Il Ponte sullo Stretto finisce nel mirino della Nato: per gli Usa non è un'opera militare strategica
Il Ponte sullo Stretto di Messina torna al centro delle polemiche, ma stavolta il dibattito si sposta sul piano internazionale. A riaccendere la questione è stata una dichiarazione netta dell’ambasciatore americano alla Nato, Matthew Whitaker, che, come riporta il quotidiano La Repubblica, ha messo in discussione l’inclusione delle spese per la costruzione del ponte tra gli investimenti militari richiesti agli alleati europei.
«Non lo sono i ponti che non hanno alcun valore militare strategico», ha affermato Whitaker, «e non lo sono le scuole che in qualche modo, in un mondo immaginario, potrebbero essere usate per qualche altro scopo militare». Un commento che, pur senza citarlo direttamente, appare come una chiara frecciata al progetto italiano del collegamento tra Calabria e Sicilia.
Il riferimento americano è tutt’altro che casuale. Il governo italiano, infatti, ha tentato di far passare la costruzione del Ponte come opera strategica anche in chiave militare, nel tentativo di farla rientrare nel quadro dell’aumento delle spese militari sollecitato dalla Nato, un impegno che Donald Trump prima, e l’Alleanza poi, hanno chiesto di portare al 5% del PIL entro il 2035.
Già nel marzo 2023, il decreto che riattivava la “Società Stretto di Messina S.p.A.” definiva l’opera «fondamentale per la mobilità militare», facendo leva sulla presenza di basi Nato nel Sud Italia. E ad aprile 2024, la stessa linea è stata ribadita in una relazione inviata a Bruxelles, dove il ponte viene descritto come infrastruttura di «rilevante interesse pubblico» per motivi che includono la «difesa del territorio nazionale ed europeo».
Nel documento, riporta ancora il quotidiano La Repubblica, viene evocato anche il Military Mobility Action Plan, il piano UE per agevolare il rapido spostamento di truppe sul continente. Un quadro, secondo Roma, che giustificherebbe l’inclusione del ponte tra le cosiddette “dual use infrastructures”, le infrastrutture civili con possibile utilizzo militare.
A sostenere questa lettura sono stati in particolare il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il vicepremier Matteo Salvini. Tajani aveva dichiarato che «la sicurezza è un concetto più ampio dei soli carri armati» e che il ponte, vista la collocazione strategica della Sicilia, rientra nella logica Nato. Salvini era andato anche oltre, dichiarando che «le infrastrutture sono strategiche anche per la sicurezza», arrivando a proporre di intitolare il ponte a Silvio Berlusconi.
Tuttavia, non tutti nel governo condividono questo entusiasmo. Il ministro della Difesa Guido Crosetto si è mostrato più cauto, chiarendo lo scorso luglio che «spetta alla Nato decidere se si tratta di un’infrastruttura strategica». E oggi, fonti della Difesa precisano che il ponte non è stato formalmente incluso in alcuna lista di opere dual use.
La presa di posizione americana quindi non è solo una critica politica, è anche un segnale chiaro sulla linea di rigore che gli USA intendono imporre agli alleati. Whitaker, cita ancora La Repubblica, è stato esplicito: «Ho seguito quella situazione molto attentamente. La cosa buona è che ora abbiamo meccanismi per monitorare».