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08/08/2025 ore 13.00
Società

Ponte sullo Stretto, diciotto motivi per far resistere il "no": «Ecco perché rimane ancora una ipotesi»

Domenico Gattuso, strenuo oppositore della megaopera elenca i motivi che rendono ancora irto di ostacoli il percorso di approvazione e realizzazione. «Un territorio tra i più belli al mondo potrebbe essere devastato per l’ambizione di un ministro»
di Redazione

di Domenico Gattuso * – Il via libera del CIPESS al Ponte sullo Stretto di Messina fa gongolare il Ministro Salvini e la Presidente del Consiglio, che non mancano di farne oggetto di propaganda politica. Ma quante falsità nascoste!
Il ponte rimane un’ipotesi e il percorso di approvazione e realizzazione ancora irto di ostacoli. E, qualora la procedura di approvazione del progetto dovesse avere esito positivo (ma ci vorranno almeno altri 2 anni), i rischi per la comunità locale e nazionale sarebbero altissimi. Vediamo di focalizzarne alcuni tra i più rilevanti:

  1. Non esiste un ponte strallato così lungo sul pianeta (luce di 3,3 km fra due pilastroni di estremità); la luce massima mai raggiunta è di 2 km ed è quella del ponte stradale Çanakkale Bridge, sullo Stretto dei Dardanelli (Turchia) aperto nel 2023.
  2. Il progetto definitivo che viene oggi approvato dal CIPESS è un progetto di massima; esso è una copia riciclata (male) di un progetto del 2011, obsoleto in rapporto all’evoluzione della normativa, della tecnica e dei traffici. Esso è stato oggetto di critiche importanti (Report di 500 pagine di osservazioni elaborate da un gruppo di esperti qualificati, numerose valide note elaborate da Enti locali, 68 raccomandazioni espresse dal Comitato Scientifico e 220 osservazioni emerse nel corso della procedura di valutazione ambientale (VIA-VAS). Sottovalutarle con sufficienza, o giocare al rinvio in sede politica, equivale a sottovalutare i rischi di impatti ambientali, sociali ed economici devastanti, correlati ad una progettazione discutibile.
  3. Dal punto di vista strutturale, eminenti esperti di settore hanno evidenziato limiti significativi nel progetto definitivo licenziato (tra gli altri i Professori A.Risitano, R.Calzona, M.De Miranda, E.Codacci Pisanelli), ma altri stanno cominciando ad esprimere loro ulteriori perplessità. Tra i fattori critici: I) il ponte è posizionato nel punto peggiore dello Stretto, esposto a venti che sono diversi dallo spettro dei venti assunti dai progettisti; II) il coefficiente di sicurezza statico delle funi portanti (1,35) è alquanto modesto per un ponte imponente che dovrebbe durare 2 secoli; III) la configurazione e la resistenza dei cavi sono da rivedere; IV) il sistema di appoggio dei cavi sulle selle è sbagliato; V) le simulazioni di stabilità statica e dinamica su modello non sarebbero aderenti alla realtà di scenario (venti, azioni sismiche, ecc.); VI) il ponte poggerebbe le fondazioni su una pericolosa faglia sul versante calabrese. In rischi di errore in sede progettuale non sono dunque di poco conto e si potrebbero tradurre in forme di collasso dell’opera.
  4. Si vanta la capacità del ponte di resistere a terremoti di straordinaria intensità in grado di radere al suolo le città sulle due sponde. In realtà ciò non è affatto detto e gli effetti di un sisma non sono facilmente prevedibili; basti pensare al possibile cedimento di un pilone a causa di azioni sismiche in corrispondenza della faglia di Villa S.Giovanni. In ogni caso si tratta di un pensiero demoniaco che evidenzia la povertà di umanesimo culturale e il disprezzo per la pianificazione territoriale; è assai grave ed irresponsabile non prevedere prioritariamente la messa in sicurezza del territorio, delle infrastrutture e delle abitazioni per prevenire il rischio di una catastrofe con decine di migliaia di vittime; Reggio e Messina hanno già sperimentato nel 1908 un disastro epocale.
  5. Sono davvero pochi i ponti strallati di grandi luci su cui è ammesso il transito di treni; il record attuale è detenuto dal Ponte Tsing Ma (Hong Kong), di appena 1,4 km). Il transito di un convoglio ferroviario pone problemi di stabilità delicati e i rischi di deragliamento sono elevati; inoltre i raccordi ferroviari in pendenza e con curvature accentuate imporrebbero una velocità di circolazione ridotta; in pratica la compresenza di treni e autoveicoli è un azzardo. Il deragliamento di un treno potrebbe determinare effetti gravissimi sull’intero impalcato, ed in particolare sulle persone in treno ed in auto.
