Reggio, inclusione sociale o spot politico? La polemica sul corso per dj è un disco rotto
A Reggio Calabria anche un corso per DJ può scatenare un dibattito politico. L’annuncio dell’attivazione di un laboratorio gratuito per aspiranti dj – rivolto a giovani tra i 18 e i 35 anni – ha acceso in poche ore i toni tra maggioranza e opposizione. Da una parte l’amministrazione comunale, che parla di inclusione sociale e rigenerazione urbana; dall’altra, esponenti civici e politici che denunciano l’iniziativa come «figlia di una visione miope» e «l’ennesima scelta d’immagine senza sostanza».
Il progetto: tra formazione e palco
Il corso per DJ rientra in un piano più ampio di rigenerazione sociale finanziato con fondi del POC RC 1.3.1 – Largo ai Giovani, uno dei programmi strutturali europei finalizzati a sostenere l’inclusione e l’empowerment delle fasce giovanili. L’idea è semplice: offrire una formazione gratuita di base nel mondo del DJing, con sessioni teorico-pratiche guidate da professionisti e – al termine – una possibilità concreta di esibirsi accanto a grandi nomi in occasione della rassegna estiva “Reggio Destinazione Sunset”, che da luglio a settembre animerà ogni sera l’Arena dello Stretto e altri spazi della città con performance musicali al tramonto.
A presentarlo nei giorni scorsi è stato Carmelo Romeo, assessore alla Programmazione del Comune di Reggio Calabria, che ha difeso con convinzione il progetto: «Lo abbiamo voluto inserire nel programma con decisione. È un modo per valorizzare il talento locale, offrire formazione e – perché no – creare occasioni professionali. In pochi giorni abbiamo ricevuto oltre 30 domande. C’è evidentemente una domanda, un desiderio. Non si può ignorare».
Il laboratorio, interamente finanziato con fondi comunitari, ha un costo complessivo inferiore ai 5.000 euro. È prevista anche la possibilità, per i giovani dai 13 ai 17 anni, di partecipare come uditori con l’autorizzazione dei genitori.
Le critiche: «In una città che ha fame di lavoro…»
Non tutti però si sono detti convinti. Tra i primi a criticare l’iniziativa è stato Sasha Sorgonà, che ha inviato una nota anche alla nostra redazione: «In una città dove manca una struttura professionale e culturale stabile per i DJ, dove non ci sono festival pubblici duraturi, spazi di coworking creativo o club capaci di assorbire davvero figure professionali, questo corso rischia di essere una vetrina senza futuro. Dove sono le sinergie con i collettivi musicali, con chi lavora davvero in questo settore? Se vogliamo aiutare i giovani, partiamo dal rispetto: non usiamoli per comunicare facili successi».
Ancora più netta la posizione dell’opposizione di centrodestra, che in una nota ha definito l’iniziativa come «la peggiore copia del criticato modello Reggio» e «una scelta surreale in una città che ha fame di lavoro, di servizi sociali e di trasporti pubblici». La critica si allarga all’intero impianto culturale dell’amministrazione: «Quello che dovrebbe essere un progetto di inclusione viene ridotto a evento effimero da cartellone estivo. Dove sono le politiche serie per i giovani?»
La replica del Comune
Romeo ha risposto alle accuse precisando: «Per noi l’arte, la musica e la cultura sono mestieri. Non passatempo o folklore. Ci sono ragazzi che vogliono fare questo nella vita, e meritano strumenti, non giudizi. Il corso è serio, con professionisti qualificati, e si chiude con una performance su un palco importante. Nessun gioco, nessuna improvvisazione. E soprattutto: nessuno spreco».
L’assessore ha inoltre ribadito che il progetto rientra in un piano più ampio di rigenerazione dei quartieri e riattivazione di luoghi abbandonati, come nel caso dei beni confiscati, e che la musica è solo uno dei tanti linguaggi proposti per costruire nuove comunità e nuove opportunità.
Una questione di visione
Il caso del corso per DJ finisce così per diventare il simbolo di due visioni politiche contrapposte: da una parte chi punta sulla cultura come leva di riscatto, dall’altra chi chiede risposte più immediate e strutturali a una città che ancora fatica a garantire servizi essenziali. In mezzo, ci sono decine di giovani che hanno già fatto domanda, sperando che – una volta tanto – anche da una consolle possa partire una strada nuova.
Al di là delle polemiche, è un dato di fatto che il comparto musicale stia attraversando una trasformazione radicale. Le professioni legate alla musica e al mondo dell’intrattenimento, oggi più che mai, richiedono competenze specifiche, aggiornate e ibride. La domanda c’è, anche qui. Forse è giusto cominciare da qualcosa, fosse anche un piccolo laboratorio locale, per rimanere al passo coi tempi e offrire ai giovani un primo passo concreto verso nuovi linguaggi e nuovi lavori.