Reggio Calabria abbraccia la Fiamma olimpica: la città si accende verso Milano Cortina 2026
La prima tappa calabrese trasforma Reggio in un punto di connessione simbolico tra la Magna Grecia e il cammino olimpico europeo. L’assessore regionale allo sport Micheli: «Pace, amicizia e speranza non sono parole astratte. La fiamma olimpica unisce i territori e parla un linguaggio universale»
Reggio Calabria ha acceso il suo inverno con una scena che vale da fotografia collettiva: piazza De Nava gremita, il villaggio olimpico incastonato davanti al Museo archeologico nazionale, le società sportive in prima fila, le scuole, le famiglie, i volti di una città che raramente si vede così compatta.
La Fiamma olimpica di Milano Cortina 2026 arriva qui come prima tappa calabrese, e il fatto che non sia soltanto un passaggio si capisce subito dal rumore di fondo: non la curiosità distratta di un evento “di calendario”, ma l’attesa vera, quella che trasforma una piazza in un corpo unico.
La tabella di marcia viene superata in anticipo, e il dettaglio diventa simbolo. La fiaccola era attesa attorno alle 19.30, invece alle 19.15 la Fiamma è già in piazza De Nava.
È arrivata da Messina, ha toccato Pentimele, poi la sua corsa ha disegnato una linea narrativa netta: dalla periferia nord verso il centro, lungo il Lungomare, fino a piazza Garibaldi, quindi il rientro sul corso Garibaldi e l’arrivo finale davanti al Museo. Un itinerario che attraversa la città e la costringe a guardarsi allo specchio: mare, storia, asse urbano, pietre antiche e quotidianità moderna. Reggio si offre intera, senza scorci ridotti, e l’effetto è quello di un palcoscenico continuo.
La scelta della cornice dice già molto. Piazza De Nava, alle spalle il Museo della Magna Grecia, porta in superficie un dialogo naturale tra radici e futuro.
Domenico Battaglia, sindaco facente funzioni, parla di orgoglio e di emozione, indicando lo scenario come una vetrina limpida: i tedofori attraverseranno «la nostra bellissima Reggio dal lungomare al Castello Aragonese», e il senso del passaggio diventa racconto di bellezza e appartenenza, con un messaggio che «va ben oltre la circostanza sportiva» e si allarga alla pace, all’Europa, al mondo.
La stessa traiettoria emerge dalle altre voci istituzionali e sportive, che si intrecciano in un coro coerente. L’assessore regionale allo Sport Eulalia Micheli sottolinea l’emozione della prima tappa calabrese e ricostruisce la staffetta come una traversata di comunità: dopo Reggio, la torcia toccherà «Gioia Tauro, Rosarno, Vibo, Tropea, Lamezia, Catanzaro, Crotone e Cosenza», un abbraccio che attraversa territori e piazze, portandosi dietro i principi universali «pace, amicizia, speranza».
E in quella frase che richiama i «giochi antichi della Magna Grecia» legati ai giochi moderni, Reggio trova una collocazione quasi naturale, come se la Fiamma avesse scelto qui un punto di contatto tra passato e presente.
Giovanni Latella, consigliere delegato allo Sport del Comune, insiste sulla dimensione identitaria e sul valore educativo: la Fiamma come «segno di pace» e «segno di fratellanza», in una città che rivendica «2500 anni di storia» e che prova a raccontarsi anche attraverso lo sport.
La serata, nelle sue parole, diventa il sigillo di un anno definito «straordinario» per i grandi eventi e per la spinta sull’impiantistica e sulle manifestazioni di livello nazionale. Walter Malacrino, coordinatore regionale di Sport e Salute Calabria, mette al centro la grammatica dell’olimpismo come linguaggio universale: «lo sport ha sempre unito i popoli», «ha abbattuto i muri», e proprio per questo la Fiamma può aprire «un nuovo orizzonte» sul modo in cui una comunità guarda alla propria realtà sociale e culturale.
È raggiante Tino Scopelliti, presidente del CONI Calabria, quando parla di «giornate di aggregazione» e di «curiosità» che dovrebbero trasformarsi in pratica sportiva. L’immagine è concreta e quasi immediata: le nuove generazioni, la necessità di conoscere discipline diverse e «l’urgenza di spostare lo sguardo dal tablet alla palestra », dalla solitudine digitale alla fatica di squadra. La Fiamma, in questa prospettiva, diventa una scintilla pedagogica. Un invito, un innesco, una promessa.
E poi c’è la memoria, che in serate così fa la differenza. Vittorio Latella, tedoforo nel 1960, racconta ai nostri microfoni la sua esperienza. Dice di ricordarla meglio di ogni altra cosa: a 17 anni portò la fiaccola «nell’ultima frazione del Comune di Reggio Calabria» fino a Motta San Giovanni, consegnandola alla presenza dei sindaci di allora. Ricorda l’emozione, le motociclette, la scorta, l’attesa dei compaesani. È una testimonianza semplice e potente, perché lega due epoche in un gesto identico: correre per pochi chilometri e sentirsi parte di qualcosa di più grande della propria strada.
Alla fine, la notizia sta tutta qui: Reggio Calabria ha risposto. Ha risposto con una piazza piena, con un percorso che attraversa il suo cuore urbano, con una scenografia culturale che parla al Paese, con un sentimento condiviso che raramente si manifesta con tanta evidenza. La Fiamma olimpica, partita da un’altra sponda dello Stretto, è entrata in città e ha trovato ad attenderla una comunità pronta a riconoscersi, almeno per una sera, in un simbolo che chiede pace e restituisce orgoglio.