  6. Non vi è piena consapevolezza circa la sicurezza. Forze agenti sul manufatto, in particolare spinta del vento e azione sismica, potrebbero fare oscillare pericolosamente l’impalcato, al punto che si prefigura uno stop al transito dei veicoli in tali circostanze. Tali azioni purtroppo non danno preavviso e i malcapitati che si trovassero già sul ponte sarebbero soggetti a rischi per la propria incolumità.
  7. Il ponte sarebbe un facile bersaglio da colpire, da parte di terroristi, mafie, attacchi militari nemici, con grande effetto mediatico alla stregua delle torri gemelle; nessuna valutazione è stata fatta circa i costi per garantire la prevenzione e la difesa dell’opera, ma alcuni esperti dell’esercito italiano hanno espresso pubblicamente valutazioni di merito preoccupanti. I rischi sono concreti di questi tempi.
  8. Qualcuno asserisce che il ponte potrebbe determinare il decollo economico della Sicilia e della Calabria, ma non ci sono evidenze né studi autorevoli che suffraghino un tale impatto positivo; anzi da più parti si afferma che un investimento di 14,6 Miliardi di Euro sarebbe assai più proficuo se destinato alla realizzazione di opere e servizi diffusi sul territorio. La favoletta della grande opera quale volano di sviluppo non convince ormai più nessuno. Il rischio di spreco di risorse è notevole. L’assurdo è che per contribuire alla copertura finanziaria del progetto del ponte i governi nazionale e regionali di Calabria e Sicilia hanno dirottato quote di risorse significative dai fondi di coesione.
  9. L’affermazione che il ponte determinerebbe finalmente la nascita della città metropolitana dello Stretto è priva di fondamento. Con i suoi raccordi lunghi e lontani dai centri urbani il ponte avrebbe in realtà l’effetto di una tangenziale, marginalizzando le aree urbane dello Stretto (cito un mio studio basato su simulazioni modellistiche). D’altra parte i costi di viaggio (temporali e monetari) fra Reggio e Messina attraversando il ponte sarebbero maggiori di quelli odierni, essendo il pedaggio previsto per i veicoli piuttosto esoso (40-60 Euro per un’auto, oltre 100 Euro per i TIR) e il tempo di viaggio dal centro di Reggio al centro di Messina notevolmente superiore rispetto a quello odierno con catamarani veloci. Il rischio è quindi uno sfaldamento delle relazioni esistenti a scala di conurbazione dello Stretto.
  10. Il pedaggio per l’attraversamento del ponte è dell’ordine di 20 Euro/km, davvero esagerato se si considera che la tariffa di transito in autostrade italiane è dell’ordine di 10-20 centesimi/km. Il rischio è una eccessiva penalizzazione dei traffici locali di conurbazione, quindi sfavorevole agli abitanti dello Stretto. Ed un ulteriore rischio si affaccia all’orizzonte, l’introduzione del pedaggio autostradale sulla A2 Salerno – Villa S.Giovanni, penalizzando ulteriormente Calabria e Sicilia nelle comunicazioni di media-lunga distanza.
  11. Il progetto prevede d’imperio la totale eliminazione di servizi marittimi pubblici e privati, probabilmente nell’intento di accrescere i traffici sul ponte; quali rischi conseguenti vi è quello di forzare la gente a passare sul ponte, con un percorso di circa 50 km fra i due centri di Messina e Reggio, e di isolamento totale della Sicilia nel caso di chiusura del transito dei veicoli per cause incidentali diverse.
  12. Un assunto da sfatare è quello degli importanti flussi di traffico futuri attraverso il ponte. Non è così. Le stime di traffico al rialzo sono poco credibili, infatti il trend dei volumi di traffico attraverso lo Stretto è negativo da decenni. Le merci viaggiano sempre più via mare e i siciliani preferiscono di gran lunga l’aereo, per spostamenti di medio-lungo raggio. Il grado di saturazione dell’infrastruttura nelle ore di punta di un giorno medio, secondo alcune stime effettuate, sarebbe inferiore al 20%. In altri termini, la capacità dell’infrastruttura, con 3 corsie per senso di marcia, sarebbe ampiamente sovradimensionata e sproporzionata dal punto di vista tecnico-economico. Il rischio è che il ponte sia sotto-utilizzato e ciò non è buona prassi né per gli ingegneri né per la collettività.
