Statale 106, “Basta vittime” all’assalto degli scout speed: «Strumento per fare cassa»
I dati dell’ACI pubblicati lo scorso mese di dicembre nel rapporto annuale del Centro Studi e Ricerche hanno messo in evidenza che seppure sulle strade italiane «le morti rapportate agli incidenti stradali sono molte di meno» questa tendenza, purtroppo, non riguarda la «Statale 106 “Jonica” in Calabria che invece fa registrare incidenti e decessi in percentuale più alti rispetto al resto d’Italia nonostante vi sia stata comunque una diminuzione sia di incidenti (-37%), che di morti (-28%) per via delle diverse restrizioni dovute al covid-19».
I dati dell’ACI pongono, quindi, la strada Statale 106 in Calabria, dopo tre anni di assenza, tra le strade extraurbane più pericolose d’Italia (dopo la Statale 36 del Lago di Como e dello Spluga nel tratto in provincia di Monza Brianza, la SS 207 Nettunense in provincia di Latina, la SP 227 di Portofino in provincia di Genova e l’Asse interurbano di Bergamo), e mettono in evidenza che ciò è dovuto principalmente ad una «mancata attuazione di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione» ed alla «carente realizzazione di interventi di messa in sicurezza».
Infine, l’ACI fa osservare «che i rilevatori di velocità, gli scout speed e le postazioni fisse per il controllo della velocità non hanno inciso in maniera significativa al decremento dell’incidentalità e della mortalità stradale». Questo dato, per quanto riguarda la Calabria, assume un valore tra i più alti del Paese e determina la quasi inutilità di questi sistemi.
Comincia così l’analisi proposta dall’organizzazione di volontariato “Basta vittime sulla SS106”, che in una nota sottolinea come «persino nella Conferenza Internazionale sulla Sicurezza Stradale dello scorso 14 giugno a Brescia è stato ribadito che questi sistemi, nella quasi totalità dei casi, non rappresentano una soluzione al problema dell’incidentalità e della mortalità stradale».
In pratica è emerso quanto già ribadito dal Consiglio Europeo per la Sicurezza dei Trasporti: «è più facile intervenire su una infrastruttura al fine di renderla più sicura che sulle singole teste delle persone che la percorrono».
«A tal proposito – si legge nella nota – i dati sulla Statale 106 in provincia di Cosenza sono inoppugnabili se paragonati a quelli della Statale 106 nel tratto lucano. In Basilicata rispetto al quinquennio antecedente all’ammodernamento della Statale 106 i dati rilevati nel quinquennio successivo hanno fatto rilevare una diminuzione di vittime dell’80%, una diminuzione dei feriti del 75% e una diminuzione dei sinistri del 63%».
Tutto ciò consente al Comitato Scientifico dell’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” di motivare le ragioni per le quali ormai da anni si dice «contraria a questi sistemi che – numeri alla mano – non hanno contribuito in alcun modo a far diminuire l’incidentalità e la mortalità stradale ma, anzi, in alcuni casi, hanno avuto l’effetto contrario determinando negli automobilisti comportamenti scorretti nei tratti immediatamente successivi rispetto a quelli controllati da questi sistemi di rilevamento della velocità determinando addirittura un incremento dell’incidentalità e della mortalità stradale – come è ben evidenziato nel rapporto Istat 2021».
Il Comitato scientifico: «Scout speed solo per fare cassa»
«Colpisce, infine, quanto i sindaci dei comuni interessati dalla Statale 106 siano stranamente interessati all’utilizzo di questi sistemi mentre non riescono in alcun modo ad agire al fine di determinare azioni sinergiche e dirimenti per ottenere la realizzazione di una moderna (e certamente più sicura) Statale 106 da Sibari fino a Reggio Calabria».
Il Comitato Scientifico di “Basta vittime sulla Ss106” si dice altresì «basito dall’incapacità dei sindaci di fare fronte comune anche al fine di ottenere quanto meno degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione oppure, ancora meglio, degli interventi ormai improcrastinabili di messa in sicurezza».
Naturalmente l’organizzazione di volontariato ritiene che sulla Statale 106 così come sulle alter strade italiane è il comportamento degli automobilisti il principale motivo dell’incidentalità e della mortalità stradale: «ma per intervenire sulla testa di chi guida e percorre la “strada della morte” – evidenziano – serve una riforma dello Stato (come ad esempio è accaduto in Francia, Svezia e Norvegia), che introduca l’educazione stradale come materia scolastica».
“Basta vittime”, dunque, si dice in disaccordo, e in opposizione a sistemi che non producono una diminuzione dell’incidentalità e della mortalità stradale e che servono, in molti casi, «solo e soltanto ai comuni per fare cassa provocando danni economici ai cittadini e danni ancor più gravi al territorio».
E tuttavia, la nota si conclude con l’apprezzamento della scelta del comune di Motta San Giovanni, di pubblicare sul proprio sito internet istituzionale il calendario dei giorni in cui avverranno i rilevamenti.