Povertà in aumento in Italia, il presidente della Don Milani lancia l'allarme sui dati Istat
Pollifroni: «Il rischio povertà nelle regioni meridionali e insulari è quasi il quadruplo di quello delle regioni del Nord-Est»
«Nell’ultima assemblea della Don Milani della scorsa settimana abbiamo analizzato i dati Istat sulla povertà, dati e analisi relativi a “Condizioni di vita e reddito delle famiglie” negli anni 2023-2024 e il bilancio purtroppo è negativo. Il quadro – si legge nella nota diffusa da Filippo Pollifroni, Presidente della Don Milani – è tanto più preoccupante se si tiene conto che il periodo considerato non computa ancora gli effetti delle convulsioni politico-economiche dell’inizio del 2025. I numeri, dunque.
Nel 2024, scrive l’Istat, il 23,1% della popolazione risulta a rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2023 era il 22,8%. Delle tre dimensioni valutate dall’Istituto di statistica, la quota di individui a “rischio di povertà” si attesta sullo stesso valore del 2023 (18,9%) e così pure la percentuale di chi è in condizione di “grave deprivazione materiale e sociale” (4,6% rispetto al 4,7%).
Si registra invece un lieve aumento, annota l’Istat, per gli individui che vivono in famiglie a “bassa intensità di lavoro” (9,2% contro l’8,9% nell’anno precedente). Un dato che aiuta a comprendere la contraddizione tra i livelli record dell’occupazione (peraltro in frenata) e la bassa crescita dell’economia.
Nel dato nazionale (indagine del 2024 sull’anno precedente) confluiscono situazioni profondamente diverse se si guarda alle diverse aree del Paese. Per quanto riguarda il complessivo rischio di povertà o esclusione sociale, nel Nord-Ovest era interessato il 13,9%, nel Nord-Est l’11,2%, nel Centro il 19,9%, nel Sud e nelle Isole il 39,2%. Un differenziale abnorme, il rischio povertà nelle regioni meridionali e insulari è quasi il quadruplo di quello delle regioni del Nord-Est.
Ci sono poi le conseguenze dell’inflazione. Nel 2023, il reddito annuale medio delle famiglie (37.511 euro) aumenta in termini nominali (+4,2%) e si riduce in termini reali (-1,6%). Per un confronto indiretto vale la pena ricordare il recentissimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro, da cui emerge che i salari reali in Italia sono inferiori dell’8,7% rispetto a quelli del 2008.
E’ il dato peggiore tra i Paesi del G20. Nel 2024 si è avuto un incremento che però non è riuscito a compensare la forte caduta dei due anni precedenti in una fase di alta inflazione, che ha colpito soprattutto i lavoratori a basso reddito. E le disuguaglianze aumentano. Nel 2023, l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti è stato pari a 5,5 volte quello percepito dalle famiglie più povere.
L’anno precedente il rapporto era stato di 5,3. Ancora una volta la presenza di figli si rivela un fattore di rischio. «Nel 2024 – rileva l’Istat – l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma essere più bassa per chi vive in coppia senza figli».
L’indicatore, infatti, aumenta per coloro che vivono in famiglie con cinque componenti e più (33,5% rispetto al 30,7% del 2023) e, soprattutto, per chi vive in coppia con almeno tre figli (34,8% rispetto a 32% del 2023). La crescita coinvolge anche i nuclei monogenitoriali (32,1% rispetto a 29,2%), per effetto della più diffusa condizione di bassa intensità di lavoro. La Condizione tende al peggioramento, lo vediamo dalle tante famiglie che seguiamo come Don Milani, proprio per questo esortiamo il Governo ad una maggiore attenzione per i settori piu’ deboli della nostra società».