  13. I potenziali di occupazione, alquanto ballerini, prefigurati dai promotori del ponte sono esagerati. Essi oscillano fra 100 e 40 mila posti di lavoro. I livelli occupazionali in realtà sarebbero minimi, trattandosi solo di manodopera specializzata ed essendo molte attività affidate alle macchine; la principale fonte di lavoro per le maestranze locali sarebbe rappresentata dai movimenti terra. Secondo fonti ed esperienze attendibili (lavori per il ponte Çanakkale Bridge in Turchia) sarebbero impiegate circa 4 mila unità lavorative e solo per il tempo di realizzazione dell’opera. In questo caso il rischio è di offrire illusioni alla popolazione locale, per fini banalmente propagandistici.
  14. I promotori del ponte asseriscono che l’ardito ponte potrebbe dare lustro universale all’ingegneria nazionale e attirare milioni di turisti affascinati come nel caso della Torre Eiffel o della Statua della Libertà. L’attrattiva turistica andrebbe rapportata al contesto metropolitano ed è assai difficile paragonare Parigi o New York all’area dello Stretto, dato che quest’ultima è stata lasciata allo sbando da un secolo di politiche urbanistiche, sociali ed economiche deleterie. Il rischio inoltre è che l’opera sia altamente intrusiva e deturpi un paesaggio unico al mondo. In fondo, non è raro constatare che i turisti in transito amano la mini-crociera sulle navi, un attraversamento lento e rilassante con la possibilità di ammirare uno scenario naturale di rara bellezza.
  15. In rapporto ai lavori sulla terraferma, c’è da aspettarsi una modifica nell’assetto del territorio, per realizzare le opere di fondazione dei pilastroni, le nuove infrastrutture di avvicinamento, con demolizione di case, sventramento di suoli, viabilità di servizio su suoli fragili, opere secondarie di cantiere diffuse, centinaia di camion in movimento anche sulle strade locali. Il rischio in tal caso è che possa essere devastato il territorio dello Stretto e si producano discariche indesiderate di detriti in decine di comuni. A farne le spese saranno ad esempio i famosi laghi di Ganzirri.
  16. I costi dell’opera sono stati alquanto variabili nel corso degli ultimi 3 anni, ma sempre crescenti. Siamo arrivati a 14,6 Miliardi e non abbiamo ancora il progetto esecutivo; è da attendersi perciò un ulteriore incremento. In fase di realizzazione, per imprevisti o alti fattori, in Italia i costi delle infrastrutture aumentano ancora rispetto a quelli previsti in sede di progetto, raggiungendo valori esagerati.
  17. Nel progetto non si prefigura con chiarezza un piano gestionale del ponte. Chi gestirà i proventi dei pedaggi, chi si occuperà della manutenzione, chi sarà responsabile della protezione civile e chi della security rispetto a potenziali attacchi criminali? Questi aspetti non sono trascurabili; ed occorre rifuggire da rischi di gestione improvvida affidata ad imprese con scopi di lucro, come nel caso triste del ponte Morandi di Genova.
  18. Sono migliaia le famiglie che si vedrebbero espropriate delle loro case, qualora il progetto andasse avanti. E non solo in adiacenza al ponte, ma anche in ambiti più lontani; ad esempio a Sud di Messina sarebbero sventrati interi quartieri. In assenza di un progetto esecutivo non si può procedere con gli espropri, intanto però si fa terrorismo nei confronti dei residenti, senza tener conto del rischio di procurare disagio sociale e psicologico a migliaia di abitanti.

La partita in gioco è particolarmente pesante. Un territorio tra i più belli al mondo potrebbe essere devastato per l’ambizione e la visione parziale di un ministro e un ceto politico dominante. Occorre pertanto non sottovalutare i rischi espressi in questo contributo di pensiero.

Non mi pare vano riaffermare che le risorse della comunità vanno spese per apportare vantaggi concreti alla popolazione, in primo luogo all’area metropolitana dello Stretto, e non alle lobby del cemento o della finanza, rispettando l’ambiente e i princìpi del bene comune. Purtroppo il governo nazionale non sembra dello stesso avviso, avendo assunto l’impegno a pagare una penale dell’ordine di 1,5 Miliardi di Euro all’impresa di costruzione nel caso in cui l’opera non venga realizzata. Ordinariamente sono le imprese ad essere sottoposte a penali per la mancata o errata realizzazione dell’opera, non l’ente pubblico.

*Docente Pianificazione e Ingegneria dei Trasporti Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria