti difficili con cui queste persone arrivano. Siamo dunque particolarmente felici di questa nuova esperienza»

Migrare per poi ritornare

La prorettrice vicaria con delega alle Relazioni Internazionale e ai Servizi linguistici, Francesca Fatta:

«La nostra università è l’unica in Italia ad aver considerato importante non accogliere un solo studente. Ne abbiamo accolti tre, dopo una selezione che ha tenuto conto dei 12 anni scolastici prima dell’università e di tre anni universitari. L’idea, infatti, è che questi ragazzi una volta arrivati qui, pur essendo accolti da una comunità non soltanto universitaria, possano condividere l’esperienza anche con chi provenga da contesti altrettanto difficili.

Sono arrivati nudi e dunque il supporto nostro e della rete che è stata attivata non ha riguardato solo la formazione ma anche la persona. Dalle scarpe ai libri e al computer. Il diritto allo studio per giovani provenienti dai contesti di guerra civile non può che essere ampliato. Noi abbiamo stanziato un fondo economico consistente pari a 40mila euro l’anno per ciascuno studente per due anni. Ci stiamo preparando per il secondo bando.

Hanno scelto tutti e tre di frequentare una magistrale in Agraria in ragione della tradizione del loro Paese di origine. Lì porteranno le loro nozioni, il loro apprendimento e la loro formazione. In fondo l’idea non è quella di migrare, ma quella di ritornare che è un concetto molto importante anche per noi».

Diritto all’Istruzione e Uguaglianza

La professoressa Paola Raffa, Chairholder della Cattedra Unesco in “Mediterranean Landscape in Context of Emergency”:

«L’adesione al progetto Unicore è stato impegnativo ed entusiasmante. Tutte le nostre componenti hanno collaborato attivamente. Fatta questa prima esperienza, siamo pronti per le successive. Per la Mediterranea questo progetto è segno tangibile di come si affrontano temi più importanti del terzo millennio. Assicurare una istruzione di qualità e ridurre le disuguaglianze sono due fondamentali obiettivi dell’Agenda 2030, inoltre l’adesione al Global Compact on Refugees, negoziato sotto gli auspici delle Nazioni Unite, offre un’importante opportunità per migliorare la qualità delle migrazioni e promuovere il rispetto universale e la protezione dei diritti umani».

Le crescenti prospettive di internazionalizzazione

Il direttore del dipartimento di Agraria, Marco Poiana:

«Siamo impegnati a elevare il nostro dipartimento a un livello internazionale. Questa importante esperienza va in questa direzione. Il dipartimento, proprio in questi giorni, sta modificando l’offerta formativa per l’anno accademico 2025/2026. Mantenendo i sei corsi di studio attualmente attivi, ne ha modificato le denominazioni e migliorato i contenuti al fine di renderli maggiormente attuali, attrattivi ed efficaci nella formazione dei nuovi laureati triennali e magistrali in Scienze e tecnologie Agrarie, in Scienze Forestali e Ambientali e in Scienze e Tecnologie Alimentari».

Il professore Paolo Porto delegato all’internazionalizzazione del dipartimento di Agraria:

«Un’esperienza che porta lustro alla Mediterranea e al dipartimento di Agraria. In prospettiva questa iniziativa che sarà consolidata nel tempo potrà costituire una opportunità anche per futuri e nuovi rapporti di ricerca e di collaborazioni quando questi giovani saranno tornati nel paese di origine. Paese che hanno lasciato perchè pericoloso ma che, come hanno raccontato, non intendono abbandonare».